Accedi all’Archivio online
Esplora l’Archivio online per trovare fonti e materiali. Seleziona la tipologia di supporto documentale che più ti interessa e inserisci le parole chiave della tua ricerca.
    Seleziona una delle seguenti categorie:
  • Documenti
  • Fotografie
  • Disegni e manifesti
  • Audiovisivi
  • Pubblicazioni e riviste
  • Tutti
Assistenza alla consultazione
Per richiedere la consultazione del materiale conservato nell’Archivio Storico e nelle Biblioteche della Fondazione Pirelli al fine di studi e ricerche e conoscere le modalità di utilizzo dei materiali per prestiti e mostre, compila il seguente modulo.
Riceverai una mail di conferma dell'avvenuta ricezione della richiesta e sarai ricontattato.
Percorsi Fondazione Pirelli Educational

Seleziona il grado di istruzione della scuola di appartenenza
Back
Scuola Primaria
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.

Dichiaro di avere preso visione dell’informativa relativa al trattamento dei miei dati personali, e autorizzo la Fondazione Pirelli al trattamento dei miei dati personali per l’invio, anche a mezzo e-mail, di comunicazioni relative ad iniziative/convegni organizzati dalla Fondazione Pirelli..

Back
Scuole secondarie di I grado
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.
Back
Scuole secondarie di II grado
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.
Back
Università
Percorsi Fondazione Pirelli Educational

Vuoi organizzare un percorso personalizzato con i tuoi studenti? Per informazioni e prenotazioni scrivi a universita@fondazionepirelli.org

Visita la Fondazione
Per informazioni sulle attività della Fondazione e l’accessiblità agli spazi
contattare il numero 0264423971 o scrivere a visite@fondazionepirelli.org

Tempi di crisi: il ritorno dello Stato e la necessità di non ripetere gli sprechi della spesa pubblica

Le crisi recenti, dalla pandemia da Covid 19 alla guerra in Ucraina, dai disastri ambientali alle difficoltà delle economie globali tra recessione, aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime e carenze di beni intermedi (i microchip) e di efficienze logistiche (le strozzature dei trasporti marittimi) hanno riportato in primo piano il peso e il ruolo degli Stati nazionali. Il globalismo, come ideologia del primato dei mercati, sembra entrato in un cono d’ombra. Gli interessi delle nazioni tornano in primo piano. Si avverte l’eco di valori e interessi che vengono dai secoli dei nazionalismo, che si amplificano con le sonorità stridenti del sovranismo. E tutto il mondo entra in fibrillazione, sotto l’onda d’urto degli squilibri multipolari. Tensioni geopolitiche nuove appesantiscono antichi conflitti. E ambiziosi protagonismi mettono sotto stress relazioni economiche, commerciali e sociali che avevano segnato gli scenari internazionali degli ultimi trent’anni. Siamo, insomma, nel cuore di una drammatica “età dell’incertezza”. In cui non si intravvedono risposte chiare, rassicuranti.

Si pone qui, in termini nuovi, anche un’altra delle grandi questioni che hanno occupato il dibattito politico contemporaneo, quella delle relazioni tra Stato e mercato, nel ripensamento critico che coinvolge la letteratura politica ed economica soprattutto delle democrazie occidentali.

Oggi la riflessione, in estrema sintesi, ci obbliga a parlare di necessità di avere contemporaneamente “più Stato” e “più mercato”, nel senso di uno Stato migliore, più giusto ed efficiente nell’uso produttivo della spesa pubblica per investimenti e della leva fiscale come stimolo e riequilibrio e di un mercato aperto e ben regolato, capace di fare vivere intraprendenza, concorrenza, merito, razionale impiego delle risorse per la crescita delle imprese e lo sviluppo economico e – qui si ritorna allo Stato – per la diffusione del benessere sociale.

Per capire meglio e guardare in profondità anche all’attuale situazione italiana, ci si può affidare alle sapienti pagine di “Bentornato Stato, ma…” di Giuliano Amato, pubblicato da Il Mulino, uno Stato “immune dai suoi vecchi vizi e lontano, in ogni circostanza, dall’hybris dell’accentramento autoritario”. Amato, infatti, è uomo di studi e di governo, ha l’esperienza lunga della politica vissuta da protagonista, la competenza del civil servant (da ex presidente dell’Autorità Antitrust) e la solidità della conoscenza del grande giurista (è stato appena eletto presidente della Corte Costituzionale). E spiega che il ritorno dell’intervento pubblico, appunto in stagioni di grandi e drammatiche crisi quali quelle che stiamo vivendo e di cui abbiamo detto all’inizio, deve sapere resistere alle pressioni di clientele, corporazioni e potenti gruppi di interesse (multinazionali high tech comprese) e fare scelte strategiche per indirizzare le risorse disponibili verso fini di interesse generale, comune.

