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Raccontare Milano con le mille gru dei cantierie i versi di Saba in cui “si accendono parole”

Raccontare Milano, fuori dai luoghi comuni, proprio in questi tempi di risvegli e ripresa. Cercando di capire, tra storia e attualità, anche il senso profondo delle implicazioni delle recenti dichiarazioni del sindaco di Londra Sadiq Khan: “Londra e Milano, fari per l’ambiente”, date le politiche innovative scelte per difendere e valorizzare lo sviluppo sostenibile (“Corriere della Sera”, 4 novembre).

Per farlo, si può anche partire da una strada estranea alla politica. E affidarsi alla capacità d’epifania della poesia. Rileggendo, per esempio, le parole di Umberto Saba: “Tra le tue pietre e le tue nebbie faccio villeggiatura. Mi riposo in piazza del Duomo. Invece di stelle, ogni sera si accendono parole”.

Sono versi dal “Canzoniere”, pubblicato da Einaudi nel 1965. E rendono manifesto il carattere di una città il cui ritmo vitale consente spazi di quiete e di riflessione e in cui l’attitudine alla conversazione, alla cultura narrativa e, appunto, al fare poesia è una profonda dimensione dell’anima. Da considerare strettamente connessa alla volontà del fare, del progettare, dell’intraprendere, del lavorare. E, come s’addice a una vera e propria capitale di libri e giornali, all’inclinazione al raccontare.

Milano città di ingegneri filosofi (Leonardo Sinisgalli) e di letterati sostenitori della “cultura politecnica” (Elio Vittorini), di imprenditori amanti del teatro (i Pirelli, i Borletti e i Falck, fondatori del Piccolo Teatro di Paolo Grassi e Giorgio Strelher), di banchieri umanisti (Raffaele Mattioli, presidente della Banca Commerciale Italiana) e di industriali mecenati. Milano, ancor oggi, da vivere e scrivere, seguendo le indicazioni di Alberto Savinio: “Ascolto il tuo cuore, città…”, come s’annunciava con amorosa curiosità nel difficile inizio degli anni Quaranta, andando alla scoperta di una Milano “dotta e meditativa”, “romantica”, “tutta pietra in apparenza e dura” ma anche “morbida di giardini interni”.

Le “pietre” di Saba. Le “pietre” di Savinio. E adesso? Le “pietre” miste al vetro e all’acciaio dei grattacieli luminosi di Porta Nuova e CityLife, quelle delle periferie che in tanti tentano di “rammendare” secondo le indicazioni di Renzo Piano e quelle altre delle università che fanno crescere accanto agli edifici storici (la Statale in via Festa del Perdono, la Cattolica a un passo da Sant’Ambrogio, il Politecnico in piazza Leonardo Da Vinci) le nuove sedi in Bovisa, in Bicocca, nei campus Bocconi e Iulm a sud della città o negli spazi di Mind, “Milan Innovation District”, proprio là dove si sono celebrati i successi internazionali dell’Expo 2015.

Passato e presente, memoria e innovazione. Come s’addice a una metropoli che ha 200mila studenti universitari e ne continua ad attrarre migliaia da tutto il mondo. Milano colta e magistrale, luogo da buoni maestri. O anche, perché no?, ascoltando Lucio Dalla, “Milano che ride e si diverte…” o “Milano lontana dal cielo/ tra la vita e la morte continua il tuo mistero”.

Un mistero davvero? Forse, la chiave per provare a decifrare quello che potremmo chiamare “l’umanesimo dinamico” di Milano, sta nell’originale sintesi tra cultura di radici classiche, conoscenze scientifiche e vocazione imprenditoriale. E, soprattutto, in una capacità di concepire il lavoro come impegno serio, cura per la qualità di prodotti e processi di produzione, scrupolo a fare bene e, contemporaneamente, come segno di identità personale, appartenenza a una comunità, valore di cittadinanza. Ricordando qui, ancora una volta, le parole essenziali dell’editto del vescovo Ariberto d’Intimiano, nel 1018: “Chi sa lavorare venga a Milano. E chi viene a Milano è un uomo libero”.

Per costruire il racconto di un grande cambiamento in corso, dopo la crisi da pandemia e recessione, si può guardare la grande mappa urbana della metropoli in trasformazione e prendere nota delle più recenti novità.

