Torna la voglia di fare impresa: ecco le start up dei giovani intraprendenti
E’ una stagione di passaggio, quella che stiamo vivendo: tra la coda lunga della crisi, con gli effetti negativi su lavoro, redditi e consumi, e i segnali, pur timidi, di ripresa. Stagione di selezioni: la crisi, rispettando la sua etimologia, sceglie e separa. E stagione di opportunità: chi ha retto, crescerà più forte. Di sicuro si sa che “rispunta la voglia di fare impresa”, per dirla con il titolo che Il Sole 24Ore (4 febbraio) dedica alle rilevazioni di Unioncamere sull’andamento delle imprese, registrando le differenze tra aperture e chiusure. Il saldo, infatti, è positivo, per 30.718 unità (370.979 le nuove iscrizioni, 340.261 le cessazioni). Un’impennata, dopo le 12mila del 2013. “I segnali che vengono dall’economia reale indicano che, a differenza delle tante false partenze registrate negli ani scorsi, stavolta forse siamo davanti a una reale opportunità di invertire la rotta”, commenta Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere.
Più imprese. E più solide, visto che aumentano le società di capitali (il saldo attivo è di 47.500 imprese) e diminuiscono le società di persone e le imprese individuali. Un buon segno di maturità imprenditoriale, un maggior legame con una più sofisticata cultura d’impresa di mercato. Le società di capitali, infatti, possono attrarre più facilmente nuovi investitori finanziari e rivelano una propensione all’intraprendere fuori dai vecchi costumi d’un capitalismo molto individualista e, quando familiare, con venature di familismo (la famiglia che si chiude nei riti e dei miti della proprietà assoluta…).
Imprese di giovani intraprendenti, in gran parte. O di tecnici, manager e professionisti che, espulsi o usciti dalla dimensione del lavoro dipendente o della consulenza strutturata in grandi società, sperimentano (con tutti i rischi connessi) le possibilità del fare gli imprenditori. Società in movimento, comunque. Un buon segno. Cui fa eco anche l’Espresso, con una inchiesta sul mondo delle start up italiane. “Chi riaccende l’Italia”, è il titolo: “Centinaia di start up che mescolano creatività e tecnologia. Nate in tutto il paese, da Nord a Sud. Grazie a ragazze e ragazzi che hanno deciso di non andare all’estero. E già danno lavoro a tantissimi coetanei. Una sfida per loro, una speranza per tutti”. Anche questo è un buon segnale sulla strada che porta alla ripresa.
E’ una stagione di passaggio, quella che stiamo vivendo: tra la coda lunga della crisi, con gli effetti negativi su lavoro, redditi e consumi, e i segnali, pur timidi, di ripresa. Stagione di selezioni: la crisi, rispettando la sua etimologia, sceglie e separa. E stagione di opportunità: chi ha retto, crescerà più forte. Di sicuro si sa che “rispunta la voglia di fare impresa”, per dirla con il titolo che Il Sole 24Ore (4 febbraio) dedica alle rilevazioni di Unioncamere sull’andamento delle imprese, registrando le differenze tra aperture e chiusure. Il saldo, infatti, è positivo, per 30.718 unità (370.979 le nuove iscrizioni, 340.261 le cessazioni). Un’impennata, dopo le 12mila del 2013. “I segnali che vengono dall’economia reale indicano che, a differenza delle tante false partenze registrate negli ani scorsi, stavolta forse siamo davanti a una reale opportunità di invertire la rotta”, commenta Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere.
Più imprese. E più solide, visto che aumentano le società di capitali (il saldo attivo è di 47.500 imprese) e diminuiscono le società di persone e le imprese individuali. Un buon segno di maturità imprenditoriale, un maggior legame con una più sofisticata cultura d’impresa di mercato. Le società di capitali, infatti, possono attrarre più facilmente nuovi investitori finanziari e rivelano una propensione all’intraprendere fuori dai vecchi costumi d’un capitalismo molto individualista e, quando familiare, con venature di familismo (la famiglia che si chiude nei riti e dei miti della proprietà assoluta…).
Imprese di giovani intraprendenti, in gran parte. O di tecnici, manager e professionisti che, espulsi o usciti dalla dimensione del lavoro dipendente o della consulenza strutturata in grandi società, sperimentano (con tutti i rischi connessi) le possibilità del fare gli imprenditori. Società in movimento, comunque. Un buon segno. Cui fa eco anche l’Espresso, con una inchiesta sul mondo delle start up italiane. “Chi riaccende l’Italia”, è il titolo: “Centinaia di start up che mescolano creatività e tecnologia. Nate in tutto il paese, da Nord a Sud. Grazie a ragazze e ragazzi che hanno deciso di non andare all’estero. E già danno lavoro a tantissimi coetanei. Una sfida per loro, una speranza per tutti”. Anche questo è un buon segnale sulla strada che porta alla ripresa.