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Sostegni alle imprese in Assolombarda contro il “rischio mafia”: anche la legalità è cardine di migliore sviluppo

Rischio mafia, a Milano e in Lombardia, come in altre aree economicamente forti del Paese, dall’Emilia al Veneto, dal Piemonte alla Liguria. Un rischio grave: criminalità organizzata e corruzione possono mettere in crisi la crescita economica, devastare la concorrenza, inquinare il tessuto sociale e civile. Ecco perché rilanciare i temi della legalità (e dunque dell’impegno contro la mafia) è una delle leve fondamentali d’una maggiore e migliore competitività. Un cardine della buona cultura d’impresa.

L’allarme risuona ancora una volta in Assolombarda, da anni impegnata in prima linea su questi temi. E prende corpo in una nuova iniziativa, presentata nei giorni scorsi: un “toolkit”, uno strumento attraverso cui le imprese, scaricandolo dal sito dell’Associazione, siano in grado di fare un’efficace autodiagnosi dei rischi che possono correre nei rapporti con la mafia: per il credito facile da ottenere da intermediari non regolari, nel caso di impossibili rapporti bancari, o per il recupero di crediti difficili da riscuotere, per le forniture o i rapporti con pubbliche amministrazioni, per trovare la strada di un buon appalto o anche per avere garanzie di sicurezza o ottenere la soluzione di tensioni di lavoro e sindacali. Il punto di partenza è chiaro: la ’ndrangheta, Cosa Nostra siciliana e la camorra si presentano alle imprese come una sorta di “agenzia di servizio”, un soggetto che risolve problemi. Ma – ecco il rischio vero – una volta entrate in rapporto con l’impresa, prima o poi se ne impossessano, la fanno propria, la usano come canale di riciclaggio, strumento d’affari illeciti, leva di controllo del territorio.

Da qui, il monito di Assolombarda agli imprenditori: entrare in rapporto con la mafia è perdere la propria azienda per sempre. E’ un monito forte, un serio campanello d’allarme. Che è stato ribadito incontrando, nel corso d’un paio d’anni, oltre 500 imprenditori. E che è stato riconfermato proprio con la presentazione pubblica del “toolkit” (nella seconda metà d’ottobre, ai giornalisti, con la presenza dei prefetti di Milano e Monza, di parecchi alti magistrati, del questore e di alti ufficiali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza).

Preparato attraverso una lunga serie di colloqui e di analisi degli atti giudiziari che hanno documentato i metodi dell’infiltrazione mafiosa nelle imprese, il documento, messo a  punto dell’Istud con il contributo della Fondazione Stella dell’Università Cattolica, si lega anche a un altro strumento: uno “sportello” cui i piccoli imprenditori soprattutto possono rivolgersi per condividere allarmi e preoccupazioni, avere consigli e indicazioni, sapere che di fronte a un problema di eventuali pressioni mafiose non sono in angosciosa solitudine. Commenta il questore di Milano Antonio De Jesu, apprezzando pubblicamente le iniziative di Assolombarda: “L’imprenditore spesso davanti a questi problemi è solo e aiutarlo è fondamentale. L’intervento dell’associazione è certamente positivo”.

Scelta etica, quella di Assolombarda. Impegno civile. Ma anche indicazione competitiva. Per lo sviluppo equilibrato di Milano e d’una Lombardia in cui si produce il 21,7% del Pil italiano (può ben fare da locomotiva della crescita economica del sistema Paese, nel cuore dell’Europa) ma in cui si diffondono, in modo allarmante, corruzione, inquinamento delle pubbliche amministrazioni, presenze mafiose. Presenze gravi, ben oltre il livello delle “infiltrazioni” iniziali e su cui le relazioni della Corte d’Appello all’apertura dell’anno giudiziario e le indagini della Procura della Repubblica forniscono evidenti conferme.

Le cronache recenti parlano di un rafforzamento della “Corsico connection” tra famiglie di ‘ndrangheta, imprese e politici locali, nell’area sud della “grande Milano”. Di interessi della ‘ndrangheta per gli appalti dell’Expo (dei Macrì, storica famiglia di criminali calabresi) e di mire sul post-Expo, di traffici di Cosa Nostra su certe attività della Fiera di Milano. E di una crescente rete di relazioni tra imprenditori privi di scrupoli, pubblici amministratori, politici in cerca di facili carriere e boss. Una cricca che, attraverso violenza e corruzione, “ruba il futuro” della metropoli e rischia di comprometterne la crescita come città “smart” e “steam” (l’acronimo caro ad Assolombarda, di science, technology, environment, arts e manufacturing), punto di forza del sistema Paese nel grande contesto dell’Europa.

Battaglia, dunque, economica e civile. Che ha bisogno di memoria. E di capacità lucida di rimuovere freni e ostacoli allo sviluppo “equilibrato e sostenibile”.

Memoria, appunto. Per non dimenticare che la mafia non ha mai tenuto gli occhi lontani da Milano (come ricordano gli affari di Michele Sindona tra banche, finanza d’assalto e cosche mafiose, i traffici del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi finito nelle mani dei boss di Cosa Nostra, le iniziative del clan capitanato da don Vito Ciancimino, le attività dei trafficanti di droga e  finanza facile alla Carlo Martello, per arrivare alla costante e ampliata presenza delle ‘ndrine calabresi, prepotenti e minacciose). Oggi, la reazione è indispensabile. Contro la corruzione. E la presenza mafiosa. Assolombarda ritiene di esserne attore di primo piano. In un dialogo crescente sia con i propri associati sia con le istituzioni, da Palazzo di Giustizia alle forze dell’ordine. Presidio di legalità, appunto. Senza cui non c’è sviluppo.