Vanno avanti speditamente i lavori di MilanoSesto, una delle più importanti iniziative europee di rigenerazione urbana, seguita da Hines su un progetto di Foster+Partners nell’area che sino agli anni Ottanta ospitava le gigantesche Acciaierie Falck: uno spazio da 1,5milioni di metri quadri su cui sorgeranno abitazioni, servizi, uffici, una “città della salute” progettata da Mario Cucinella e una avveniristica stazione ferroviaria progettata da Renzo Piano, insieme a tanto verde (10mila nuovi alberi) e strutture per il social housing, case a prezzo contenuto per studenti e abitanti a basso reddito. Al Social Housing ci si affida anche nell’area dell’ex Macello, con un intervento di Redo, una “benefit company” presieduta da Carlo Cerami e con risorse di Fondazione Cariplo, Cassa Depositi e Prestiti e Intesa San Paolo: “Abitazioni a basso impatto ambientale e basso costo”, spiega Cerami.

Altri cantieri si aprono, a San Siro e al Gratosoglio, per il rilancio dei quartieri popolari. Si espande, tra il Lorenteggio e il Naviglio Grande, l’idea del “Bosco Verticale” di Stefano Boeri, un quartiere disteso nel verde urbano, ai margini della ricostruzione degli spazi dell’ex stazione ferroviaria di Porta Genova. E, proprio in centro della città, proseguono rapidamente i lavori di ristrutturazione della Torre Velasca, mentre il fondo immobiliare internazionale Blackstone compra 14 palazzi storici nel “Quadrilatero della Moda” tra Montenapoleone e via Spiga, con un investimento da 1,5 miliardi.

L’elenco potrebbe continuare a lungo, raccontando di strade e piazza, aree dismesse da valorizzare e luoghi residenziali da fare rivivere. Cantieri e gru. Progetti da archistar e ristrutturazioni. Tutto in movimento. Come dimostrano anche i dati di Unioncamere per la Lombardia: il volume d’affari dell’edilizia nel 2021 è cresciuto del 37,4%, un vero e proprio boom che ha Milano metropoli come baricentro.

Ecco il punto su cui riflettere. Milano come baricentro. Città grande. Città aperta. Nodo di flussi di idee, iniziative, interessi, risorse finanziarie, attività d’impresa. E di persone. Con la forza di saper intessere legami e mettere in relazione diversità. Diversità come valore. E valori su cui fondare tendenze di sviluppo diffuse.

Le metropoli, d’altronde, sono così. Movimento. Trasformazione. E, perché no?, metamorfosi.

Milano, infatti, va letta nel contesto del grande rettangolo luminoso fotografato nel 2017 dalla Stazione Spaziale Internazionale comandata da Luca Parmitano. Una rete di luci dal Nord Ovest di Torino e Genova al Nord Est di Padova, Venezia, Udine e Trieste, con la linea di confine delle Alpi a Nord e la dinamica Emilia della media impresa diffusa verso Sud. Un reticolo di metropoli, città grandi, medie e piccole, paesi operosi, industrie diffuse sui territori, vie di comunicazione strettamente legate tutt’attorno ai grandi assi delle autostrade A1 e A4 e alle infrastrutture dell’Alta Velocità. Infrastrutture high tech che hanno cambiato profondamente la geografia economica e sociale.

E’ una delle zone economiche e sociali più integrate, dinamiche e sviluppate d’Europa. Una piattaforma che tiene in relazione l’Europa continentale con il Mediterraneo. Un insieme di territori ricchi di capitale sociale positivo, tra competitività e solidarietà, nella collaborazione tra istituzioni pubbliche tutto sommato efficienti e imprese private capaci di stare sui mercati del mondo. Imprese innovative, coesive, impegnate sui temi della sostenibilità ambientale e sociale. Un mondo complesso, denso non solo di luci ma anche di ombre e contraddizioni, economiche e sociali. Ma pur sempre un mondo in cambiamento positivo.

Milano si muove dentro questi orizzonti. E cresce. Innova. E integra. Tutt’altro che perfetta. Ma comunque, nel tempo, consapevole della sua stessa fragilità, dei suoi limiti.

Milano città di intraprendenza. E di coscienza critica.

Una coscienza indispensabile per prepararsi in modo umano al tempo in cui un nuovo Umberto Saba possa trovare sosta e riposo e scoprire, anche lui, che “in piazza del Duomo, invece di stelle, ogni sera si accendono parole”.

