Quando l’impresa “prende posizione”
A Ca’ Foscari discussa una tesi sul brand activism
Imprese impegnate ben oltre la produzione. Aziende che hanno fatto del loro attivismo nell’ambito della società e del territorio una loro ragione d’essere, oppure, semplicemente, uno strumento privilegiato d’azione commerciale. Il tema è importante e poco esplorato dalla letteratura che ha a che fare con la gestione d’azienda. Eppure, vale la fatica di capirlo meglio. E’ a questo che ha pensato Camilla Francescon con il suo lavoro di ricerca, trasformatosi in una tesi discussa alla Ca’ Foscari di Venezia, “Brand Activism nel settore agroalimentare. Un’analisi del contesto italiano”.
L’indagine, in particolare, prende in considerazione un modello d’azione ben definito – il brand activism – che consiste in un comportamento delle imprese con ben definiti brand che, come spiega la stessa Francescon, decidono di prendere posizione in rilevanti problemi di natura sociale, politica, economica o ambientale che affliggono la società andando al di là del raggiungimento degli obiettivi economico-finanziari (che spesso vengono anche messi in secondo piano).
La ricerca inizia quindi con un lucido inquadramento del modello studiato mettendone a fuoco l’origine, l’evoluzione e le diverse declinazioni possibili. L’approfondimento è poi dedicato al comparto agroalimentare in generale e, quindi, a quello italiano in particolare. Proprio in tema agroalimentare, vengono poi approfonditi alcuni grandi argomenti cavalcati dal brand activism come la sostenibilità ambientale e sociale, così come la trasparenza delle informazioni. L’elaborazione teorica di Francescon viene arricchita anche da una serie di interviste svolte nell’ambito di aziende agroalimentari di dimensioni diverse ma tutte significative come Sgambaro (molino e pastificio), Bauli (dolciario), Melinda (frutta), Lattebusche (lattiero-caseario), Pedon (prodotti orticoli), Rigone di Asiago (confetture), Molino Rossetto (molino e pastificio), Morato (panificazione).
Brand activism, dunque, come nuova e comunque originale forma di una cultura d’impresa che si evolve, cambia, diventa più presente nell’ambito sociale in cui agisce, è consapevole della sua responsabilità ma anche dei rischi che si assume passando dalla “semplice” produzione a qualcosa di più vasto e complesso.
Brand Activism nel settore agroalimentare. Un’analisi del contesto italiano
Camilla Francescon
Tesi, Università Ca’ Foscari, Corso di Laurea Magistrale in Marketing e Comunicazione, 2023
A Ca’ Foscari discussa una tesi sul brand activism
Imprese impegnate ben oltre la produzione. Aziende che hanno fatto del loro attivismo nell’ambito della società e del territorio una loro ragione d’essere, oppure, semplicemente, uno strumento privilegiato d’azione commerciale. Il tema è importante e poco esplorato dalla letteratura che ha a che fare con la gestione d’azienda. Eppure, vale la fatica di capirlo meglio. E’ a questo che ha pensato Camilla Francescon con il suo lavoro di ricerca, trasformatosi in una tesi discussa alla Ca’ Foscari di Venezia, “Brand Activism nel settore agroalimentare. Un’analisi del contesto italiano”.
L’indagine, in particolare, prende in considerazione un modello d’azione ben definito – il brand activism – che consiste in un comportamento delle imprese con ben definiti brand che, come spiega la stessa Francescon, decidono di prendere posizione in rilevanti problemi di natura sociale, politica, economica o ambientale che affliggono la società andando al di là del raggiungimento degli obiettivi economico-finanziari (che spesso vengono anche messi in secondo piano).
La ricerca inizia quindi con un lucido inquadramento del modello studiato mettendone a fuoco l’origine, l’evoluzione e le diverse declinazioni possibili. L’approfondimento è poi dedicato al comparto agroalimentare in generale e, quindi, a quello italiano in particolare. Proprio in tema agroalimentare, vengono poi approfonditi alcuni grandi argomenti cavalcati dal brand activism come la sostenibilità ambientale e sociale, così come la trasparenza delle informazioni. L’elaborazione teorica di Francescon viene arricchita anche da una serie di interviste svolte nell’ambito di aziende agroalimentari di dimensioni diverse ma tutte significative come Sgambaro (molino e pastificio), Bauli (dolciario), Melinda (frutta), Lattebusche (lattiero-caseario), Pedon (prodotti orticoli), Rigone di Asiago (confetture), Molino Rossetto (molino e pastificio), Morato (panificazione).
Brand activism, dunque, come nuova e comunque originale forma di una cultura d’impresa che si evolve, cambia, diventa più presente nell’ambito sociale in cui agisce, è consapevole della sua responsabilità ma anche dei rischi che si assume passando dalla “semplice” produzione a qualcosa di più vasto e complesso.
Brand Activism nel settore agroalimentare. Un’analisi del contesto italiano
Camilla Francescon
Tesi, Università Ca’ Foscari, Corso di Laurea Magistrale in Marketing e Comunicazione, 2023