Un nuovo premio per i libri per ragazzi, perché leggere diverte e migliora la vita
Per parlare, ancora una volta, del piacere e dell’importanza della lettura si può ricordare una frase famosa di Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5mila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la letteratura è un’immortalità all’indietro”. Anche una sfida al futuro rispetto al tempo finito dell’uomo, perché scrivere e leggere fanno vivere il racconto molto al di là della vita dei narratori e dei personaggi. Costruiscono ricordi. Fanno volare i pensieri. Intessono trame dell’immaginazione.
Leggere, insomma, è un gioco fantastico.
Ecco perché vale davvero la pena mettere in campo e sostenere iniziative capaci di fare vivere i libri nelle mani di bambine e bambini, abituare alla lettura le persone fin dalla più tenera età, affiancare il piacere della letteratura alle tante attività digitali che affascinano le nuove generazioni.
Lo hanno fatto la Fondazione Campiello e le biblioteche Pirelli, lanciando il Premio Campiello Junior, destinato a premiare libri per bambini e ragazzi dai 10 ai 14 anni d’età. La selezione delle tre opere finaliste (su una novantina di libri candidati e una quarantina sottoposti alla giuria presieduta dallo scrittore Roberto Piumini e composta da Chiara Lagani, Martino Negri, Michela Possamai e David Tolin) è stata fatta il 10 dicembre scorso a Milano. Eccole: “Un pinguino a Trieste” di Chiara Carminati (Bompiani), “La scatola dei sogni” di Guido Quarzo e Anna Vivarelli (Editoriale Scienza) e “Questa notte non torno” di Antonella Sbuelz (Feltrinelli). A scegliere il vincitore sarà una giuria popolare (secondo le regole storiche del Premio Campiello) composta da 160 ragazze e ragazzi di scuole elementari e medie di tutta Italia.
Sostiene Enrico Carraro, presidente del Campiello e di Confindustria Veneto: “Con la Fondazione Pirelli abbiamo istituito questo premio per valorizzare, ancora una volta, il talento degli scrittori e diffondere la lettura tra i ragazzi. Un nuovo progetto che conferma l’impegno degli imprenditori veneti per le attività culturali e dunque per lo sviluppo del Paese”. E, a giudizio della Fondazione Pirelli, “il nostro sostegno al Premio Campiello Junior intende stimolare la scrittura di libri per le bambine e i bambini, come strumenti che migliorano il piacere della scoperta, la conoscenza, la qualità della vita. E rientra nelle tante iniziative lanciate nel corso della nostra storia per le biblioteche aziendali, la diffusione della cultura, l’affermazione di una ‘civiltà del libro’ come parte indispensabile di una cittadinanza responsabile fin dalla più giovane età”.
C’è dunque, per il mondo industriale, tra il Nord Est e Milano, la conferma di un’idea che è maturata nel tempo e oggi trova nuova forza: fare impresa significa insistere sulla conoscenza e dunque sulla qualità della scrittura e della lettura. E coinvolgere proprio le nuove generazioni in questo processo che lega il piacere del leggere alla crescita della consapevolezza culturale, il gioco dell’avventura letteraria alla scoperta delle tante dimensioni dei romanzi e della storia, della poesia e della scienza.
Fare impresa, infatti, soprattutto in Italia, significa lavorare lungo le dimensioni della memoria e dell’innovazione, di una “cultura politecnica” che lega i saperi umanistici alle conoscenze scientifiche, la filosofia alle evoluzioni delle tecnologie, l’invenzione alla realizzazione delle scoperte, la creatività all’attitudine a elaborare nuovi equilibri economici e sociali. E dunque, sulla capacità di “fare cose belle che piacciono al mondo” (appunto la caratteristica del miglior made in Italy), costruisce un nuovo e migliore racconto del nostro Paese.
Con i racconti, si impara, si cresce, ci si diverte. Nel racconto, si mettono i mattoni più solidi di una robusta e radicata cultura civile, di comunità. E’ il nostro “umanesimo industriale”. E la buona lettura ne è parte fondamentale.
