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Sicurezza, le scelte delle imprese: un fondo strategico Ue per energia e materie prime  

Essere Europa, nonostante tutto. Nonostante l’irruzione, anche sulla scena europea, degli interessi e dei miopi egoismi nazionali e delle tensioni populiste e sovraniste, che possono frantumare il percorso politico democratico costrutto faticosamente nel corso degli anni. Nonostante le divaricazioni tra Francia e Germania sui temi dell’energia o tra Francia e Italia sulla gestione dell’immigrazione. Nonostante i tempi troppo lunghi perché la Ue sappia trovare intese forti ed efficaci sulla sicurezza, i mercati delle materie prime e lo sviluppo sostenibile, mentre la guerra in Ucraina aggrava tensioni politiche e drammi sociali, la recessione economica avanza minacciosa e si allargano le fratture geopolitiche globali. Essere Europa, essere ancora di più e meglio Europa, insomma, per non mettere in crisi la nostra lunga stagione di pace, democrazia e benessere.

Essere Europa, dunque, significa oggi avere tra le priorità una strategia Ue ben costruita per la competitività del suo sistema economico e delle imprese, superando rapidamente “tre errori storici”: avere delegato la difesa agli Usa, affidato gran parte delle forniture d’energia alla Russia e determinato una eccessiva dipendenza per le tecnologie dalla Cina e dagli stessi Usa (la sintesi è di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria).

Ci sono passi avanti di cui tenere conto. Come il documento di Business Europe (dopo la riunione, alla fine di novembre, a Stoccolma, dei 40 leader delle associazioni imprenditoriali europee) che insiste sulla necessità di “agire uniti” di fronte alla crisi in corso, per evitare che “forze divisive e individualismi  minino la solidarietà, uno dei valori fondanti dell’Unione Europea”.

E ha un grande valore soprattutto l’intesa strategica raggiunta tra Confindustria, le imprese francesi riunite nel Medef e quelle tedesche della Bdi, riunite a Roma ai primi di dicembre per il quarto vertice annuale, per chiedere alla Commissione Ue una politica comune per l’energia e le materie prime strategiche, un ombrello finanziario per le acquisizioni e le forniture di gas e petrolio, di litio, nichel e “terre rare”, una serie di strumenti messi a punto da Bruxelles per proteggere i paesi europei dalle variazioni di prezzi e volumi e dalle speculazioni sui mercati internazionali, in cui proprio le forniture energetiche vengono usate come strumenti bellici, per scomporre e ricomporre gli equilibri di potere e sicurezza in cui l’Europa, povera di materie prime, può subire le conseguenze negative peggiori.

La consapevolezza comune è chiara: per l’Europa, perdere la propria competitività economica significa mettere a rischio l’occupazione e il modello di welfare e dunque cadere in una crisi più generale, quella della nostra democrazia.

Ecco perché intervenire rapidamente. Sull’economia. E le regole Ue. Da rendere più efficaci e su cui fondare una politica di bilancio in grado di stimolare investimenti pubblici e privati sulla crescita economica e lo sviluppo sostenibile, obiettivo sempre prioritario ma da sottrarre ad “approcci ideologici” che frenano economia, imprese, tenuta sociale.

L’Europa, infatti, è un gigante industriale con primati rilevanti nella cosiddetta twin transition ambientale e digitale, un territorio di straordinarie imprese trasformatrici, un mercato forte e ricco, un’area interconnessa da scambi, relazioni e accordi che ne fanno una protagonista globale di innovazione e competitività. Ma è una realtà fragile, appunto perché povera di materie prime. E l’assenza di una politica estera comune della Ue sulla sicurezza e la difesa ne rende difficili e poco efficaci le reazioni politiche a tutela dei suoi valori e dei suoi interessi.

Lo sguardo preoccupato è rivolto anche verso gli Usa, dove l’amministrazione Biden, con l’Inflation Reduction Act, spinge le imprese a comprare da fornitori americani, mettendo in seria difficoltà le attività delle imprese europee. Si rischia una nuova “guerra commerciale” Usa-Ue? La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen è rassicurante, ricordando come un conflitto non serva a nessuno dei due contendenti, avvantaggiando invece altri giganti economici. Ma è altrettanto netta nel difendere gli interessi europei.

Ecco perché è indispensabile, proprio in momenti di crisi e tensioni, insistere anche da parte delle imprese e delle loro organizzazioni su una risposta strategica che veda in primo piano la Commissione Ue e rafforzare l’unità di intenti di Germania, Francia e Italia innanzitutto, per evitare le tentazioni dell’unilateralismo e mostrarsi invece capaci di essere motore di unità e scelte condivise.

