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Regalare libri alle scuole: il piacere del testo e la conoscenza nella sfida di editori, imprese, enti locali. Cultura come il pane

“Il piacere del testo” ci ha insegnato Roland Barthes. La felicità del leggere per scoprire, capire, imparare. E per entrare, passando dalle pagine dei libri, dentro altri mondi e altre vite. L’ha detto benissimo anche Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5mila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Ognuno di noi potrebbe aggiungere le avventure d’Ulisse e i mari dei pirati di Stevenson e Salgari, le scelte di libertà di Hugo Pratt con Corto Maltese, la sensibilità delle spie di John le Carré, la nostalgia e la terribile “insularità dell’animo” del Gattopardo, il fascino controverso del Mediterraneo di Matvejevic, il dolore dell’amore di Anna Karenina ed Emma Bovary e l’allegria ironica della grande famiglia dei “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez, la leggerezza profonda e affettuosa del Piccolo Principe, i Ragazzi della via Pal e le Piccole donne, la fabbrica di cioccolato di Roald Dahl e le fabbriche raccontate da Primo Levi ed Elio Vittorini, le Favole al telefono di Gianni Rodari (una buona notizia: tutti i suoi libri tornano in libreria, alla vigilia del centenario della nascita) e così via continuando, ognuno con il suo elenco, sino alla profondità dell’incertezza di Eugenio Montale, “Codesto solo oggi possiamo dirti/ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” o alla folgorazione della bellezza di “M’illumino d’immenso” di Giuseppe Ungaretti. I libri sono una catena infinita di scoperte, incontri e relazioni. E felicità.

Le parole di due grandi maestri del Novecento come Barthes ed Eco vengono in mente proprio mentre è in corso la quinta edizione di “#Ioleggoperché”, l’iniziativa per la promozione del libro e della lettura, un grande progetto organizzato dall’Aie (l’Associazione degli editori, presieduta da Ricardo Franco Levi) coinvolgendo lettori, scuole, enti locali e imprese, con l’obiettivo di distribuire libri nelle nostre scuole (più di 650mila, quelli distribuiti negli anni precedenti, in 15mila scuole coinvolte). Leggere per piacere, per divertimento, per allegria. E leggere per sapere. E per costruire, insieme, una dimensione più civile e consapevole del nostro voler essere una comunità responsabile.

“La cultura come il pane”, c’è scritto proprio all’ingresso della Biblioteca Pirelli nell’HeadQuarter di Bicocca, riprendendo la storia dei rapporti tra la Rivista Pirelli e la “grandi firme” della cultura italiana ed europea. La letteratura, l’arte, la fotografia, il cinema, la scienza. E i libri, appunto. E, proprio all’interno del grande spazio ricco di oltre 6mila libri, c’è un’altra frase essenziale: “Fondare biblioteche è un po’ come costruire granai pubblici, ammassando riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi, nonostante tutto, vedo arrivare”. E’ tratta dalle pagine di “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar, uno dei libri più importanti del Novecento. Biblioteche come granai, dunque. Cultura come pane.

Questa consapevolezza tra lettura, nutrimento, cittadinanza, felicità e libertà ha ispirato anche “Fare squadra con i libri”, un’iniziativa organizzata dalla Fondazione Pirelli con l’Aie per “Ioleggo perché”: 300 bambini delle scuole elementari e medie di Milano riuniti a discutere, con campioni dello sport (Javier Zanetti, Regina Baresi e Mario Isola, responsabile della Formula1 per Pirelli), con Luigi Garlando, scrittore e giornalista sportivo, all’Assessore all’Educazione e Istruzione del Comune di Milano Laura Galimberti e al presidente dell’Aie Ricardo Franco Levi di parole e competizione, passione e generosità sportiva, racconti d’avventura e poesia de “Il Piccolo Principe” (il libro più letto dai bambini presenti). Un po’ una festa. Finita con un regalo, da Pirelli alla scuola media “Verga”: un buono per trecento libri per la biblioteca scolastica. Una testimonianza d’un progetto più ampio: costruire una relazione forte tra biblioteche comunali, biblioteche scolastiche e biblioteche aziendali per diffondere l’interesse e il piacere per i libri e la lettura.

E’ una scelta anche di promozione sociale. Come confermano, tra tanti, pure i dati d’una recente ricerca internazionale dell’Ocse pubblicati nei giorni scorsi da “Social Science Research”: “Avere, da adolescenti, uno scaffale domestico ben fornito di libri dà una marcia in più nella vita: i ragazzi che hanno avuto almeno 80 libri in casa oggi hanno competenze linguistiche, matematiche e tecnologiche superiori alla media”.

Dipende, appunto, dai libri anche una maggiore e migliore qualità del nostro sviluppo economico, proprio in tempi di grande rilevanza della “economia della conoscenza” e della necessità di capire come costruire un vero e proprio “cambio di paradigma” per un’economia sostenibile, dal punto di vista ambientale e sociale, un’economia “circolare” e “civile”, attenta cioè non solo a produrre nuova ricchezza, ma anche a definire bene come redistribuirla, per provare a ridimensionare drasticamente disuguaglianze e povertà (lo suggeriscono anche gli esperti del Nobel, quando assegnano, pochi giorni fa, il premio per l’Economia a tre studiosi, Michael Kremer, Abhijit Banerjee ed Esther Duflo, per le loro ricerche sulla povertà e sugli strumenti per affrontarla).

