Una “calandretta” dei primi del Novecento in Hq: memoria delle macchine e attualità dell’industria
Una macchina industriale del primo Novecento tra il vetro, l’acciaio e il cemento degli uffici modernissimi dell’Headquarters di Pirelli. Un mescolatore e una piccola calandra, una “calandretta“, a un passo da schermi hi tech, macchinari da laboratorio e scrivanie. Memorie di fabbrica, nello spazio contemporaneo d’una multinazionale. Non un monumento. Ma la testimonianza d’una cultura di straordinaria attualità. Ha sempre l’anima di fabbrica, infatti, la Pirelli. Vengono dalle fabbriche, la sua forza, la sua ricchezza, il suo futuro. Anche adesso, in tempi di grandi trasformazioni, in cui la manifattura diventa digitale, robot e computer connessi in rete hanno funzioni chiave nella produzione, gli operai e i tecnici mutano e accrescono competenze e responsabilità, laboratori di ricerca e servizi si connettono in modi originali alle strutture dei prodotti. Industry4.0 o digital manifacturing, si dice nel linguaggio corrente. Fabbrica, comunque o almeno neo-fabbrica. In una evoluzione che è sempre stata la connotazione dell’attività manifatturiera.
Ecco perché questa macchina sta qui, nell’atrio grande dell’Hq Pirelli in Bicocca, davanti alla Torre di Raffreddamento diventata auditorium, sale riunioni e centri d’incontro, a un passo dalla biblioteca aziendale. Ed è ben visibile da tutti gli uffici che, per dieci piani, affiancano su tre lati la Torre, diventata landmark essenziale delle trasformazioni di Milano. Sta qui per ricordare una vera e propria civiltà delle macchine. E delle persone addette. Una cultura sempre innovativa dell’industria e del lavoro.
Adesso il mescolatore-calandretta è in mostra al pubblico sabato 4 marzo, in occasione di MuseoCity (manifestazione diffusa che coinvolgerà il mondo dei Musei, degli archivi, delle case museo, degli atelier, degli artisti, valorizzandone Ia funzione culturale e favorendo la conoscenza del loro straordinario patrimonio) accanto ad una fotografia storica: “L’uscita delle maestranze Pirelli dallo stabilimento di via Ponte Seveso” di Luca Comerio, pioniere della fotografia e del cinema. Ed è un’opera dalle dimensioni straordinarie 245 cm x 150 cm realizzata con tecniche all’avanguardia e un prodotto per l’epoca straordinariamente innovativo. Era innovazione, fin dalla nascita, la fabbrica Pirelli. E innovativa la sua rappresentazione. Nella città che appunto all’inizio del Novecento è stata protagonista del massimo dell’innovazione nazionale in chiave europea (un’attitudine che Milano metropoli mantiene ancora, proprio grazie alle sue imprese).
Guardiamo meglio la macchina, per capirne di più (le informazioni sono state raccolte da Daniele Pirola, tra l’Archivio Storico della Fondazione Pirelli e le testimonianze dei tecnici memori dell’attività del vecchio stabilimento Pirelli in via Brescia a Settimo Torinese, chiuso dopo più di mezzo secolo di vita, tra il 2009 e il 2010. per cedere il passo al Polo Industriale progettato da Renzo Piano).
Il macchinario è probabilmente una combinazione tra un mescolatore (due cilindri orizzontali rotanti in senso contrario) e una calandra (tre cilindri verticali), un assemblaggio di pezzi provenienti, nel tempo, da altre macchine.
Una parte arriva da un vecchio mescolatore Robinson, come quello fotografato nello stabilimento di Ponte Seveso nel 1883. Su una delle due palette verticali che servivano a convogliare la gomma verso i due rulli orizzontali paralleli si può leggere una data, “1888” (o forse “1883”). Il marchio è Farrel Foundry & Machinery, come quello dei macchinari fotografati nella Sala Mescole dello stabilimento di Bicocca del 1922. Un’altra targhetta, sulla parte destra della macchina, riporta lo stemma del Regno d’Italia e la scritta “Esonero 24.12.1910”: forse un certificato fiscale.
La parte di sinistra della macchina è invece una piccola calandra a tre cilindri sovrapposti: si vedono chiaramente i tubi dove scorreva l’acqua calda per riscaldarli. Una serie di ingranaggi serviva a variare la distanza tra loro, mentre la ruota dentata prendeva il movimento dal motore sottostante (dentro la “gabbia” oggi vuota) Qui la targhetta, con marchio a stella e lettere PCM (Pirelli & C. Milano), dice che la macchina fu iscritta nell’elenco Beni Patrimoniali nel 1933. E usata a lungo in Bicocca e poi trasferita a Settimo Torinese quando, nel 1954, fu aperta la fabbrica, e utilizzata come macchinario di laboratorio, date le piccole dimensioni. E lì a Settimo è sempre rimasta, negli anni. Sino a ieri.
Il secolo dell’industria, il Novecento, le è passato accanto. La memoria rimane.