C’è un precedente recente, cui fare riferimento: la scelta unitaria di reagire alla pandemia da Covid19 mettendo in comune ricerca scientifica e capacità industriali e logistiche per produrre i vaccini e realizzare interventi sanitari efficaci. E, subito dopo, la creazione del “Recovery Plan Next Generation Ue”, con risorse raccolte sui mercati finanziari internazionali con la garanzia Ue, per fare fronte alle crisi economiche e sociali scatenate dalla crisi Covid e costruire così una visione positiva di sviluppo sostenibile per le nuove generazioni.

Adesso, proprio sull’energia e sulle materie prime, vale la pena pensare a una scelta analoga, a un nuovo fondo europeo, da finanziarie sempre facendo ricorso ai mercati, per le forniture comuni, a prezzi e condizioni che garantiscano la competitività delle imprese europee e non le mettano in difficoltà di fronte ai competitor internazionali, a cominciare da Usa e Cina (che non subiscono, attualmente, le conseguenze negative del caro-energia).

Naturalmente, anche il bilancio Ue e il nuovo Patto di Stabilità andrebbero messi a punto tenendo conto di queste esigenze: una lungimirante politica di sviluppo dell’Europa sostenibile ed equilibrata, capace di difendere e rilanciare valori e interessi europei. Quel legame forte tra democrazia politica, cultura del mercato aperto e ben regolato, libertà e responsabilità dell’ intraprendere, tutela sociale diffusa. La sintesi tra competitività e inclusione sociale, tra produttività e solidarietà.

Altri temi, sono al centro delle posizioni delle associazioni aziendali europee: regole formali di mercato meno rigide, per stimolare la crescita delle imprese e la loro competitività, un mercato unico più efficiente, un insieme di scelte Ue sul commercio internazionale che rafforzi l’attrattività dei paesi Ue per gli investimenti globali, una politica industriale e fiscale comune che agevoli gli investimenti pubblici e privati per la ricerca scientifica e i trasferimenti tecnologici.

“Viviamo una crisi asimmetrica, Usa e Asia non ne sono colpite. Il rischio di deindustrializzazione è molto forte. E noi imprenditori europei siamo consapevoli del pericolo di perdere intere filiere produttive, il loro know how ma anche il loro peso sociale”, sostiene Stefano Pan, delegato di Confindustria per l’Europa.

Le indicazioni delle imprese trovano un ascolto attento a Bruxelles, soprattutto da parte di due Commissari sensibili ai temi dello sviluppo come Paolo Gentiloni e Thierry Breton e della stessa Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, consapevole del legame stretto tra gli equilibri politico-sociali e la competitività economica. L’ Europa, insomma, può fare un gioco vincente solo se solidale. E lungimirante. “Next Generation”, appunto.

(Photo Getty Images)

Essere Europa, nonostante tutto. Nonostante l’irruzione, anche sulla scena europea, degli interessi e dei miopi egoismi nazionali e delle tensioni populiste e sovraniste, che possono frantumare il percorso politico democratico costrutto faticosamente nel corso degli anni. Nonostante le divaricazioni tra Francia e Germania sui temi dell’energia o tra Francia e Italia sulla gestione dell’immigrazione. Nonostante i tempi troppo lunghi perché la Ue sappia trovare intese forti ed efficaci sulla sicurezza, i mercati delle materie prime e lo sviluppo sostenibile, mentre la guerra in Ucraina aggrava tensioni politiche e drammi sociali, la recessione economica avanza minacciosa e si allargano le fratture geopolitiche globali. Essere Europa, essere ancora di più e meglio Europa, insomma, per non mettere in crisi la nostra lunga stagione di pace, democrazia e benessere.

Essere Europa, dunque, significa oggi avere tra le priorità una strategia Ue ben costruita per la competitività del suo sistema economico e delle imprese, superando rapidamente “tre errori storici”: avere delegato la difesa agli Usa, affidato gran parte delle forniture d’energia alla Russia e determinato una eccessiva dipendenza per le tecnologie dalla Cina e dagli stessi Usa (la sintesi è di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria).

Ci sono passi avanti di cui tenere conto. Come il documento di Business Europe (dopo la riunione, alla fine di novembre, a Stoccolma, dei 40 leader delle associazioni imprenditoriali europee) che insiste sulla necessità di “agire uniti” di fronte alla crisi in corso, per evitare che “forze divisive e individualismi  minino la solidarietà, uno dei valori fondanti dell’Unione Europea”.

E ha un grande valore soprattutto l’intesa strategica raggiunta tra Confindustria, le imprese francesi riunite nel Medef e quelle tedesche della Bdi, riunite a Roma ai primi di dicembre per il quarto vertice annuale, per chiedere alla Commissione Ue una politica comune per l’energia e le materie prime strategiche, un ombrello finanziario per le acquisizioni e le forniture di gas e petrolio, di litio, nichel e “terre rare”, una serie di strumenti messi a punto da Bruxelles per proteggere i paesi europei dalle variazioni di prezzi e volumi e dalle speculazioni sui mercati internazionali, in cui proprio le forniture energetiche vengono usate come strumenti bellici, per scomporre e ricomporre gli equilibri di potere e sicurezza in cui l’Europa, povera di materie prime, può subire le conseguenze negative peggiori.

