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Operosità d’impresa

Un libro pubblicato da poco racconta il “quinto capitalismo” italiano

 

Operosità. E poi determinazione, lavoro e impegno. Possono essere molti i vocaboli in grado di indicare la natura dell’essere imprenditori. Questione anche di visione e di progetti da realizzare. E anche di “silenzio”, cioè di riservatezza, attenzione al proprio lavoro, cultura del fare e dell’essere e non dell’apparire. Gli esempi non mancano e sono raccontati da Roberto Mania nel suo “Capitalisti sileziosi”, libro appena pubblicato che ha un sottotitolo importante: “La rivincita delle imprese familiari”. Perché quello è il focus delle poco più di 130 pagine che si leggono agevolmente: tornare a scoprire ruolo e significato delle famiglie imprenditoriali che, spesso senza apparire più di tanto, hanno fatto la storia dell’industria e dell’economia italiane.

E’ infatti l’Italia delle medie (e anche grandi) imprese perlopiù familiari, quella che viene raccontata da Mania. Imprese che delineano un modello i cui protagonisti, quasi senza farsene accorgere, hanno cambiato il tessuto produttivo del Paese permettendogli di competere nelle acque (sempre più) agitate del mondo globalizzato. E’ quello che alcuni chiamano “quinto capitalismo italiano” ciò che viene raccontato: un sistema strutturato di medie-grandi imprese, innovative, globalizzate (per quanto radicate nel locale, nei piccoli centri più che nelle grandi aree urbane), patrimonialmente solide, digitalizzate, tendenzialmente attente all’ambiente, capaci di trascinare con sé una larga fetta dei subfornitori di piccola dimensione. E soprattutto, nella stragrande maggioranza dei casi, a salda proprietà familiare.

Cultura d’impresa che si fa cultura di famiglia, dunque, e dalla quale arriva complessivamente quasi la metà della produzione industriale nazionale. E’ da questo nucleo forte che, poi, deriva gran parte delle oltre quattromila medie-grandi imprese manifatturiere che di fronte alla crisi provocata dalla pandemia hanno dimostrato di saper reagire meglio delle altre, adattandosi più rapidamente al nuovo scenario, salvaguardando l’occupazione e mantenendo le fabbriche aperte nel segno della resilienza. Tutto “lavorando in silenzio”, appunto.

Roberto Mania di questo particolare capitalismo racconta storie e attualità e spiega: “Questo non è il vecchio capitalismo familiare che ritorna. Questa è un’altra storia che merita di essere raccontata. Raccontata anche con la voce dei protagonisti”. Ed è quello che il libro fa coinvolgendo nomi come Bombassei, Illy, Squinzi, Rana, Marcegaglia, Nocivelli, Bauli, Lunelli, Barilla, Garrone, Scavolini, Vacchi, Ferrero, Bonfiglioli. Tutti caratterizzati da alcuni tratti: parlano poco, disdegnano la politica, non amano la finanza, si sono aperti ai manager esterni, competono con qualità nei mercati globali, concentrandosi sui loro settori tradizionali senza cercare improvvisate diversificazioni, reinvestono gli utili, sono europeisti e antipopulisti, ma non sono i nuovi poteri forti. Così – dice Mania -, sono riusciti a trasformare (da tempo) le proprie aziende in multinazionali tascabili, rafforzandole e passando finora indenni dalle guerre ereditarie.

Capitalisti silenziosi. La rivincita delle imprese familiari

Roberto Mania

Egea, 2024

Un libro pubblicato da poco racconta il “quinto capitalismo” italiano

 

Operosità. E poi determinazione, lavoro e impegno. Possono essere molti i vocaboli in grado di indicare la natura dell’essere imprenditori. Questione anche di visione e di progetti da realizzare. E anche di “silenzio”, cioè di riservatezza, attenzione al proprio lavoro, cultura del fare e dell’essere e non dell’apparire. Gli esempi non mancano e sono raccontati da Roberto Mania nel suo “Capitalisti sileziosi”, libro appena pubblicato che ha un sottotitolo importante: “La rivincita delle imprese familiari”. Perché quello è il focus delle poco più di 130 pagine che si leggono agevolmente: tornare a scoprire ruolo e significato delle famiglie imprenditoriali che, spesso senza apparire più di tanto, hanno fatto la storia dell’industria e dell’economia italiane.

E’ infatti l’Italia delle medie (e anche grandi) imprese perlopiù familiari, quella che viene raccontata da Mania. Imprese che delineano un modello i cui protagonisti, quasi senza farsene accorgere, hanno cambiato il tessuto produttivo del Paese permettendogli di competere nelle acque (sempre più) agitate del mondo globalizzato. E’ quello che alcuni chiamano “quinto capitalismo italiano” ciò che viene raccontato: un sistema strutturato di medie-grandi imprese, innovative, globalizzate (per quanto radicate nel locale, nei piccoli centri più che nelle grandi aree urbane), patrimonialmente solide, digitalizzate, tendenzialmente attente all’ambiente, capaci di trascinare con sé una larga fetta dei subfornitori di piccola dimensione. E soprattutto, nella stragrande maggioranza dei casi, a salda proprietà familiare.

Cultura d’impresa che si fa cultura di famiglia, dunque, e dalla quale arriva complessivamente quasi la metà della produzione industriale nazionale. E’ da questo nucleo forte che, poi, deriva gran parte delle oltre quattromila medie-grandi imprese manifatturiere che di fronte alla crisi provocata dalla pandemia hanno dimostrato di saper reagire meglio delle altre, adattandosi più rapidamente al nuovo scenario, salvaguardando l’occupazione e mantenendo le fabbriche aperte nel segno della resilienza. Tutto “lavorando in silenzio”, appunto.

Roberto Mania di questo particolare capitalismo racconta storie e attualità e spiega: “Questo non è il vecchio capitalismo familiare che ritorna. Questa è un’altra storia che merita di essere raccontata. Raccontata anche con la voce dei protagonisti”. Ed è quello che il libro fa coinvolgendo nomi come Bombassei, Illy, Squinzi, Rana, Marcegaglia, Nocivelli, Bauli, Lunelli, Barilla, Garrone, Scavolini, Vacchi, Ferrero, Bonfiglioli. Tutti caratterizzati da alcuni tratti: parlano poco, disdegnano la politica, non amano la finanza, si sono aperti ai manager esterni, competono con qualità nei mercati globali, concentrandosi sui loro settori tradizionali senza cercare improvvisate diversificazioni, reinvestono gli utili, sono europeisti e antipopulisti, ma non sono i nuovi poteri forti. Così – dice Mania -, sono riusciti a trasformare (da tempo) le proprie aziende in multinazionali tascabili, rafforzandole e passando finora indenni dalle guerre ereditarie.

Capitalisti silenziosi. La rivincita delle imprese familiari

Roberto Mania

Egea, 2024

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