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Ciclismo e ciclisti: un diario fotografico “su due ruote”

Quanta vita c’è nelle fotografie delle corse ciclistiche? Con quanta passione il fotografo ha inseguito e catturato l’espressione di fatica dei corridori? La vecchia fotografia di un ciclista spesso è capace da sola di raccontare un’intera esistenza.

Istantanee rubate – spesso pericolosamente – sulle strade di tutto il mondo: una “storia di foto” tutta dedicata all’uomo e alla bicicletta. Navigando lungo la sezione fotografica “Corse velo” del nostro sito sembra di entrare direttamente in un mondo di antichi eroi, tra baffi a manubrio e strade polverose, sguardi ora stremati ora di sfida, dove i grandi campioni del pedale si dividono la stessa fatica con uomini che resteranno sconosciuti alla storia e allo stesso fotografo. Dietro la macchina fotografica – nei primi anni del Novecento – c’è spesso un operatore dell’agenzia Strazza Photo Reportage di Milano: c’è il loro timbro su alcuni piccoli capolavori custoditi presso il nostro Archivio Storico. Come sul geniale fotoritocco del ciclista Carlo Oriani ritratto probabilmente al Parco Trotter di Milano dopo la vittoria al Giro d’italia del 1913. È invece anonimo il ciclista, e imprecisato l’anno, ma è ancora una volta il conosciutissimo fotografo Strazza a comporre il delizioso “ritratto di ciclista con giubbotto impermeabile Pirelli”. Pantaloni alla zuava e coppola in testa, il ciclista è davanti alla vecchia cartiera “Ambrogio Binda” a Milano. Alle sue spalle scorre il Naviglio Pavese. Non sapremo mai di che colore era quel voluminoso giubbotto, ma soprattutto non sapremo mai se il ciclista era lì casualmente o se fosse davvero in posa. Sono invece sicuramente in posa per Strazza i due fratelli belgi Lucien e Marcel, rispettivamente primo e terzo alla “Sei Ore” del 1919. Tra loro, il secondo arrivato Valemberghe: per non sbagliare, una mano anonima ha scritto le posizioni direttamente sulle maglie.

Tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta del Novecento i reportage di ciclismo sono spesso “firmati” da Lauro Bordin. Veneto originario di Crespino, provincia di Rovigo, classe 1890 e ottimo ciclista a sua volta, dopo il ritiro dalle competizioni nel 1924 Bordin si reinventa fotoreporter per ritrarre i suoi “colleghi” di un tempo. È suo il famosissimo scatto che vede i due piloti automobilistici Tazio Nuvolari e Giuseppe Campari impegnati in un testa a testa su due ruote nel 1932. Sono di Lauro Bordin anche le prime testimonianze fotografiche del Gran Premio Pirelli, torneo ciclistico che negli anni Cinquanta fu trampolino di lancio per tante giovani generazioni di campioni del pedale.

Non solo corse, però, in questo diario fotografico “su due ruote” conservato nel nostro Archivio Storico. Risale all’immediato dopoguerra una serie di servizi realizzati da maestri dell’obiettivo come Federico Patellani e Milani, dedicati alla bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano, fedele compagna di viaggio in un’Italia che sta scoprendo l’immenso valore del potersi muovere liberamente. Uno spaccato di vita per riscoprire quei “social” di un secolo fa.

Quanta vita c’è nelle fotografie delle corse ciclistiche? Con quanta passione il fotografo ha inseguito e catturato l’espressione di fatica dei corridori? La vecchia fotografia di un ciclista spesso è capace da sola di raccontare un’intera esistenza.

Istantanee rubate – spesso pericolosamente – sulle strade di tutto il mondo: una “storia di foto” tutta dedicata all’uomo e alla bicicletta. Navigando lungo la sezione fotografica “Corse velo” del nostro sito sembra di entrare direttamente in un mondo di antichi eroi, tra baffi a manubrio e strade polverose, sguardi ora stremati ora di sfida, dove i grandi campioni del pedale si dividono la stessa fatica con uomini che resteranno sconosciuti alla storia e allo stesso fotografo. Dietro la macchina fotografica – nei primi anni del Novecento – c’è spesso un operatore dell’agenzia Strazza Photo Reportage di Milano: c’è il loro timbro su alcuni piccoli capolavori custoditi presso il nostro Archivio Storico. Come sul geniale fotoritocco del ciclista Carlo Oriani ritratto probabilmente al Parco Trotter di Milano dopo la vittoria al Giro d’italia del 1913. È invece anonimo il ciclista, e imprecisato l’anno, ma è ancora una volta il conosciutissimo fotografo Strazza a comporre il delizioso “ritratto di ciclista con giubbotto impermeabile Pirelli”. Pantaloni alla zuava e coppola in testa, il ciclista è davanti alla vecchia cartiera “Ambrogio Binda” a Milano. Alle sue spalle scorre il Naviglio Pavese. Non sapremo mai di che colore era quel voluminoso giubbotto, ma soprattutto non sapremo mai se il ciclista era lì casualmente o se fosse davvero in posa. Sono invece sicuramente in posa per Strazza i due fratelli belgi Lucien e Marcel, rispettivamente primo e terzo alla “Sei Ore” del 1919. Tra loro, il secondo arrivato Valemberghe: per non sbagliare, una mano anonima ha scritto le posizioni direttamente sulle maglie.

Tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta del Novecento i reportage di ciclismo sono spesso “firmati” da Lauro Bordin. Veneto originario di Crespino, provincia di Rovigo, classe 1890 e ottimo ciclista a sua volta, dopo il ritiro dalle competizioni nel 1924 Bordin si reinventa fotoreporter per ritrarre i suoi “colleghi” di un tempo. È suo il famosissimo scatto che vede i due piloti automobilistici Tazio Nuvolari e Giuseppe Campari impegnati in un testa a testa su due ruote nel 1932. Sono di Lauro Bordin anche le prime testimonianze fotografiche del Gran Premio Pirelli, torneo ciclistico che negli anni Cinquanta fu trampolino di lancio per tante giovani generazioni di campioni del pedale.

Non solo corse, però, in questo diario fotografico “su due ruote” conservato nel nostro Archivio Storico. Risale all’immediato dopoguerra una serie di servizi realizzati da maestri dell’obiettivo come Federico Patellani e Milani, dedicati alla bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano, fedele compagna di viaggio in un’Italia che sta scoprendo l’immenso valore del potersi muovere liberamente. Uno spaccato di vita per riscoprire quei “social” di un secolo fa.

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