La consapevolezza comune è chiara: per l’Europa, perdere la propria competitività economica significa mettere a rischio l’occupazione e il modello di welfare e dunque cadere in una crisi più generale, quella della nostra democrazia.

Ecco perché intervenire rapidamente. Sull’economia. E le regole Ue. Da rendere più efficaci e su cui fondare una politica di bilancio in grado di stimolare investimenti pubblici e privati sulla crescita economica e lo sviluppo sostenibile, obiettivo sempre prioritario ma da sottrarre ad “approcci ideologici” che frenano economia, imprese, tenuta sociale.

L’Europa, infatti, è un gigante industriale con primati rilevanti nella cosiddetta twin transition ambientale e digitale, un territorio di straordinarie imprese trasformatrici, un mercato forte e ricco, un’area interconnessa da scambi, relazioni e accordi che ne fanno una protagonista globale di innovazione e competitività. Ma è una realtà fragile, appunto perché povera di materie prime. E l’assenza di una politica estera comune della Ue sulla sicurezza e la difesa ne rende difficili e poco efficaci le reazioni politiche a tutela dei suoi valori e dei suoi interessi.

Lo sguardo preoccupato è rivolto anche verso gli Usa, dove l’amministrazione Biden, con l’Inflation Reduction Act, spinge le imprese a comprare da fornitori americani, mettendo in seria difficoltà le attività delle imprese europee. Si rischia una nuova “guerra commerciale” Usa-Ue? La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen è rassicurante, ricordando come un conflitto non serva a nessuno dei due contendenti, avvantaggiando invece altri giganti economici. Ma è altrettanto netta nel difendere gli interessi europei.

Ecco perché è indispensabile, proprio in momenti di crisi e tensioni, insistere anche da parte delle imprese e delle loro organizzazioni su una risposta strategica che veda in primo piano la Commissione Ue e rafforzare l’unità di intenti di Germania, Francia e Italia innanzitutto, per evitare le tentazioni dell’unilateralismo e mostrarsi invece capaci di essere motore di unità e scelte condivise.

C’è un precedente recente, cui fare riferimento: la scelta unitaria di reagire alla pandemia da Covid19 mettendo in comune ricerca scientifica e capacità industriali e logistiche per produrre i vaccini e realizzare interventi sanitari efficaci. E, subito dopo, la creazione del “Recovery Plan Next Generation Ue”, con risorse raccolte sui mercati finanziari internazionali con la garanzia Ue, per fare fronte alle crisi economiche e sociali scatenate dalla crisi Covid e costruire così una visione positiva di sviluppo sostenibile per le nuove generazioni.

Adesso, proprio sull’energia e sulle materie prime, vale la pena pensare a una scelta analoga, a un nuovo fondo europeo, da finanziarie sempre facendo ricorso ai mercati, per le forniture comuni, a prezzi e condizioni che garantiscano la competitività delle imprese europee e non le mettano in difficoltà di fronte ai competitor internazionali, a cominciare da Usa e Cina (che non subiscono, attualmente, le conseguenze negative del caro-energia).

Naturalmente, anche il bilancio Ue e il nuovo Patto di Stabilità andrebbero messi a punto tenendo conto di queste esigenze: una lungimirante politica di sviluppo dell’Europa sostenibile ed equilibrata, capace di difendere e rilanciare valori e interessi europei. Quel legame forte tra democrazia politica, cultura del mercato aperto e ben regolato, libertà e responsabilità dell’ intraprendere, tutela sociale diffusa. La sintesi tra competitività e inclusione sociale, tra produttività e solidarietà.

Altri temi, sono al centro delle posizioni delle associazioni aziendali europee: regole formali di mercato meno rigide, per stimolare la crescita delle imprese e la loro competitività, un mercato unico più efficiente, un insieme di scelte Ue sul commercio internazionale che rafforzi l’attrattività dei paesi Ue per gli investimenti globali, una politica industriale e fiscale comune che agevoli gli investimenti pubblici e privati per la ricerca scientifica e i trasferimenti tecnologici.

“Viviamo una crisi asimmetrica, Usa e Asia non ne sono colpite. Il rischio di deindustrializzazione è molto forte. E noi imprenditori europei siamo consapevoli del pericolo di perdere intere filiere produttive, il loro know how ma anche il loro peso sociale”, sostiene Stefano Pan, delegato di Confindustria per l’Europa.

Le indicazioni delle imprese trovano un ascolto attento a Bruxelles, soprattutto da parte di due Commissari sensibili ai temi dello sviluppo come Paolo Gentiloni e Thierry Breton e della stessa Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, consapevole del legame stretto tra gli equilibri politico-sociali e la competitività economica. L’ Europa, insomma, può fare un gioco vincente solo se solidale. E lungimirante. “Next Generation”, appunto.

(Photo Getty Images)

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