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Symbola, l’effetto positivo delle “imprese coesive”: sono sostenibili, esportano e crescono di più e meglio

Felicità d’Italia”, scrive Piero Bevilacqua, professore di Storia contemporanea all’università di Roma, in un libro, appena pubblicato da Laterza, raccontando di “paesaggio, arte, musica, cibo” e cioè di quelle caratteristiche originali che segnano la nostra società e dunque anche l’economia e le capacità di crescita culturale e civile. Agricoltura e biodiversità, dunque. Alimentazione (il successo della “dieta mediterranea” diventata paradigma internazionale è una conferma). Bellezza diffusa delle città e dei borghi. Creatività (le pagine che il libro dedica alla canzone napoletana sono quanto mai affascinanti). E una tradizione civile e cooperativa che ha inciso sui modelli di crescita e sviluppo.

Un ritratto positivo ben documentato. Non ignaro, naturalmente, di ombre, difficoltà, contraddizioni. Ma segnato, comunque, da uno spirito di collaborazione, da un impegno riformista e da uno sguardo attento ai cambiamenti che migliorano la qualità della vita, personale e collettiva.

Cooperazione come valore, dunque. Senza dimenticare l’attenzione ricorrente, nella saggistica capace di valorizzare un buon “racconto d’Italia”, alle origini della parola “competizione”, dal latino cum e petere: andare insieme verso la realizzazione di un desiderio, di un progetto comune.

Sono riflessioni che tornano in mente leggendo appunto le pagine di Bevilacqua ma anche i risultati del recente Meeting internazionale sulla Fraternità promosso a Roma, il 10 giugno, dalla Fondazione Fratelli Tutti per riflettere sul messaggio dell’Enciclica “Laudato Si’” di Papa Francesco e sulla qualità e la sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo (con la partecipazione di trenta premi Nobel e, per l’Italia, di esponenti del mondo economico, culturale e del “terzo settore”): “La fraternità si conferma come fondamento per una economia circolare e collaborativa, a misura d’uomo, attenta a sanare squilibri e ingiustizie evidenziate dalla stagione più frenetica e rapace della globalizzazione”, commenta Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e coordinatore del gruppo di lavoro italiano.

L’Europa e l’Italia, appunto, con le culture diffuse che tengono insieme competitività e solidarietà, intraprendenza individuale e sistemi di welfare, produttività e inclusione sociale, hanno un ruolo e una responsabilità fondamentali, nel “cambio di paradigma” economico sempre più necessario.

Questi temi risuonano anche nel Rapporto annuale di “Coesione e su Competizione”, promosso da Fondazione Symbola, Unioncamere e Intesa Sanpaolo  e che sarà discusso al Seminario estivo di Symbola in programma nello fine settimana a Mantova, con un’attenzione concentrata su “la forza del Territorio nella Transizione Verde”.

Cosa dice il Rapporto, guardando all’economia? “La coesione nelle imprese migliora il legame e il radicamento nelle comunità e nei territori, accresce il senso di appartenenza e la soddisfazione di vita dei dipendenti (nel 2020 le erogazioni di welfare sulla base di contrattazione sindacale sono cresciute del 19,5%), il coinvolgimento e il dialogo con i clienti, rafforza le relazioni di filiera e distrettuali (le imprese ricadenti nei distretti secondo il monitor di Intesa Sanpaolo negli ultimi anni hanno visto crescere la produttività più delle imprese non distrettuali), generando effetti positivi sulla competitività”.

Sono “coesive”, appunto, le imprese che “hanno aperto la ricerca oltre il perimetro aziendale, collaborando con università, artisti, designer per accelerare l’innovazione o scoprire nuove applicazioni di materiali e prodotti. Imprese che insieme al terzo settore hanno rafforzato le proprie comunità, migliorando la conoscenza dei territori in cui operano e ingaggiando la società civile in progetti sociali o ambientali. Storie di imprese che hanno approfondito dialogo e ascolto con i propri clienti al punto da arrivare a co-produrre con loro, intercettando tendenze e bisogni della comunità, che diventa testimonial consapevole e portavoce dei valori dell’azienda”. E ancora: “Imprese che hanno trovato nella banca il partner ideale per riorganizzare e rafforzare la propria filiera, migliorando le proprie performance, quelle dei fornitori e dell’ente di credito. Imprese che hanno aumentato il valore dell’azienda coinvolgendo i lavoratori negli obiettivi di business, o che hanno creato per loro un ambiente migliore dove convivono sviluppo professionale e bilanciamento con la vita privata, coltivando i propri talenti e acquisendone nuovi grazie alla cura e all’attenzione del personale”.

Imprese, insomma, “alleate con le istituzioni per potenziare i servizi locali ed essere più attrattive nell’ingaggiare professionisti, o per rendere più facile il loro insediamento nel territorio, co-investendo insieme in progettualità di interesse per la comunità. Imprese diventate più competitive alleandosi con altre imprese, che siano della filiera o addirittura competitor, per dare vita e ecosistemi di qualità, sostenibili e più resilienti oppure per scambiare materie prime e conoscenze aumentando insieme il fatturato”.