Raccontare Milano, fuori dai luoghi comuni, proprio in questi tempi di risvegli e ripresa. Cercando di capire, tra storia e attualità, anche il senso profondo delle implicazioni delle recenti dichiarazioni del sindaco di Londra Sadiq Khan: “Londra e Milano, fari per l’ambiente”, date le politiche innovative scelte per difendere e valorizzare lo sviluppo sostenibile (“Corriere della Sera”, 4 novembre).

Per farlo, si può anche partire da una strada estranea alla politica. E affidarsi alla capacità d’epifania della poesia. Rileggendo, per esempio, le parole di Umberto Saba: “Tra le tue pietre e le tue nebbie faccio villeggiatura. Mi riposo in piazza del Duomo. Invece di stelle, ogni sera si accendono parole”.

Sono versi dal “Canzoniere”, pubblicato da Einaudi nel 1965. E rendono manifesto il carattere di una città il cui ritmo vitale consente spazi di quiete e di riflessione e in cui l’attitudine alla conversazione, alla cultura narrativa e, appunto, al fare poesia è una profonda dimensione dell’anima. Da considerare strettamente connessa alla volontà del fare, del progettare, dell’intraprendere, del lavorare. E, come s’addice a una vera e propria capitale di libri e giornali, all’inclinazione al raccontare.

Milano città di ingegneri filosofi (Leonardo Sinisgalli) e di letterati sostenitori della “cultura politecnica” (Elio Vittorini), di imprenditori amanti del teatro (i Pirelli, i Borletti e i Falck, fondatori del Piccolo Teatro di Paolo Grassi e Giorgio Strelher), di banchieri umanisti (Raffaele Mattioli, presidente della Banca Commerciale Italiana) e di industriali mecenati. Milano, ancor oggi, da vivere e scrivere, seguendo le indicazioni di Alberto Savinio: “Ascolto il tuo cuore, città…”, come s’annunciava con amorosa curiosità nel difficile inizio degli anni Quaranta, andando alla scoperta di una Milano “dotta e meditativa”, “romantica”, “tutta pietra in apparenza e dura” ma anche “morbida di giardini interni”.

Le “pietre” di Saba. Le “pietre” di Savinio. E adesso? Le “pietre” miste al vetro e all’acciaio dei grattacieli luminosi di Porta Nuova e CityLife, quelle delle periferie che in tanti tentano di “rammendare” secondo le indicazioni di Renzo Piano e quelle altre delle università che fanno crescere accanto agli edifici storici (la Statale in via Festa del Perdono, la Cattolica a un passo da Sant’Ambrogio, il Politecnico in piazza Leonardo Da Vinci) le nuove sedi in Bovisa, in Bicocca, nei campus Bocconi e Iulm a sud della città o negli spazi di Mind, “Milan Innovation District”, proprio là dove si sono celebrati i successi internazionali dell’Expo 2015.

Passato e presente, memoria e innovazione. Come s’addice a una metropoli che ha 200mila studenti universitari e ne continua ad attrarre migliaia da tutto il mondo. Milano colta e magistrale, luogo da buoni maestri. O anche, perché no?, ascoltando Lucio Dalla, “Milano che ride e si diverte…” o “Milano lontana dal cielo/ tra la vita e la morte continua il tuo mistero”.

Un mistero davvero? Forse, la chiave per provare a decifrare quello che potremmo chiamare “l’umanesimo dinamico” di Milano, sta nell’originale sintesi tra cultura di radici classiche, conoscenze scientifiche e vocazione imprenditoriale. E, soprattutto, in una capacità di concepire il lavoro come impegno serio, cura per la qualità di prodotti e processi di produzione, scrupolo a fare bene e, contemporaneamente, come segno di identità personale, appartenenza a una comunità, valore di cittadinanza. Ricordando qui, ancora una volta, le parole essenziali dell’editto del vescovo Ariberto d’Intimiano, nel 1018: “Chi sa lavorare venga a Milano. E chi viene a Milano è un uomo libero”.

Per costruire il racconto di un grande cambiamento in corso, dopo la crisi da pandemia e recessione, si può guardare la grande mappa urbana della metropoli in trasformazione e prendere nota delle più recenti novità.

