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Salute aziendale e individuale

Pubblicato un articolo che cerca di fondere i concetti di welfare d’impresa e di salute organizzativa

Pensata e costruita per produrre profitto, l’organizzazione dell’impresa moderna e avveduta si evolve in qualcosa di più complesso e vario, altro dal semplice meccanismo che dalle materie prime porta al prodotto finito. E’ uno dei risultati dell’era in cui società e produzione si sono ritrovate ad agire. Condizione complessa, che accanto al profitto e alla razionalità della produzione, pone anche la responsabilità sociale dell’agire produttivo come uno dei cardini organizzativi dell’impresa moderna.

L’articolo di Anna Taglioli (del Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa), cerca di mettere insieme in un unico ragionamento le spinte verso la crescita del welfare aziendale e la migliore “salute organizzativa” possibile.

Il lavoro parte dalla considerazione che l’attuale assetto sociale estende il concetto di salute dal solo aspetto psicofisico, a quello relativo al rischio e alla vulnerabilità sociale. La salute non è così solo uno stato individuale, ma ha anche fare con i beni collettivi. In altre parole, si può pensare che la salute di ogni singolo individuo diventi un bene pubblico. Con altre tutele quindi e altri orizzonti di sviluppo.

In questo ambito, l’organizzazione della produzione e la “collettività impresa” rivestono un ruolo importante. E’ lì che l’individuo passa buona parte della sua vita attiva; ed è dall’ambito all’organizzativo che possono nascere spinte positive oppure pressioni negative anche sotto questi profili.

Occorre, è la tesi di Anna Taglioli, un nuovo modo di coordinare il sapere sulla salute e il sapere sull’organizzazione.

Scrive  l’autrice presentando il suo lavoro: “I cambiamenti economici e sociali e i nuove rischi derivanti dal welfare pubblico e dall’aumento delle condizioni di stress e di insicurezza, sia a livello europeo e nazionale, rendono il welfare aziendale una sfida rilevante per il benessere sociale”. E ancora: è possibile migliorare la salute “psico-fisica e il benessere sociale degli individui e delle comunità di lavoro, nonché dei territori in cui le imprese operano” guardando in modo diverso proprio al welfare  aziendale.

E’ di fatto un aspetto rinnovato della cultura della buona impresa, che osserva il cambiamento sociale che si riflette all’interno dell’organizzazione della produzione e ne fa tesoro per il miglioramento dei risultati finali della produzione stessa, guardando non solamente al profitto puro e semplice.

Il lavoro di Anna Taglioli fornisce così un contributo di approfondimento e chiarimento dei fitti legami fra salute individuale e sociale e organizzazione aziendale.

Welfare aziendale e salute organizzativa: quale benessere e per chi?

Anna Taglioli

Salute e società, 2016 Fascicolo 3, pag. 75-87

Pubblicato un articolo che cerca di fondere i concetti di welfare d’impresa e di salute organizzativa

Pensata e costruita per produrre profitto, l’organizzazione dell’impresa moderna e avveduta si evolve in qualcosa di più complesso e vario, altro dal semplice meccanismo che dalle materie prime porta al prodotto finito. E’ uno dei risultati dell’era in cui società e produzione si sono ritrovate ad agire. Condizione complessa, che accanto al profitto e alla razionalità della produzione, pone anche la responsabilità sociale dell’agire produttivo come uno dei cardini organizzativi dell’impresa moderna.

L’articolo di Anna Taglioli (del Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa), cerca di mettere insieme in un unico ragionamento le spinte verso la crescita del welfare aziendale e la migliore “salute organizzativa” possibile.

Il lavoro parte dalla considerazione che l’attuale assetto sociale estende il concetto di salute dal solo aspetto psicofisico, a quello relativo al rischio e alla vulnerabilità sociale. La salute non è così solo uno stato individuale, ma ha anche fare con i beni collettivi. In altre parole, si può pensare che la salute di ogni singolo individuo diventi un bene pubblico. Con altre tutele quindi e altri orizzonti di sviluppo.

In questo ambito, l’organizzazione della produzione e la “collettività impresa” rivestono un ruolo importante. E’ lì che l’individuo passa buona parte della sua vita attiva; ed è dall’ambito all’organizzativo che possono nascere spinte positive oppure pressioni negative anche sotto questi profili.

Occorre, è la tesi di Anna Taglioli, un nuovo modo di coordinare il sapere sulla salute e il sapere sull’organizzazione.

Scrive  l’autrice presentando il suo lavoro: “I cambiamenti economici e sociali e i nuove rischi derivanti dal welfare pubblico e dall’aumento delle condizioni di stress e di insicurezza, sia a livello europeo e nazionale, rendono il welfare aziendale una sfida rilevante per il benessere sociale”. E ancora: è possibile migliorare la salute “psico-fisica e il benessere sociale degli individui e delle comunità di lavoro, nonché dei territori in cui le imprese operano” guardando in modo diverso proprio al welfare  aziendale.

E’ di fatto un aspetto rinnovato della cultura della buona impresa, che osserva il cambiamento sociale che si riflette all’interno dell’organizzazione della produzione e ne fa tesoro per il miglioramento dei risultati finali della produzione stessa, guardando non solamente al profitto puro e semplice.

Il lavoro di Anna Taglioli fornisce così un contributo di approfondimento e chiarimento dei fitti legami fra salute individuale e sociale e organizzazione aziendale.

Welfare aziendale e salute organizzativa: quale benessere e per chi?

Anna Taglioli

Salute e società, 2016 Fascicolo 3, pag. 75-87

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