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Di che colore è l’high-performance?

Dopo i grandi successi nel rally, specialmente a Montecarlo, lo scenario si sposta sui circuiti della Formula Uno, complici anche gli ottimi risultati ottenuti dalle Lotus e dalle Toleman nelle prove libere sul circuito di San Marino nel 1984. Quando Pirelli torna in pista, tra i tecnici della scuderia inglese c’è “un bravissimo collaudatore che, nonostante la giovanissima età è in grado di dare grandi informazioni sul comportamento dell’auto e delle gomme”. Il suo nome è Ayrton Senna. Nel 1985 la Toleman viene acquistata da Benetton e, l’anno successivo, Pirelli per un triennio (1986-1989) torna sui circuiti equipaggiando Brabham, Dallara, Minardi e Zakspeed. La strategia scelta da Pirelli è quella di equipaggiare scuderie minori che fungano da tester per sperimentare, mettere a punto conoscenze e tecnologie e studiare il rapporto uomo-macchina in vista di un maggior impegno a partire dal 1991. Sarà questo, infatti, l’anno del riavvicinamento alla Benetton che, come seconda guida, ha Michael Schumacher. Grazie a questo approccio, l’ultra-ribassato top di gamma viene montato sulle vetture di ogni singola scuderia fino a quando, nel 2011, Pirelli diventa fornitore esclusivo del Campionato.

È questo il palcoscenico più grande per il P Zero. Qui, grazie ai successi del passato, i pneumatici Pirelli sono diventati sinonimo di Formula 1. C’è, infatti, quel piccolo particolare stilistico: la scritta P Zero sul fianco del pneumatico in colori brillanti che rende la gamma immediatamente riconoscibile. Di lì a qualche anno, questo aspetto avrà un significato del tutto particolare sui tracciati. Dal 2022 le mescole offerte da Pirelli ai piloti di Formula Uno sono passate a sei diversi composti – due per ognuno dei tre P Zero in versione slick per tracciati asciutti e ad alte temperature (Red, Yellow e White) – che si vanno ad aggiungere alle intermediate (Green) per piste non eccessivamente bagnate e ai full wet (Blue) per pioggia intensa. I più appassionati hanno imparato nel tempo che a ogni colore corrisponde una mescola e – di conseguenza – una scelta strategica dichiarata da parte della singola scuderia per specifici circuiti, stile del pilota o condizioni ambientali.

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Dopo i grandi successi nel rally, specialmente a Montecarlo, lo scenario si sposta sui circuiti della Formula Uno, complici anche gli ottimi risultati ottenuti dalle Lotus e dalle Toleman nelle prove libere sul circuito di San Marino nel 1984. Quando Pirelli torna in pista, tra i tecnici della scuderia inglese c’è “un bravissimo collaudatore che, nonostante la giovanissima età è in grado di dare grandi informazioni sul comportamento dell’auto e delle gomme”. Il suo nome è Ayrton Senna. Nel 1985 la Toleman viene acquistata da Benetton e, l’anno successivo, Pirelli per un triennio (1986-1989) torna sui circuiti equipaggiando Brabham, Dallara, Minardi e Zakspeed. La strategia scelta da Pirelli è quella di equipaggiare scuderie minori che fungano da tester per sperimentare, mettere a punto conoscenze e tecnologie e studiare il rapporto uomo-macchina in vista di un maggior impegno a partire dal 1991. Sarà questo, infatti, l’anno del riavvicinamento alla Benetton che, come seconda guida, ha Michael Schumacher. Grazie a questo approccio, l’ultra-ribassato top di gamma viene montato sulle vetture di ogni singola scuderia fino a quando, nel 2011, Pirelli diventa fornitore esclusivo del Campionato.

È questo il palcoscenico più grande per il P Zero. Qui, grazie ai successi del passato, i pneumatici Pirelli sono diventati sinonimo di Formula 1. C’è, infatti, quel piccolo particolare stilistico: la scritta P Zero sul fianco del pneumatico in colori brillanti che rende la gamma immediatamente riconoscibile. Di lì a qualche anno, questo aspetto avrà un significato del tutto particolare sui tracciati. Dal 2022 le mescole offerte da Pirelli ai piloti di Formula Uno sono passate a sei diversi composti – due per ognuno dei tre P Zero in versione slick per tracciati asciutti e ad alte temperature (Red, Yellow e White) – che si vanno ad aggiungere alle intermediate (Green) per piste non eccessivamente bagnate e ai full wet (Blue) per pioggia intensa. I più appassionati hanno imparato nel tempo che a ogni colore corrisponde una mescola e – di conseguenza – una scelta strategica dichiarata da parte della singola scuderia per specifici circuiti, stile del pilota o condizioni ambientali.

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