Gino Bartali,
ritratti di un campione sulla Rivista Pirelli
Il 5 maggio del 2000, vent’anni fa, ci lasciava il ciclista Gino Bartali. Lunghissima la lista dei suoi trionfi, tra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento, con la maglia della Legnano-Pirelli e con la squadra della Nazionale italiana. Impossibile qui ripercorrere per intero la carriera di questo campione del pedale, dai suoi esordi da giovane dilettante nel 1934, era nato a Ponte a Ema nel 1914, fino al ritiro dalle gare nel 1954 carico di successi internazionali, tanto da diventare mito vivente anche per la sua storica rivalità con Fausto Coppi. Vorremmo piuttosto proporvi qui il Bartali raccontato su tante e tante pagine della Rivista Pirelli, che in quanto periodico “d’informazione e di tecnica” ha sempre dedicato ampio spazio ai fenomeni sportivi del momento, con articoli di scrittori e giornalisti di chiara fama come Orio Vergani. É proprio Vergani che, da inviato del “Corriere della Sera”, scrive l’articolo “Come conosco Gino e Fausto” pubblicato sulla Rivista Pirelli n. 4 del 1950. Un puntuale ritratto dei due eroi del momento: da una parte il tenace fiorentino di fuori porta, con quel suo “strano, ostinato, rabbioso, quasi rissoso modo di pigiar sui pedali”, dall’altro il tormentato e silenzioso Fausto. E sotto sotto, in questo epico scontro tra Fausto Coppi paragonato ad Achille, “figlio di una dea e sgomento dei doni sovrannaturali avuti dalla natura” e Gino Bartali immaginato come Ulisse, “figlio di comuni mortali, paziente e iroso”, il giornalista sembra parteggiare per l’uomo che “con pazienza e forza di nervi, vive la sua Odissea”.
É un grande esperto di ciclismo anche Giuseppe Ambrosini, fondatore tra l’altro del “Guerin Sportivo”, che affida l’anno precedente alle pagine della Rivista Pirelli n. 3 del 1949, nell’articolo “Bartali e Coppi: il segreto della potenza”, un minuzioso confronto tra i due campioni. Ambrosini descrive la “benefica generosità” di Gino Bartali, perennemente contrapposta all’ipersensibilità di Fausto, “dal morale estremamente impressionabile dalle sue condizioni di forma, dall’avversario, dall’ambiente”.
Era amante della buona tavola Gino Bartali. A un’altra magnifica firma, Nino Nutrizio, la Rivista Pirelli nel 1951 commissiona un nuovo articolo su di lui: l’ex garzone del meccanico ciclista di Ponte a Ema è ora diventato un eroe, colto in un momento di meritato riposo fuori stagione: “battezzato coriaceo, vecchio, incallito, Bartali durante l’inverno ha fumato più di quanto avrebbe dovuto, ha concesso alla gola qualche piatto abbondante, non ha disdegnato un ballo o anche due con la giovane moglie di cui è innamorato”. Sono i ritratti di un campione raccontato in tutta la sua umanità, nello sport e nella vita.
Il 5 maggio del 2000, vent’anni fa, ci lasciava il ciclista Gino Bartali. Lunghissima la lista dei suoi trionfi, tra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento, con la maglia della Legnano-Pirelli e con la squadra della Nazionale italiana. Impossibile qui ripercorrere per intero la carriera di questo campione del pedale, dai suoi esordi da giovane dilettante nel 1934, era nato a Ponte a Ema nel 1914, fino al ritiro dalle gare nel 1954 carico di successi internazionali, tanto da diventare mito vivente anche per la sua storica rivalità con Fausto Coppi. Vorremmo piuttosto proporvi qui il Bartali raccontato su tante e tante pagine della Rivista Pirelli, che in quanto periodico “d’informazione e di tecnica” ha sempre dedicato ampio spazio ai fenomeni sportivi del momento, con articoli di scrittori e giornalisti di chiara fama come Orio Vergani. É proprio Vergani che, da inviato del “Corriere della Sera”, scrive l’articolo “Come conosco Gino e Fausto” pubblicato sulla Rivista Pirelli n. 4 del 1950. Un puntuale ritratto dei due eroi del momento: da una parte il tenace fiorentino di fuori porta, con quel suo “strano, ostinato, rabbioso, quasi rissoso modo di pigiar sui pedali”, dall’altro il tormentato e silenzioso Fausto. E sotto sotto, in questo epico scontro tra Fausto Coppi paragonato ad Achille, “figlio di una dea e sgomento dei doni sovrannaturali avuti dalla natura” e Gino Bartali immaginato come Ulisse, “figlio di comuni mortali, paziente e iroso”, il giornalista sembra parteggiare per l’uomo che “con pazienza e forza di nervi, vive la sua Odissea”.
É un grande esperto di ciclismo anche Giuseppe Ambrosini, fondatore tra l’altro del “Guerin Sportivo”, che affida l’anno precedente alle pagine della Rivista Pirelli n. 3 del 1949, nell’articolo “Bartali e Coppi: il segreto della potenza”, un minuzioso confronto tra i due campioni. Ambrosini descrive la “benefica generosità” di Gino Bartali, perennemente contrapposta all’ipersensibilità di Fausto, “dal morale estremamente impressionabile dalle sue condizioni di forma, dall’avversario, dall’ambiente”.
Era amante della buona tavola Gino Bartali. A un’altra magnifica firma, Nino Nutrizio, la Rivista Pirelli nel 1951 commissiona un nuovo articolo su di lui: l’ex garzone del meccanico ciclista di Ponte a Ema è ora diventato un eroe, colto in un momento di meritato riposo fuori stagione: “battezzato coriaceo, vecchio, incallito, Bartali durante l’inverno ha fumato più di quanto avrebbe dovuto, ha concesso alla gola qualche piatto abbondante, non ha disdegnato un ballo o anche due con la giovane moglie di cui è innamorato”. Sono i ritratti di un campione raccontato in tutta la sua umanità, nello sport e nella vita.