Roberto Piumini, da generoso scrittore di libri per bambini e, da presidente della giuria del Campiello Junior, aggiunge alcune considerazioni fondamentali: “Chi scrive per ragazzi, chi stampa libri per ragazzi, chi promuove o premia la letteratura per ragazzi, compie qualcosa di molto più complesso, meritevole e rischioso di altri tipi di scrittura, edizione e promozione. Perché non si tratta, con questi lettori, di trasmettere temi esistenziali, culturali, o emozioni da collocare nella memoria, nel sistema di un gusto letterario, ma di dare linguaggio, parola conoscitiva ed emozionale: dare parola nel senso antropologicamente più denso e delicato. Scrivere, pubblicare, promuovere narrazione per ragazzi, vuol dire fornire modi di conoscenza, affettività, identità, immaginazione e scopo. Questo non si risolve, come nella letteratura dei tempi andati, con la descrizione di esempi e modelli, o la sapienza minacciosa delle esortazioni, ma col dono di un linguaggio ricco, che gioca e invita, creativamente ed energicamente, alla varietà e alla possibilità del mondo”.
C’è anche, nel giudizio di Piumini, una interessante indicazione della giuria del Campiello Junior, per il futuro: “Ci è sembrato, seguendo l’idea di una proposta di parola vivibile non solo nell’esperienza letteraria individuale, ma in situazioni espressive sociali, che un premio come questo dovrebbe estendersi, come stimolo sia alla produzione che all’edizione, ad altre forme di narrazione, come la poesia narrativa e la scrittura teatrale. Per quanto poco presenti nel panorama editoriale, questi due modi, per il pubblico a cui si rivolge e la natura orale e corale che è loro propria, farebbero buon completamento con la proposta del romanzo”.
Un’idea interessante. Per continuare, già da bambini, con romanzi, poesie e teatro, a “vivere altre vite, altri mondi”. Si ritorna, così, alla lezione di Eco.
Per parlare, ancora una volta, del piacere e dell’importanza della lettura si può ricordare una frase famosa di Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5mila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la letteratura è un’immortalità all’indietro”. Anche una sfida al futuro rispetto al tempo finito dell’uomo, perché scrivere e leggere fanno vivere il racconto molto al di là della vita dei narratori e dei personaggi. Costruiscono ricordi. Fanno volare i pensieri. Intessono trame dell’immaginazione.
Leggere, insomma, è un gioco fantastico.
Ecco perché vale davvero la pena mettere in campo e sostenere iniziative capaci di fare vivere i libri nelle mani di bambine e bambini, abituare alla lettura le persone fin dalla più tenera età, affiancare il piacere della letteratura alle tante attività digitali che affascinano le nuove generazioni.
Lo hanno fatto la Fondazione Campiello e le biblioteche Pirelli, lanciando il Premio Campiello Junior, destinato a premiare libri per bambini e ragazzi dai 10 ai 14 anni d’età. La selezione delle tre opere finaliste (su una novantina di libri candidati e una quarantina sottoposti alla giuria presieduta dallo scrittore Roberto Piumini e composta da Chiara Lagani, Martino Negri, Michela Possamai e David Tolin) è stata fatta il 10 dicembre scorso a Milano. Eccole: “Un pinguino a Trieste” di Chiara Carminati (Bompiani), “La scatola dei sogni” di Guido Quarzo e Anna Vivarelli (Editoriale Scienza) e “Questa notte non torno” di Antonella Sbuelz (Feltrinelli). A scegliere il vincitore sarà una giuria popolare (secondo le regole storiche del Premio Campiello) composta da 160 ragazze e ragazzi di scuole elementari e medie di tutta Italia.