Non uno “Stato provvidenza” prigioniero delle spinte alla continuazione della spesa pubblica clientelare (aggravando le politiche dell’espansione del debito pubblico, inaugurate già negli anni Ottanta, frenate dai vincoli per l’ingresso nell’euro e poi riesplose con recenti provvedimenti improduttivi, come il reddito di cittadinanza e “quota cento” per mandare costosamente in pensione anticipata centinaia di migliaia di persone) né uno Stato gestore diretto di imprese economiche (se non in condizioni transitorie di emergenza) ma uno Stato capace di “bilanciare” le pressioni contingenti e di definire le priorità delle scelte politiche sia nel tempo immediato della crisi sia nel tempo lungo delle strategie di ripresa.

Nel libro di Amato si individua bene un rischio: quello di approfittare dell’occasione offerta dalle ingenti risorse messe a disposizione dal Pnrr secondo le indicazioni del Recovery Plan Next Generation della Ue per piegare la spesa pubblica alle distorte funzioni di ricostruzione e rafforzamento del consenso per forze politiche spregiudicate, inclini all’assistenzialismo. E, ben consapevole delle logiche e della culture della Ue, Amato ricorda come l’attuale marginalità dell’ortodossia ordoliberista e dell’ossessione ideologica per il pareggio di bilancio dei singoli paesi Ue non sia affatto il “via libera” alla spesa pubblica fuori controllo ma, semmai, implichi una nuova cultura politica della spesa stessa. Per investimenti produttivi e non per affari correnti (di corporazioni e clientele, appunto). Sulla scia della lungimirante indicazione di Mario Draghi, da ex presidente della Bce, sulla differenza tra “debito buono” e “debito cattivo”. Una indicazione strategica responsabile di straordinario valore proprio in queste nostri mesi di crisi e tempeste di guerra.

Il rilancio della Ue e della sua vitale esigenze di autonomia e sicurezza strategica sotto l’assalto degli autoritarismi, si fonda sui pilastri della politica estera e della difesa comune, dell’energia e della ricerca scientifica e tecnologica. E chiede politiche straordinarie di investimento. Con un coordinamento tra gli Stati e le strutture di un ordinamento sovranazionale qual è, appunto, la Ue, per contribuire a un “New global Order”. Una responsabilità “pubblica” che lega democrazia liberale ed economia di mercato.

C’è, insomma, nell’ottimo libro di Amato, un’idea chiara dei valori della “lungimiranza della politica” e di una “democrazia governante”. E si delinea un buon orizzonte per riaffermare il primato e i valori della democrazia, sfidata dagli autoritarismi. E una pratica che dà spazio e ruolo alle forze sociali e alle loro rappresentanze, ai “corpi intermedi” su cui si articola la democrazia liberale.

Le crisi recenti, dalla pandemia da Covid 19 alla guerra in Ucraina, dai disastri ambientali alle difficoltà delle economie globali tra recessione, aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime e carenze di beni intermedi (i microchip) e di efficienze logistiche (le strozzature dei trasporti marittimi) hanno riportato in primo piano il peso e il ruolo degli Stati nazionali. Il globalismo, come ideologia del primato dei mercati, sembra entrato in un cono d’ombra. Gli interessi delle nazioni tornano in primo piano. Si avverte l’eco di valori e interessi che vengono dai secoli dei nazionalismo, che si amplificano con le sonorità stridenti del sovranismo. E tutto il mondo entra in fibrillazione, sotto l’onda d’urto degli squilibri multipolari. Tensioni geopolitiche nuove appesantiscono antichi conflitti. E ambiziosi protagonismi mettono sotto stress relazioni economiche, commerciali e sociali che avevano segnato gli scenari internazionali degli ultimi trent’anni. Siamo, insomma, nel cuore di una drammatica “età dell’incertezza”. In cui non si intravvedono risposte chiare, rassicuranti.

Si pone qui, in termini nuovi, anche un’altra delle grandi questioni che hanno occupato il dibattito politico contemporaneo, quella delle relazioni tra Stato e mercato, nel ripensamento critico che coinvolge la letteratura politica ed economica soprattutto delle democrazie occidentali.