Vanno avanti speditamente i lavori di MilanoSesto, una delle più importanti iniziative europee di rigenerazione urbana, seguita da Hines su un progetto di Foster+Partners nell’area che sino agli anni Ottanta ospitava le gigantesche Acciaierie Falck: uno spazio da 1,5milioni di metri quadri su cui sorgeranno abitazioni, servizi, uffici, una “città della salute” progettata da Mario Cucinella e una avveniristica stazione ferroviaria progettata da Renzo Piano, insieme a tanto verde (10mila nuovi alberi) e strutture per il social housing, case a prezzo contenuto per studenti e abitanti a basso reddito. Al Social Housing ci si affida anche nell’area dell’ex Macello, con un intervento di Redo, una “benefit company” presieduta da Carlo Cerami e con risorse di Fondazione Cariplo, Cassa Depositi e Prestiti e Intesa San Paolo: “Abitazioni a basso impatto ambientale e basso costo”, spiega Cerami.

Altri cantieri si aprono, a San Siro e al Gratosoglio, per il rilancio dei quartieri popolari. Si espande, tra il Lorenteggio e il Naviglio Grande, l’idea del “Bosco Verticale” di Stefano Boeri, un quartiere disteso nel verde urbano, ai margini della ricostruzione degli spazi dell’ex stazione ferroviaria di Porta Genova. E, proprio in centro della città, proseguono rapidamente i lavori di ristrutturazione della Torre Velasca, mentre il fondo immobiliare internazionale Blackstone compra 14 palazzi storici nel “Quadrilatero della Moda” tra Montenapoleone e via Spiga, con un investimento da 1,5 miliardi.

L’elenco potrebbe continuare a lungo, raccontando di strade e piazza, aree dismesse da valorizzare e luoghi residenziali da fare rivivere. Cantieri e gru. Progetti da archistar e ristrutturazioni. Tutto in movimento. Come dimostrano anche i dati di Unioncamere per la Lombardia: il volume d’affari dell’edilizia nel 2021 è cresciuto del 37,4%, un vero e proprio boom che ha Milano metropoli come baricentro.

Ecco il punto su cui riflettere. Milano come baricentro. Città grande. Città aperta. Nodo di flussi di idee, iniziative, interessi, risorse finanziarie, attività d’impresa. E di persone. Con la forza di saper intessere legami e mettere in relazione diversità. Diversità come valore. E valori su cui fondare tendenze di sviluppo diffuse.

Le metropoli, d’altronde, sono così. Movimento. Trasformazione. E, perché no?, metamorfosi.

Milano, infatti, va letta nel contesto del grande rettangolo luminoso fotografato nel 2017 dalla Stazione Spaziale Internazionale comandata da Luca Parmitano. Una rete di luci dal Nord Ovest di Torino e Genova al Nord Est di Padova, Venezia, Udine e Trieste, con la linea di confine delle Alpi a Nord e la dinamica Emilia della media impresa diffusa verso Sud. Un reticolo di metropoli, città grandi, medie e piccole, paesi operosi, industrie diffuse sui territori, vie di comunicazione strettamente legate tutt’attorno ai grandi assi delle autostrade A1 e A4 e alle infrastrutture dell’Alta Velocità. Infrastrutture high tech che hanno cambiato profondamente la geografia economica e sociale.

E’ una delle zone economiche e sociali più integrate, dinamiche e sviluppate d’Europa. Una piattaforma che tiene in relazione l’Europa continentale con il Mediterraneo. Un insieme di territori ricchi di capitale sociale positivo, tra competitività e solidarietà, nella collaborazione tra istituzioni pubbliche tutto sommato efficienti e imprese private capaci di stare sui mercati del mondo. Imprese innovative, coesive, impegnate sui temi della sostenibilità ambientale e sociale. Un mondo complesso, denso non solo di luci ma anche di ombre e contraddizioni, economiche e sociali. Ma pur sempre un mondo in cambiamento positivo.

Milano si muove dentro questi orizzonti. E cresce. Innova. E integra. Tutt’altro che perfetta. Ma comunque, nel tempo, consapevole della sua stessa fragilità, dei suoi limiti.

Milano città di intraprendenza. E di coscienza critica.

Una coscienza indispensabile per prepararsi in modo umano al tempo in cui un nuovo Umberto Saba possa trovare sosta e riposo e scoprire, anche lui, che “in piazza del Duomo, invece di stelle, ogni sera si accendono parole”.

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