Le imprese coesive crescono a confronto con gli anni precedenti: la quota 2022 è pari al 43%, superiore a quella del 2020 (37%, anno certamente “anomalo” condizionato pesantemente dall’esplosione della pandemia) e a quella del 2018 (32%). La coesione – rileva ancora il Rapporto – cresce non solo come quota di imprese coinvolte, ma anche per il numero di relazioni medie delle imprese, anch’esso in aumento: in sostanza crescono le imprese coesive nonostante si “alzi l’asticella” del livello medio delle relazioni.

I vantaggi, per le imprese coesive, sono evidenti. Sulla crescita dimensionale (per il 2023 sono il 55,3% quelle che stimano aumenti di fatturato rispetto al 2022, contro il 42,3% delle altre), per l’occupazione (34,1% di indicazioni di incremento nel 2023 rispetto al 24,8% delle altre imprese) e per le esportazioni (42,7% contro 32,5%). E questi andamenti distintivi si confermano anche per le previsioni 2024.

Il Rapporto Symbola conferma la propensione al “green” delle imprese coesive, tra le quali quasi due su tre hanno investito o investiranno in sostenibilità ambientale (62,1%, mentre per le altre imprese il valore è 33,2%) e che nel 16,9% (altre imprese: 8,8%) hanno messo in atto attività di rendicontazione di sostenibilità (bilancio sociale, di sostenibilità, rating ESG, ecc.).

Anche dal punto di vista della transizione digitale, le imprese coesive nel 46,9% dei casi hanno adottato o stanno adottando tecnologie digitali nel periodo 2022-2024 (la quota è del 24,4% nelle altre imprese) e in tre casi su quattro hanno introdotto o stanno introducendo nello stesso periodo innovazioni (nelle altre imprese non si arriva alla metà del totale).

Le imprese coesive “credono più delle altre nel nostro Paese: se guardiamo al backshoring, misurato attraverso la crescita della quota di fornitori italiani locali o extraregionali, nei prossimi tre anni riguarderà il 26,4% delle imprese coesive rispetto al 19,5% delle altre. E l’alta qualità dei prodotti è ancor più che per le altre imprese il principale criterio di selezione dei fornitori (83,8% contro 76,9%)”.

Con i suoi numeri e le sue storie – sostiene Realacci – “questo Rapporto conferma, come afferma il Manifesto di Assisi, che ‘non c’è nulla di sbagliato in Italia che non possa essere corretto con quanto di giusto c’è in Italia’ e che la coesione è essenziale per costruire un’economia e una società più a misura d’uomo e per questo più capace di futuro”.

(Foto Getty images)

Felicità d’Italia”, scrive Piero Bevilacqua, professore di Storia contemporanea all’università di Roma, in un libro, appena pubblicato da Laterza, raccontando di “paesaggio, arte, musica, cibo” e cioè di quelle caratteristiche originali che segnano la nostra società e dunque anche l’economia e le capacità di crescita culturale e civile. Agricoltura e biodiversità, dunque. Alimentazione (il successo della “dieta mediterranea” diventata paradigma internazionale è una conferma). Bellezza diffusa delle città e dei borghi. Creatività (le pagine che il libro dedica alla canzone napoletana sono quanto mai affascinanti). E una tradizione civile e cooperativa che ha inciso sui modelli di crescita e sviluppo.

Un ritratto positivo ben documentato. Non ignaro, naturalmente, di ombre, difficoltà, contraddizioni. Ma segnato, comunque, da uno spirito di collaborazione, da un impegno riformista e da uno sguardo attento ai cambiamenti che migliorano la qualità della vita, personale e collettiva.

Cooperazione come valore, dunque. Senza dimenticare l’attenzione ricorrente, nella saggistica capace di valorizzare un buon “racconto d’Italia”, alle origini della parola “competizione”, dal latino cum e petere: andare insieme verso la realizzazione di un desiderio, di un progetto comune.

Sono riflessioni che tornano in mente leggendo appunto le pagine di Bevilacqua ma anche i risultati del recente Meeting internazionale sulla Fraternità promosso a Roma, il 10 giugno, dalla Fondazione Fratelli Tutti per riflettere sul messaggio dell’Enciclica “Laudato Si’” di Papa Francesco e sulla qualità e la sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo (con la partecipazione di trenta premi Nobel e, per l’Italia, di esponenti del mondo economico, culturale e del “terzo settore”): “La fraternità si conferma come fondamento per una economia circolare e collaborativa, a misura d’uomo, attenta a sanare squilibri e ingiustizie evidenziate dalla stagione più frenetica e rapace della globalizzazione”, commenta Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e coordinatore del gruppo di lavoro italiano.

L’Europa e l’Italia, appunto, con le culture diffuse che tengono insieme competitività e solidarietà, intraprendenza individuale e sistemi di welfare, produttività e inclusione sociale, hanno un ruolo e una responsabilità fondamentali, nel “cambio di paradigma” economico sempre più necessario.

