Se l’impresa “pensa diversamente”
Leonardo da Vinci pensava in modo diverso dal resto dei suoi contemporanei. Anche Albert Einstein aveva un cervello “non comune”. Tutto sommato anche Steve Jobs aveva un’intelligenza fuori dalla media. Geni, oppure, più semplicemente, uomini capaci di affrontare la realtà, analizzarla ed elaborarla in maniera diversa dal resto del sistema sociale in cui sono vissuti. Per questo, da Vinci, Einstein e Jobs, ognuno a modo suo, hanno avuto tutti successo.
Accade una cosa simile per le imprese. Quelle che riescono a sfondare, a crescere, a superare le difficoltà della congiuntura difficile, oppure più semplicemente i problemi dati dalla concorrenza avversa, sono le strutture produttive in grado di staccarsi dal pensiero corrente del fare impresa. Non ci sono ricette preconfezionate per riuscire in un’operazione di questo genere: alcune aziende riescono, altre, la maggioranza, no e vivacchiano. Più facile, forse, nelle piccole realtà, molto più difficile quando con la “diversità di pensiero” si confrontano i grandi gruppi industriali.
I meccanismi secondo i quali tutto questo accade sono affascinanti ma complicati, non ancora messi completamente a fuoco. Ci ha provato anche Rosabeth Moss Kanter – definita una delle 50 donne più potenti al mondo o, in alternativa, uno dei 50 cervelli finanziari più influenti sul pianeta -, con il suo “How Great Companies Think Differently” pubblicato da Harvard Business Review, andato in libreria negli Usa nel 2011 ma non ancora pubblicato in Italia, fa ma ancora attualissimo in quanto a fascino e a provocazioni che contiene.
Moss Kanter dimostra che, invece di essere semplici macchine per fare soldi, le grandi aziende possono combinano logica finanziaria e sociale per costruire il loro successo duraturo. Alla base di tutto, stando alle argomentazioni dello studio, non ci sono solamente calcolo, ma anche emozioni, coinvolgimento, saper guardare oltre, spirito d’avventura. Perché, secondo l’autrice, le imprese sono entità sociali che si confrontano con l’incertezza e che riescono però a generare e trasmettere valori sociali attraverso chi vi lavora. Insomma, la vera impresa genera non solo profitti ma una propria cultura, un proprio modo di intendere la produzione e il proprio ruolo nella società che diventano potenti motori di crescita e sviluppo. A patto che si riesca a far funzionare tutto in maniera adeguata.
How Great Companies Think Differently
Rosabeth Moss Kanter
Harvard Business Review, 2011
Leonardo da Vinci pensava in modo diverso dal resto dei suoi contemporanei. Anche Albert Einstein aveva un cervello “non comune”. Tutto sommato anche Steve Jobs aveva un’intelligenza fuori dalla media. Geni, oppure, più semplicemente, uomini capaci di affrontare la realtà, analizzarla ed elaborarla in maniera diversa dal resto del sistema sociale in cui sono vissuti. Per questo, da Vinci, Einstein e Jobs, ognuno a modo suo, hanno avuto tutti successo.
Accade una cosa simile per le imprese. Quelle che riescono a sfondare, a crescere, a superare le difficoltà della congiuntura difficile, oppure più semplicemente i problemi dati dalla concorrenza avversa, sono le strutture produttive in grado di staccarsi dal pensiero corrente del fare impresa. Non ci sono ricette preconfezionate per riuscire in un’operazione di questo genere: alcune aziende riescono, altre, la maggioranza, no e vivacchiano. Più facile, forse, nelle piccole realtà, molto più difficile quando con la “diversità di pensiero” si confrontano i grandi gruppi industriali.
I meccanismi secondo i quali tutto questo accade sono affascinanti ma complicati, non ancora messi completamente a fuoco. Ci ha provato anche Rosabeth Moss Kanter – definita una delle 50 donne più potenti al mondo o, in alternativa, uno dei 50 cervelli finanziari più influenti sul pianeta -, con il suo “How Great Companies Think Differently” pubblicato da Harvard Business Review, andato in libreria negli Usa nel 2011 ma non ancora pubblicato in Italia, fa ma ancora attualissimo in quanto a fascino e a provocazioni che contiene.
Moss Kanter dimostra che, invece di essere semplici macchine per fare soldi, le grandi aziende possono combinano logica finanziaria e sociale per costruire il loro successo duraturo. Alla base di tutto, stando alle argomentazioni dello studio, non ci sono solamente calcolo, ma anche emozioni, coinvolgimento, saper guardare oltre, spirito d’avventura. Perché, secondo l’autrice, le imprese sono entità sociali che si confrontano con l’incertezza e che riescono però a generare e trasmettere valori sociali attraverso chi vi lavora. Insomma, la vera impresa genera non solo profitti ma una propria cultura, un proprio modo di intendere la produzione e il proprio ruolo nella società che diventano potenti motori di crescita e sviluppo. A patto che si riesca a far funzionare tutto in maniera adeguata.
How Great Companies Think Differently
Rosabeth Moss Kanter
Harvard Business Review, 2011