Passa dai libri, e cioè dalla formazione di lungo periodo (incrociando per gran parte della vita scuola e lavoro, come abbiamo scritto nel blog della scorsa settimana), dalla ricerca e dal confronto con le questioni poste da scienza e tecnologia, anche la costruzione di una nuova consapevolezza per un futuro migliore.

L’ingegneria genetica e l’evoluzione dell’intelligenza artificiale ci mettono di fronte a questioni, etiche, sociali e tecniche, che chiedono a tutti, fin dall’infanzia, una più acuta e raffinata coscienza di quello che siamo e di come possiamo diventare. Servono ingegneri poeti e filosofi ingegneri, tecnici che sappiano domandare e rappresentare, letterati e artisti che siano capace di confrontarsi con la modernità e i suoi contrasti e raccontarne il senso. Un lavoro non solo da élite sofisticate e specialistiche, ma da cittadini. E la cittadinanza, con il suo carico di diritti e doveri, di opportunità e responsabilità, si impara fin da bambini. Rodari, appunto, ne è stato maestro (con il suo “Imparate a fare le cose difficili”, come ricordavamo la scorsa settimana). La letteratura del Novecento, con i suoi libri essenziali (Conrad, Melville, Calvino, Gramsci, Keynes, don Milani e tanti altri ancora) ne è fonte generosissima.

“Knowledge that matters”, è il motto dell’Università Bocconi di Milano, “la conoscenza che conta”. Un originale artista contemporaneo, Lorenzo Petrantoni, ne ha fatto la base di un’installazione che sarà inaugurata domani pomeriggio, nel grande spazio davanti agli ingressi dell’ateneo, in via Röntgen. Grandi lettere ricoperte da migliaia di minuscole tessere di carta ricavate da documenti, fotografie, tesi di laurea, strisce di calcoli matematici ed economici (“Calcoli e algoritmi vanno oltre l’economia”, sostiene Petrantoni) e libri. Ecco, si torna ai libri. Al dovere e soprattutto al piacere di leggere e scrivere.

Forse esagerava un po’ Stéphane Mallarmé quando sosteneva che “il mondo è fatto per finire in un bel libro”. Ma, brillantezza dell’aforisma a parte, il poeta francese ha colto bene il senso del valore delle pagine ben scritte. Senza i racconti racchiusi nei libri non saremo mai persone migliori.

“Il piacere del testo” ci ha insegnato Roland Barthes. La felicità del leggere per scoprire, capire, imparare. E per entrare, passando dalle pagine dei libri, dentro altri mondi e altre vite. L’ha detto benissimo anche Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5mila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Ognuno di noi potrebbe aggiungere le avventure d’Ulisse e i mari dei pirati di Stevenson e Salgari, le scelte di libertà di Hugo Pratt con Corto Maltese, la sensibilità delle spie di John le Carré, la nostalgia e la terribile “insularità dell’animo” del Gattopardo, il fascino controverso del Mediterraneo di Matvejevic, il dolore dell’amore di Anna Karenina ed Emma Bovary e l’allegria ironica della grande famiglia dei “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez, la leggerezza profonda e affettuosa del Piccolo Principe, i Ragazzi della via Pal e le Piccole donne, la fabbrica di cioccolato di Roald Dahl e le fabbriche raccontate da Primo Levi ed Elio Vittorini, le Favole al telefono di Gianni Rodari (una buona notizia: tutti i suoi libri tornano in libreria, alla vigilia del centenario della nascita) e così via continuando, ognuno con il suo elenco, sino alla profondità dell’incertezza di Eugenio Montale, “Codesto solo oggi possiamo dirti/ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” o alla folgorazione della bellezza di “M’illumino d’immenso” di Giuseppe Ungaretti. I libri sono una catena infinita di scoperte, incontri e relazioni. E felicità.

Le parole di due grandi maestri del Novecento come Barthes ed Eco vengono in mente proprio mentre è in corso la quinta edizione di “#Ioleggoperché”, l’iniziativa per la promozione del libro e della lettura, un grande progetto organizzato dall’Aie (l’Associazione degli editori, presieduta da Ricardo Franco Levi) coinvolgendo lettori, scuole, enti locali e imprese, con l’obiettivo di distribuire libri nelle nostre scuole (più di 650mila, quelli distribuiti negli anni precedenti, in 15mila scuole coinvolte). Leggere per piacere, per divertimento, per allegria. E leggere per sapere. E per costruire, insieme, una dimensione più civile e consapevole del nostro voler essere una comunità responsabile.