Sostiene Enrico Carraro, presidente del Campiello e di Confindustria Veneto: “Con la Fondazione Pirelli abbiamo istituito questo premio per valorizzare, ancora una volta, il talento degli scrittori e diffondere la lettura tra i ragazzi. Un nuovo progetto che conferma l’impegno degli imprenditori veneti per le attività culturali e dunque per lo sviluppo del Paese”. E, a giudizio della Fondazione Pirelli, “il nostro sostegno al Premio Campiello Junior intende stimolare la scrittura di libri per le bambine e i bambini, come strumenti che migliorano il piacere della scoperta, la conoscenza, la qualità della vita. E rientra nelle tante iniziative lanciate nel corso della nostra storia per le biblioteche aziendali, la diffusione della cultura, l’affermazione di una ‘civiltà del libro’ come parte indispensabile di una cittadinanza responsabile fin dalla più giovane età”.
C’è dunque, per il mondo industriale, tra il Nord Est e Milano, la conferma di un’idea che è maturata nel tempo e oggi trova nuova forza: fare impresa significa insistere sulla conoscenza e dunque sulla qualità della scrittura e della lettura. E coinvolgere proprio le nuove generazioni in questo processo che lega il piacere del leggere alla crescita della consapevolezza culturale, il gioco dell’avventura letteraria alla scoperta delle tante dimensioni dei romanzi e della storia, della poesia e della scienza.
Fare impresa, infatti, soprattutto in Italia, significa lavorare lungo le dimensioni della memoria e dell’innovazione, di una “cultura politecnica” che lega i saperi umanistici alle conoscenze scientifiche, la filosofia alle evoluzioni delle tecnologie, l’invenzione alla realizzazione delle scoperte, la creatività all’attitudine a elaborare nuovi equilibri economici e sociali. E dunque, sulla capacità di “fare cose belle che piacciono al mondo” (appunto la caratteristica del miglior made in Italy), costruisce un nuovo e migliore racconto del nostro Paese.
Con i racconti, si impara, si cresce, ci si diverte. Nel racconto, si mettono i mattoni più solidi di una robusta e radicata cultura civile, di comunità. E’ il nostro “umanesimo industriale”. E la buona lettura ne è parte fondamentale.
Roberto Piumini, da generoso scrittore di libri per bambini e, da presidente della giuria del Campiello Junior, aggiunge alcune considerazioni fondamentali: “Chi scrive per ragazzi, chi stampa libri per ragazzi, chi promuove o premia la letteratura per ragazzi, compie qualcosa di molto più complesso, meritevole e rischioso di altri tipi di scrittura, edizione e promozione. Perché non si tratta, con questi lettori, di trasmettere temi esistenziali, culturali, o emozioni da collocare nella memoria, nel sistema di un gusto letterario, ma di dare linguaggio, parola conoscitiva ed emozionale: dare parola nel senso antropologicamente più denso e delicato. Scrivere, pubblicare, promuovere narrazione per ragazzi, vuol dire fornire modi di conoscenza, affettività, identità, immaginazione e scopo. Questo non si risolve, come nella letteratura dei tempi andati, con la descrizione di esempi e modelli, o la sapienza minacciosa delle esortazioni, ma col dono di un linguaggio ricco, che gioca e invita, creativamente ed energicamente, alla varietà e alla possibilità del mondo”.
C’è anche, nel giudizio di Piumini, una interessante indicazione della giuria del Campiello Junior, per il futuro: “Ci è sembrato, seguendo l’idea di una proposta di parola vivibile non solo nell’esperienza letteraria individuale, ma in situazioni espressive sociali, che un premio come questo dovrebbe estendersi, come stimolo sia alla produzione che all’edizione, ad altre forme di narrazione, come la poesia narrativa e la scrittura teatrale. Per quanto poco presenti nel panorama editoriale, questi due modi, per il pubblico a cui si rivolge e la natura orale e corale che è loro propria, farebbero buon completamento con la proposta del romanzo”.
Un’idea interessante. Per continuare, già da bambini, con romanzi, poesie e teatro, a “vivere altre vite, altri mondi”. Si ritorna, così, alla lezione di Eco.