Oggi la riflessione, in estrema sintesi, ci obbliga a parlare di necessità di avere contemporaneamente “più Stato” e “più mercato”, nel senso di uno Stato migliore, più giusto ed efficiente nell’uso produttivo della spesa pubblica per investimenti e della leva fiscale come stimolo e riequilibrio e di un mercato aperto e ben regolato, capace di fare vivere intraprendenza, concorrenza, merito, razionale impiego delle risorse per la crescita delle imprese e lo sviluppo economico e – qui si ritorna allo Stato – per la diffusione del benessere sociale.

Per capire meglio e guardare in profondità anche all’attuale situazione italiana, ci si può affidare alle sapienti pagine di “Bentornato Stato, ma…” di Giuliano Amato, pubblicato da Il Mulino, uno Stato “immune dai suoi vecchi vizi e lontano, in ogni circostanza, dall’hybris dell’accentramento autoritario”. Amato, infatti, è uomo di studi e di governo, ha l’esperienza lunga della politica vissuta da protagonista, la competenza del civil servant (da ex presidente dell’Autorità Antitrust) e la solidità della conoscenza del grande giurista (è stato appena eletto presidente della Corte Costituzionale). E spiega che il ritorno dell’intervento pubblico, appunto in stagioni di grandi e drammatiche crisi quali quelle che stiamo vivendo e di cui abbiamo detto all’inizio, deve sapere resistere alle pressioni di clientele, corporazioni e potenti gruppi di interesse (multinazionali high tech comprese) e fare scelte strategiche per indirizzare le risorse disponibili verso fini di interesse generale, comune.

Non uno “Stato provvidenza” prigioniero delle spinte alla continuazione della spesa pubblica clientelare (aggravando le politiche dell’espansione del debito pubblico, inaugurate già negli anni Ottanta, frenate dai vincoli per l’ingresso nell’euro e poi riesplose con recenti provvedimenti improduttivi, come il reddito di cittadinanza e “quota cento” per mandare costosamente in pensione anticipata centinaia di migliaia di persone) né uno Stato gestore diretto di imprese economiche (se non in condizioni transitorie di emergenza) ma uno Stato capace di “bilanciare” le pressioni contingenti e di definire le priorità delle scelte politiche sia nel tempo immediato della crisi sia nel tempo lungo delle strategie di ripresa.

Nel libro di Amato si individua bene un rischio: quello di approfittare dell’occasione offerta dalle ingenti risorse messe a disposizione dal Pnrr secondo le indicazioni del Recovery Plan Next Generation della Ue per piegare la spesa pubblica alle distorte funzioni di ricostruzione e rafforzamento del consenso per forze politiche spregiudicate, inclini all’assistenzialismo. E, ben consapevole delle logiche e della culture della Ue, Amato ricorda come l’attuale marginalità dell’ortodossia ordoliberista e dell’ossessione ideologica per il pareggio di bilancio dei singoli paesi Ue non sia affatto il “via libera” alla spesa pubblica fuori controllo ma, semmai, implichi una nuova cultura politica della spesa stessa. Per investimenti produttivi e non per affari correnti (di corporazioni e clientele, appunto). Sulla scia della lungimirante indicazione di Mario Draghi, da ex presidente della Bce, sulla differenza tra “debito buono” e “debito cattivo”. Una indicazione strategica responsabile di straordinario valore proprio in queste nostri mesi di crisi e tempeste di guerra.

Il rilancio della Ue e della sua vitale esigenze di autonomia e sicurezza strategica sotto l’assalto degli autoritarismi, si fonda sui pilastri della politica estera e della difesa comune, dell’energia e della ricerca scientifica e tecnologica. E chiede politiche straordinarie di investimento. Con un coordinamento tra gli Stati e le strutture di un ordinamento sovranazionale qual è, appunto, la Ue, per contribuire a un “New global Order”. Una responsabilità “pubblica” che lega democrazia liberale ed economia di mercato.

C’è, insomma, nell’ottimo libro di Amato, un’idea chiara dei valori della “lungimiranza della politica” e di una “democrazia governante”. E si delinea un buon orizzonte per riaffermare il primato e i valori della democrazia, sfidata dagli autoritarismi. E una pratica che dà spazio e ruolo alle forze sociali e alle loro rappresentanze, ai “corpi intermedi” su cui si articola la democrazia liberale.

CIAO, COME POSSO AIUTARTI?