“La cultura come il pane”, c’è scritto proprio all’ingresso della Biblioteca Pirelli nell’HeadQuarter di Bicocca, riprendendo la storia dei rapporti tra la Rivista Pirelli e la “grandi firme” della cultura italiana ed europea. La letteratura, l’arte, la fotografia, il cinema, la scienza. E i libri, appunto. E, proprio all’interno del grande spazio ricco di oltre 6mila libri, c’è un’altra frase essenziale: “Fondare biblioteche è un po’ come costruire granai pubblici, ammassando riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi, nonostante tutto, vedo arrivare”. E’ tratta dalle pagine di “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar, uno dei libri più importanti del Novecento. Biblioteche come granai, dunque. Cultura come pane.

Questa consapevolezza tra lettura, nutrimento, cittadinanza, felicità e libertà ha ispirato anche “Fare squadra con i libri”, un’iniziativa organizzata dalla Fondazione Pirelli con l’Aie per “Ioleggo perché”: 300 bambini delle scuole elementari e medie di Milano riuniti a discutere, con campioni dello sport (Javier Zanetti, Regina Baresi e Mario Isola, responsabile della Formula1 per Pirelli), con Luigi Garlando, scrittore e giornalista sportivo, all’Assessore all’Educazione e Istruzione del Comune di Milano Laura Galimberti e al presidente dell’Aie Ricardo Franco Levi di parole e competizione, passione e generosità sportiva, racconti d’avventura e poesia de “Il Piccolo Principe” (il libro più letto dai bambini presenti). Un po’ una festa. Finita con un regalo, da Pirelli alla scuola media “Verga”: un buono per trecento libri per la biblioteca scolastica. Una testimonianza d’un progetto più ampio: costruire una relazione forte tra biblioteche comunali, biblioteche scolastiche e biblioteche aziendali per diffondere l’interesse e il piacere per i libri e la lettura.

E’ una scelta anche di promozione sociale. Come confermano, tra tanti, pure i dati d’una recente ricerca internazionale dell’Ocse pubblicati nei giorni scorsi da “Social Science Research”: “Avere, da adolescenti, uno scaffale domestico ben fornito di libri dà una marcia in più nella vita: i ragazzi che hanno avuto almeno 80 libri in casa oggi hanno competenze linguistiche, matematiche e tecnologiche superiori alla media”.

Dipende, appunto, dai libri anche una maggiore e migliore qualità del nostro sviluppo economico, proprio in tempi di grande rilevanza della “economia della conoscenza” e della necessità di capire come costruire un vero e proprio “cambio di paradigma” per un’economia sostenibile, dal punto di vista ambientale e sociale, un’economia “circolare” e “civile”, attenta cioè non solo a produrre nuova ricchezza, ma anche a definire bene come redistribuirla, per provare a ridimensionare drasticamente disuguaglianze e povertà (lo suggeriscono anche gli esperti del Nobel, quando assegnano, pochi giorni fa, il premio per l’Economia a tre studiosi, Michael Kremer, Abhijit Banerjee ed Esther Duflo, per le loro ricerche sulla povertà e sugli strumenti per affrontarla).

Passa dai libri, e cioè dalla formazione di lungo periodo (incrociando per gran parte della vita scuola e lavoro, come abbiamo scritto nel blog della scorsa settimana), dalla ricerca e dal confronto con le questioni poste da scienza e tecnologia, anche la costruzione di una nuova consapevolezza per un futuro migliore.

L’ingegneria genetica e l’evoluzione dell’intelligenza artificiale ci mettono di fronte a questioni, etiche, sociali e tecniche, che chiedono a tutti, fin dall’infanzia, una più acuta e raffinata coscienza di quello che siamo e di come possiamo diventare. Servono ingegneri poeti e filosofi ingegneri, tecnici che sappiano domandare e rappresentare, letterati e artisti che siano capace di confrontarsi con la modernità e i suoi contrasti e raccontarne il senso. Un lavoro non solo da élite sofisticate e specialistiche, ma da cittadini. E la cittadinanza, con il suo carico di diritti e doveri, di opportunità e responsabilità, si impara fin da bambini. Rodari, appunto, ne è stato maestro (con il suo “Imparate a fare le cose difficili”, come ricordavamo la scorsa settimana). La letteratura del Novecento, con i suoi libri essenziali (Conrad, Melville, Calvino, Gramsci, Keynes, don Milani e tanti altri ancora) ne è fonte generosissima.

“Knowledge that matters”, è il motto dell’Università Bocconi di Milano, “la conoscenza che conta”. Un originale artista contemporaneo, Lorenzo Petrantoni, ne ha fatto la base di un’installazione che sarà inaugurata domani pomeriggio, nel grande spazio davanti agli ingressi dell’ateneo, in via Röntgen. Grandi lettere ricoperte da migliaia di minuscole tessere di carta ricavate da documenti, fotografie, tesi di laurea, strisce di calcoli matematici ed economici (“Calcoli e algoritmi vanno oltre l’economia”, sostiene Petrantoni) e libri. Ecco, si torna ai libri. Al dovere e soprattutto al piacere di leggere e scrivere.

Forse esagerava un po’ Stéphane Mallarmé quando sosteneva che “il mondo è fatto per finire in un bel libro”. Ma, brillantezza dell’aforisma a parte, il poeta francese ha colto bene il senso del valore delle pagine ben scritte. Senza i racconti racchiusi nei libri non saremo mai persone migliori.

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