Brescia, 26 marzo 1927:
la prima Mille Miglia
La corsa partì alle otto del mattino del 26 marzo 1927. Ideata da Aymo Maggi, Renzo Castagneto, Franco Mazzotti e Giovanni Canestrini – li chiamavano “I quattro moschettieri” – la Mille Miglia partiva dai giardini del Rebuffone di Brescia per arrivare fino a Roma, attraverso l’Appennino. E poi l’itinerario si invertiva in direzione dell’Adriatico, per tornare di nuovo a Brescia senza soste. A misurarlo, erano poco più di milleseicento chilometri: Mille Miglia. Quel mattino di novantatrè anni fa nasceva “la corsa più bella del mondo”, come la definì Enzo Ferrari. Pirelli non poteva non esserci. E vincere, naturalmente. Perché a quei tempi, i Pirelli Cord erano già diventati “i pneumatici delle vittorie”: campioni del mondo Grand Prix con l’Alfa Romeo nel 1925, i pneumatici Cord erano l’arma vincente per l’industria automobilistica italiana nel mondo, che fosse nella velocità in circuito o nelle classiche di durata su strada. Alla partenza della prima Mille Miglia c’era tutto il meglio dell’automobilismo sportivo degli anni Venti. Le Alfa Romeo RL Super Sport che dominavano la Targa Florio, le gloriose Itala, le meravigliose Lancia Lambda, le Bugatti T40 arrivate dalla Francia. E poi c’erano le OM 665 “Superba”, reduci da prestazioni con il pilota Renato Balestrero e poi con i fratelli Tino e Mario Danieli alla 24 Ore di Le Mans. Furono naturalmente milleseicento chilometri di polvere e bufera, nebbia, strade sterrate e pavé dei centri urbani. E la prima ad arrivare a Brescia, la mattina del 27 marzo, poco dopo le sei, fu proprio una OM “Superba”: alla guida, Nando Minoja e Giuseppe Morandi, alla media strabiliante di oltre 77 km/h. Dietro, altre due “Superbe” la n° 13 di Tino Danieli e Renato Balestrero e la n° 12 di Mario Danieli e Archimede Rosa. Trionfo bresciano, nella città che teneva a battesimo “la corsa più bella del mondo”. Nelle rare fotografie dei giornali dell’epoca, della vettura vincitrice si intravede un angolo di pneumatico: porta la scritta Cord, e di fianco il marchio “Milano”: un altro trofeo per Pirelli.
Poi, per vent’anni, la Mille Miglia sarà monopolizzata da Alfa Romeo prima e da Ferrari nel dopoguerra. Giuseppe Campari, Tazio Nuvolari, Achille Varzi, Carlo Pintacuda gli eroi d’anteguerra a bordo dei rossi bolidi del Quadrifoglio: i veri creatori del mito. Clemente Biondetti, Giannino Marzotto, Gigi Villoresi, Giovanni Bracco i protagonisti della rinascita degli anni Cinquanta, sotto il segno del Cavallino Rampante. Entusiasmante la vittoria di Alberto Ascari nel 1954, al volante della Lancia D24, sempre con Pirelli Stella Bianca e Stelvio a garantire le performance dei “pneumatici delle vittorie”. Il pilota ingegnere Piero Taruffi prometteva alla moglie che avrebbe smesso di correre solo quando avesse vinto una Mille Miglia. Lo fece, nel 1957, a bordo di una Ferrari. Lui, come promesso, smise di correre. E la Mille Miglia finì con lui.
La corsa partì alle otto del mattino del 26 marzo 1927. Ideata da Aymo Maggi, Renzo Castagneto, Franco Mazzotti e Giovanni Canestrini – li chiamavano “I quattro moschettieri” – la Mille Miglia partiva dai giardini del Rebuffone di Brescia per arrivare fino a Roma, attraverso l’Appennino. E poi l’itinerario si invertiva in direzione dell’Adriatico, per tornare di nuovo a Brescia senza soste. A misurarlo, erano poco più di milleseicento chilometri: Mille Miglia. Quel mattino di novantatrè anni fa nasceva “la corsa più bella del mondo”, come la definì Enzo Ferrari. Pirelli non poteva non esserci. E vincere, naturalmente. Perché a quei tempi, i Pirelli Cord erano già diventati “i pneumatici delle vittorie”: campioni del mondo Grand Prix con l’Alfa Romeo nel 1925, i pneumatici Cord erano l’arma vincente per l’industria automobilistica italiana nel mondo, che fosse nella velocità in circuito o nelle classiche di durata su strada. Alla partenza della prima Mille Miglia c’era tutto il meglio dell’automobilismo sportivo degli anni Venti. Le Alfa Romeo RL Super Sport che dominavano la Targa Florio, le gloriose Itala, le meravigliose Lancia Lambda, le Bugatti T40 arrivate dalla Francia. E poi c’erano le OM 665 “Superba”, reduci da prestazioni con il pilota Renato Balestrero e poi con i fratelli Tino e Mario Danieli alla 24 Ore di Le Mans. Furono naturalmente milleseicento chilometri di polvere e bufera, nebbia, strade sterrate e pavé dei centri urbani. E la prima ad arrivare a Brescia, la mattina del 27 marzo, poco dopo le sei, fu proprio una OM “Superba”: alla guida, Nando Minoja e Giuseppe Morandi, alla media strabiliante di oltre 77 km/h. Dietro, altre due “Superbe” la n° 13 di Tino Danieli e Renato Balestrero e la n° 12 di Mario Danieli e Archimede Rosa. Trionfo bresciano, nella città che teneva a battesimo “la corsa più bella del mondo”. Nelle rare fotografie dei giornali dell’epoca, della vettura vincitrice si intravede un angolo di pneumatico: porta la scritta Cord, e di fianco il marchio “Milano”: un altro trofeo per Pirelli.
Poi, per vent’anni, la Mille Miglia sarà monopolizzata da Alfa Romeo prima e da Ferrari nel dopoguerra. Giuseppe Campari, Tazio Nuvolari, Achille Varzi, Carlo Pintacuda gli eroi d’anteguerra a bordo dei rossi bolidi del Quadrifoglio: i veri creatori del mito. Clemente Biondetti, Giannino Marzotto, Gigi Villoresi, Giovanni Bracco i protagonisti della rinascita degli anni Cinquanta, sotto il segno del Cavallino Rampante. Entusiasmante la vittoria di Alberto Ascari nel 1954, al volante della Lancia D24, sempre con Pirelli Stella Bianca e Stelvio a garantire le performance dei “pneumatici delle vittorie”. Il pilota ingegnere Piero Taruffi prometteva alla moglie che avrebbe smesso di correre solo quando avesse vinto una Mille Miglia. Lo fece, nel 1957, a bordo di una Ferrari. Lui, come promesso, smise di correre. E la Mille Miglia finì con lui.