(nella foto un mescolatore Robinson del 1883)
Una macchina industriale del primo Novecento tra il vetro, l’acciaio e il cemento degli uffici modernissimi dell’Headquarters di Pirelli. Un mescolatore e una piccola calandra, una “calandretta“, a un passo da schermi hi tech, macchinari da laboratorio e scrivanie. Memorie di fabbrica, nello spazio contemporaneo d’una multinazionale. Non un monumento. Ma la testimonianza d’una cultura di straordinaria attualità. Ha sempre l’anima di fabbrica, infatti, la Pirelli. Vengono dalle fabbriche, la sua forza, la sua ricchezza, il suo futuro. Anche adesso, in tempi di grandi trasformazioni, in cui la manifattura diventa digitale, robot e computer connessi in rete hanno funzioni chiave nella produzione, gli operai e i tecnici mutano e accrescono competenze e responsabilità, laboratori di ricerca e servizi si connettono in modi originali alle strutture dei prodotti. Industry4.0 o digital manifacturing, si dice nel linguaggio corrente. Fabbrica, comunque o almeno neo-fabbrica. In una evoluzione che è sempre stata la connotazione dell’attività manifatturiera.
Ecco perché questa macchina sta qui, nell’atrio grande dell’Hq Pirelli in Bicocca, davanti alla Torre di Raffreddamento diventata auditorium, sale riunioni e centri d’incontro, a un passo dalla biblioteca aziendale. Ed è ben visibile da tutti gli uffici che, per dieci piani, affiancano su tre lati la Torre, diventata landmark essenziale delle trasformazioni di Milano. Sta qui per ricordare una vera e propria civiltà delle macchine. E delle persone addette. Una cultura sempre innovativa dell’industria e del lavoro.
Adesso il mescolatore-calandretta è in mostra al pubblico sabato 4 marzo, in occasione di MuseoCity (manifestazione diffusa che coinvolgerà il mondo dei Musei, degli archivi, delle case museo, degli atelier, degli artisti, valorizzandone Ia funzione culturale e favorendo la conoscenza del loro straordinario patrimonio) accanto ad una fotografia storica: “L’uscita delle maestranze Pirelli dallo stabilimento di via Ponte Seveso” di Luca Comerio, pioniere della fotografia e del cinema. Ed è un’opera dalle dimensioni straordinarie 245 cm x 150 cm realizzata con tecniche all’avanguardia e un prodotto per l’epoca straordinariamente innovativo. Era innovazione, fin dalla nascita, la fabbrica Pirelli. E innovativa la sua rappresentazione. Nella città che appunto all’inizio del Novecento è stata protagonista del massimo dell’innovazione nazionale in chiave europea (un’attitudine che Milano metropoli mantiene ancora, proprio grazie alle sue imprese).
Guardiamo meglio la macchina, per capirne di più (le informazioni sono state raccolte da Daniele Pirola, tra l’Archivio Storico della Fondazione Pirelli e le testimonianze dei tecnici memori dell’attività del vecchio stabilimento Pirelli in via Brescia a Settimo Torinese, chiuso dopo più di mezzo secolo di vita, tra il 2009 e il 2010. per cedere il passo al Polo Industriale progettato da Renzo Piano).
Il macchinario è probabilmente una combinazione tra un mescolatore (due cilindri orizzontali rotanti in senso contrario) e una calandra (tre cilindri verticali), un assemblaggio di pezzi provenienti, nel tempo, da altre macchine.
Una parte arriva da un vecchio mescolatore Robinson, come quello fotografato nello stabilimento di Ponte Seveso nel 1883. Su una delle due palette verticali che servivano a convogliare la gomma verso i due rulli orizzontali paralleli si può leggere una data, “1888” (o forse “1883”). Il marchio è Farrel Foundry & Machinery, come quello dei macchinari fotografati nella Sala Mescole dello stabilimento di Bicocca del 1922. Un’altra targhetta, sulla parte destra della macchina, riporta lo stemma del Regno d’Italia e la scritta “Esonero 24.12.1910”: forse un certificato fiscale.
La parte di sinistra della macchina è invece una piccola calandra a tre cilindri sovrapposti: si vedono chiaramente i tubi dove scorreva l’acqua calda per riscaldarli. Una serie di ingranaggi serviva a variare la distanza tra loro, mentre la ruota dentata prendeva il movimento dal motore sottostante (dentro la “gabbia” oggi vuota) Qui la targhetta, con marchio a stella e lettere PCM (Pirelli & C. Milano), dice che la macchina fu iscritta nell’elenco Beni Patrimoniali nel 1933. E usata a lungo in Bicocca e poi trasferita a Settimo Torinese quando, nel 1954, fu aperta la fabbrica, e utilizzata come macchinario di laboratorio, date le piccole dimensioni. E lì a Settimo è sempre rimasta, negli anni. Sino a ieri.
Il secolo dell’industria, il Novecento, le è passato accanto. La memoria rimane.
(nella foto un mescolatore Robinson del 1883)