Questi temi risuonano anche nel Rapporto annuale di “Coesione e su Competizione”, promosso da Fondazione Symbola, Unioncamere e Intesa Sanpaolo  e che sarà discusso al Seminario estivo di Symbola in programma nello fine settimana a Mantova, con un’attenzione concentrata su “la forza del Territorio nella Transizione Verde”.

Cosa dice il Rapporto, guardando all’economia? “La coesione nelle imprese migliora il legame e il radicamento nelle comunità e nei territori, accresce il senso di appartenenza e la soddisfazione di vita dei dipendenti (nel 2020 le erogazioni di welfare sulla base di contrattazione sindacale sono cresciute del 19,5%), il coinvolgimento e il dialogo con i clienti, rafforza le relazioni di filiera e distrettuali (le imprese ricadenti nei distretti secondo il monitor di Intesa Sanpaolo negli ultimi anni hanno visto crescere la produttività più delle imprese non distrettuali), generando effetti positivi sulla competitività”.

Sono “coesive”, appunto, le imprese che “hanno aperto la ricerca oltre il perimetro aziendale, collaborando con università, artisti, designer per accelerare l’innovazione o scoprire nuove applicazioni di materiali e prodotti. Imprese che insieme al terzo settore hanno rafforzato le proprie comunità, migliorando la conoscenza dei territori in cui operano e ingaggiando la società civile in progetti sociali o ambientali. Storie di imprese che hanno approfondito dialogo e ascolto con i propri clienti al punto da arrivare a co-produrre con loro, intercettando tendenze e bisogni della comunità, che diventa testimonial consapevole e portavoce dei valori dell’azienda”. E ancora: “Imprese che hanno trovato nella banca il partner ideale per riorganizzare e rafforzare la propria filiera, migliorando le proprie performance, quelle dei fornitori e dell’ente di credito. Imprese che hanno aumentato il valore dell’azienda coinvolgendo i lavoratori negli obiettivi di business, o che hanno creato per loro un ambiente migliore dove convivono sviluppo professionale e bilanciamento con la vita privata, coltivando i propri talenti e acquisendone nuovi grazie alla cura e all’attenzione del personale”.

Imprese, insomma, “alleate con le istituzioni per potenziare i servizi locali ed essere più attrattive nell’ingaggiare professionisti, o per rendere più facile il loro insediamento nel territorio, co-investendo insieme in progettualità di interesse per la comunità. Imprese diventate più competitive alleandosi con altre imprese, che siano della filiera o addirittura competitor, per dare vita e ecosistemi di qualità, sostenibili e più resilienti oppure per scambiare materie prime e conoscenze aumentando insieme il fatturato”.

Le imprese coesive crescono a confronto con gli anni precedenti: la quota 2022 è pari al 43%, superiore a quella del 2020 (37%, anno certamente “anomalo” condizionato pesantemente dall’esplosione della pandemia) e a quella del 2018 (32%). La coesione – rileva ancora il Rapporto – cresce non solo come quota di imprese coinvolte, ma anche per il numero di relazioni medie delle imprese, anch’esso in aumento: in sostanza crescono le imprese coesive nonostante si “alzi l’asticella” del livello medio delle relazioni.

I vantaggi, per le imprese coesive, sono evidenti. Sulla crescita dimensionale (per il 2023 sono il 55,3% quelle che stimano aumenti di fatturato rispetto al 2022, contro il 42,3% delle altre), per l’occupazione (34,1% di indicazioni di incremento nel 2023 rispetto al 24,8% delle altre imprese) e per le esportazioni (42,7% contro 32,5%). E questi andamenti distintivi si confermano anche per le previsioni 2024.

Il Rapporto Symbola conferma la propensione al “green” delle imprese coesive, tra le quali quasi due su tre hanno investito o investiranno in sostenibilità ambientale (62,1%, mentre per le altre imprese il valore è 33,2%) e che nel 16,9% (altre imprese: 8,8%) hanno messo in atto attività di rendicontazione di sostenibilità (bilancio sociale, di sostenibilità, rating ESG, ecc.).

Anche dal punto di vista della transizione digitale, le imprese coesive nel 46,9% dei casi hanno adottato o stanno adottando tecnologie digitali nel periodo 2022-2024 (la quota è del 24,4% nelle altre imprese) e in tre casi su quattro hanno introdotto o stanno introducendo nello stesso periodo innovazioni (nelle altre imprese non si arriva alla metà del totale).

Le imprese coesive “credono più delle altre nel nostro Paese: se guardiamo al backshoring, misurato attraverso la crescita della quota di fornitori italiani locali o extraregionali, nei prossimi tre anni riguarderà il 26,4% delle imprese coesive rispetto al 19,5% delle altre. E l’alta qualità dei prodotti è ancor più che per le altre imprese il principale criterio di selezione dei fornitori (83,8% contro 76,9%)”.

Con i suoi numeri e le sue storie – sostiene Realacci – “questo Rapporto conferma, come afferma il Manifesto di Assisi, che ‘non c’è nulla di sbagliato in Italia che non possa essere corretto con quanto di giusto c’è in Italia’ e che la coesione è essenziale per costruire un’economia e una società più a misura d’uomo e per questo più capace di futuro”.

(Foto Getty images)

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