Rischio mafia, a Milano e in Lombardia, come in altre aree economicamente forti del Paese, dall’Emilia al Veneto, dal Piemonte alla Liguria. Un rischio grave: criminalità organizzata e corruzione possono mettere in crisi la crescita economica, devastare la concorrenza, inquinare il tessuto sociale e civile. Ecco perché rilanciare i temi della legalità (e dunque dell’impegno contro la mafia) è una delle leve fondamentali d’una maggiore e migliore competitività. Un cardine della buona cultura d’impresa.

L’allarme risuona ancora una volta in Assolombarda, da anni impegnata in prima linea su questi temi. E prende corpo in una nuova iniziativa, presentata nei giorni scorsi: un “toolkit”, uno strumento attraverso cui le imprese, scaricandolo dal sito dell’Associazione, siano in grado di fare un’efficace autodiagnosi dei rischi che possono correre nei rapporti con la mafia: per il credito facile da ottenere da intermediari non regolari, nel caso di impossibili rapporti bancari, o per il recupero di crediti difficili da riscuotere, per le forniture o i rapporti con pubbliche amministrazioni, per trovare la strada di un buon appalto o anche per avere garanzie di sicurezza o ottenere la soluzione di tensioni di lavoro e sindacali. Il punto di partenza è chiaro: la ’ndrangheta, Cosa Nostra siciliana e la camorra si presentano alle imprese come una sorta di “agenzia di servizio”, un soggetto che risolve problemi. Ma – ecco il rischio vero – una volta entrate in rapporto con l’impresa, prima o poi se ne impossessano, la fanno propria, la usano come canale di riciclaggio, strumento d’affari illeciti, leva di controllo del territorio.

Da qui, il monito di Assolombarda agli imprenditori: entrare in rapporto con la mafia è perdere la propria azienda per sempre. E’ un monito forte, un serio campanello d’allarme. Che è stato ribadito incontrando, nel corso d’un paio d’anni, oltre 500 imprenditori. E che è stato riconfermato proprio con la presentazione pubblica del “toolkit” (nella seconda metà d’ottobre, ai giornalisti, con la presenza dei prefetti di Milano e Monza, di parecchi alti magistrati, del questore e di alti ufficiali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza).

Preparato attraverso una lunga serie di colloqui e di analisi degli atti giudiziari che hanno documentato i metodi dell’infiltrazione mafiosa nelle imprese, il documento, messo a  punto dell’Istud con il contributo della Fondazione Stella dell’Università Cattolica, si lega anche a un altro strumento: uno “sportello” cui i piccoli imprenditori soprattutto possono rivolgersi per condividere allarmi e preoccupazioni, avere consigli e indicazioni, sapere che di fronte a un problema di eventuali pressioni mafiose non sono in angosciosa solitudine. Commenta il questore di Milano Antonio De Jesu, apprezzando pubblicamente le iniziative di Assolombarda: “L’imprenditore spesso davanti a questi problemi è solo e aiutarlo è fondamentale. L’intervento dell’associazione è certamente positivo”.

Scelta etica, quella di Assolombarda. Impegno civile. Ma anche indicazione competitiva. Per lo sviluppo equilibrato di Milano e d’una Lombardia in cui si produce il 21,7% del Pil italiano (può ben fare da locomotiva della crescita economica del sistema Paese, nel cuore dell’Europa) ma in cui si diffondono, in modo allarmante, corruzione, inquinamento delle pubbliche amministrazioni, presenze mafiose. Presenze gravi, ben oltre il livello delle “infiltrazioni” iniziali e su cui le relazioni della Corte d’Appello all’apertura dell’anno giudiziario e le indagini della Procura della Repubblica forniscono evidenti conferme.

Le cronache recenti parlano di un rafforzamento della “Corsico connection” tra famiglie di ‘ndrangheta, imprese e politici locali, nell’area sud della “grande Milano”. Di interessi della ‘ndrangheta per gli appalti dell’Expo (dei Macrì, storica famiglia di criminali calabresi) e di mire sul post-Expo, di traffici di Cosa Nostra su certe attività della Fiera di Milano. E di una crescente rete di relazioni tra imprenditori privi di scrupoli, pubblici amministratori, politici in cerca di facili carriere e boss. Una cricca che, attraverso violenza e corruzione, “ruba il futuro” della metropoli e rischia di comprometterne la crescita come città “smart” e “steam” (l’acronimo caro ad Assolombarda, di science, technology, environment, arts e manufacturing), punto di forza del sistema Paese nel grande contesto dell’Europa.

Battaglia, dunque, economica e civile. Che ha bisogno di memoria. E di capacità lucida di rimuovere freni e ostacoli allo sviluppo “equilibrato e sostenibile”.

Memoria, appunto. Per non dimenticare che la mafia non ha mai tenuto gli occhi lontani da Milano (come ricordano gli affari di Michele Sindona tra banche, finanza d’assalto e cosche mafiose, i traffici del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi finito nelle mani dei boss di Cosa Nostra, le iniziative del clan capitanato da don Vito Ciancimino, le attività dei trafficanti di droga e  finanza facile alla Carlo Martello, per arrivare alla costante e ampliata presenza delle ‘ndrine calabresi, prepotenti e minacciose). Oggi, la reazione è indispensabile. Contro la corruzione. E la presenza mafiosa. Assolombarda ritiene di esserne attore di primo piano. In un dialogo crescente sia con i propri associati sia con le istituzioni, da Palazzo di Giustizia alle forze dell’ordine. Presidio di legalità, appunto. Senza cui non c’è sviluppo.

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