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Territori d’impresa e non solo

Un nuovo contributo di Aldo Bonomi aiuta a capire sempre meglio cosa si muove tra società ed economia

 

Distretti prima, territori complessi dopo, “bioregioni urbane” adesso. Lo sforzo di comprensione di ciò che è accaduto e sta accadendo oggi, porta gli osservatori attenti ad approfondire modelli che sappiano spiegare la realtà con un senso compiuto. Esercizio non solo teorico, quello di capire i movimenti sociali ed economici nei territori. Sforzo di comprensione utile anche a chi fa impresa – imprenditore o manager che sia -, e cioè a chi ogni giorno deve confrontarsi (o scontrarsi) con ciò che è fuori (ma anche dentro) le fabbriche oppure gli uffici.

Per chi è impegnato nel complesso percorso che porta a capire meglio la realtà, fa bene leggere una delle ultime analisi di Aldo Bonomi – “Dai distretti sociali alle bioregioni urbane” -, che parte dai microcosmi individuati qualche anno fa e arriva, come dice il titolo stesso del suo intervento, alle “bioregioni” passando, appunto, per i distretti.

Bonomi, prima di tutto, approfondisce proprio l’idea di distretto,  e il suo forse eccessivo uso, per collegarla poi all’emergere del welfare come nuovi modello di sviluppo e di risposta alle difficoltà dell’economia e della società in generale. Distretto, dunque, come luogo fisico e non, dove “organizzare consapevolmente le aspirazioni comunitarie” avendo chiara l’importanza dei criteri umanistici da mettere in pratica. Qui, nell’analisi di Bonomi concetti come quello di sussidiarietà e “intelligenza comunitaria” calzano bene per sintetizzare le caratteristiche dei distretti.

Distretti, dunque, e poi piattaforme territoriali come sintesi di produzione ed “estrazione di valore”. Teorie che, lo scrive lo stesso Bonomi, si confrontano continuamente con “l’esperienza concreta sul campo” che può dare origine  anche ad “elementi di contrapposizione intrecciati a forma di cooptazione”.

Complessità, quindi, che comunque la fa da padrona. E territorio da assumere “come bene comune e capitale sociale”. Territorio che, con i distretti, è animato dall’ascolto, dalla presenza di attori specializzati, di luoghi riconoscibili, di tempi d’azione determinati. Ambiti in cui, sottolinea Bonomi, sempre di più il sociale prende spazio e autorevolezza. Un sociale che si inserisce tra welfare, produzione e politica e che può rappresentare una provocazione positiva un po’ per tutti, anche per la buona cultura d’impresa.

Leggere Aldo Bonomi è sempre qualcosa di impegnativo, ma anche di assolutamente utile e importante.

Dai distretti sociali alle bioregioni urbane

Aldo Bonomi

UP Best Practice in Scholarly Publishing (DOI 10.36253/fup_best_practice)

Aldo Bonomi, Dai distretti sociali alle bioregioni urbane, pp. 115-127, 2023

Un nuovo contributo di Aldo Bonomi aiuta a capire sempre meglio cosa si muove tra società ed economia

 

Distretti prima, territori complessi dopo, “bioregioni urbane” adesso. Lo sforzo di comprensione di ciò che è accaduto e sta accadendo oggi, porta gli osservatori attenti ad approfondire modelli che sappiano spiegare la realtà con un senso compiuto. Esercizio non solo teorico, quello di capire i movimenti sociali ed economici nei territori. Sforzo di comprensione utile anche a chi fa impresa – imprenditore o manager che sia -, e cioè a chi ogni giorno deve confrontarsi (o scontrarsi) con ciò che è fuori (ma anche dentro) le fabbriche oppure gli uffici.

Per chi è impegnato nel complesso percorso che porta a capire meglio la realtà, fa bene leggere una delle ultime analisi di Aldo Bonomi – “Dai distretti sociali alle bioregioni urbane” -, che parte dai microcosmi individuati qualche anno fa e arriva, come dice il titolo stesso del suo intervento, alle “bioregioni” passando, appunto, per i distretti.

Bonomi, prima di tutto, approfondisce proprio l’idea di distretto,  e il suo forse eccessivo uso, per collegarla poi all’emergere del welfare come nuovi modello di sviluppo e di risposta alle difficoltà dell’economia e della società in generale. Distretto, dunque, come luogo fisico e non, dove “organizzare consapevolmente le aspirazioni comunitarie” avendo chiara l’importanza dei criteri umanistici da mettere in pratica. Qui, nell’analisi di Bonomi concetti come quello di sussidiarietà e “intelligenza comunitaria” calzano bene per sintetizzare le caratteristiche dei distretti.

Distretti, dunque, e poi piattaforme territoriali come sintesi di produzione ed “estrazione di valore”. Teorie che, lo scrive lo stesso Bonomi, si confrontano continuamente con “l’esperienza concreta sul campo” che può dare origine  anche ad “elementi di contrapposizione intrecciati a forma di cooptazione”.

Complessità, quindi, che comunque la fa da padrona. E territorio da assumere “come bene comune e capitale sociale”. Territorio che, con i distretti, è animato dall’ascolto, dalla presenza di attori specializzati, di luoghi riconoscibili, di tempi d’azione determinati. Ambiti in cui, sottolinea Bonomi, sempre di più il sociale prende spazio e autorevolezza. Un sociale che si inserisce tra welfare, produzione e politica e che può rappresentare una provocazione positiva un po’ per tutti, anche per la buona cultura d’impresa.

Leggere Aldo Bonomi è sempre qualcosa di impegnativo, ma anche di assolutamente utile e importante.

Dai distretti sociali alle bioregioni urbane

Aldo Bonomi

UP Best Practice in Scholarly Publishing (DOI 10.36253/fup_best_practice)

Aldo Bonomi, Dai distretti sociali alle bioregioni urbane, pp. 115-127, 2023

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