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L’occhio della scienza: Pirelli e le immagini della ricerca

Sin dalla sua invenzione alla metà dell’Ottocento, la macchina fotografica si impone non soltanto come strumento di una nuova forma d’arte, ma anche come fondamentale ausilio in campo scientifico, stimolandone in modo diretto lo sviluppo attraverso il suo contributo alla ricerca, documentazione, divulgazione e didattica del sapere tecnico. Dall’archeologia alla botanica, dall’antropologia alla geologia: immortalare frammenti di realtà ne agevola la comprensione, o quanto meno ne sollecita l’intenzione. Proprio il connubio tra osservazione e conoscenza è espresso nelle parole dell’ingegner Luigi Emanueli: “Adess ghe capissaremm on quaicoss: andemm a guardagh denter”. Un riferimento all’attitudine alla ricerca di Pirelli, ma anche all’essenza della fotografia scientifica.

Le pagine della “Rivista Pirelli” attestano ampiamente la rilevanza del mezzo fotografico per le scienze. L’articolo “Cento anni di fotografia celeste” ripercorre la storia dell’astronomia, dalla prima immagine di una stella – Vega, della costellazione della Lira – risalente al 1850, fino ai suggestivi scatti dei moderni telescopi posti sopra le montagne e diventati, oltre un secolo dopo, i nuovi protagonisti delle esplorazioni degli astri. Dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo: in un articolo del 1953 si esamina l’apporto della microfotografia allo studio dei fenomeni inorganici – corredando il testo con ingrandimenti di fotogrammi, veri e propri “documenti della tecnica”, raffiguranti l’attacco di aria ozonizzata su una superfice di gomma vulcanizzata o la progressiva lacerazione di un foglio di gomma ripetutamente allungato – mentre nel 1954 in “Fotografa i messaggi siderali” il giornalista Franco Vegliani traccia il profilo di Giuseppe Occhialini, fisico studioso dei raggi cosmici attraverso emulsioni e lastre fotografiche. Rami di corallo, sciami di castagnole e massicci polpi sono invece al centro degli scatti dei sommozzatori realizzati nelle acque del Mediterraneo, che evidenziano i preziosi risultati ottenuti dall’obiettivo nel campo della biologia nell’approfondimento di Gianni Roghi pubblicato sulla Rivista nel 1959.

La fotografia diventa anche una risorsa essenziale per documentare i luoghi, gli strumenti e i volti del mondo della ricerca all’interno degli stabilimenti di Pirelli: per “fare scienza” è infatti necessario aver coscienza e conoscenza dell’eredità tecnologica che il Gruppo ha maturato nel corso della sua storia.
Nel 1922, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’azienda, viene realizzato un servizio fotografico all’interno della fabbrica di Milano Bicocca, dai reparti produttivi alle sale dei laboratori. Immagini dei soli spazi che, nonostante il forte valore documentario, non esprimono appieno lo spirito del laboratorio come vivace centro di curiosità visionaria e asset vitale dell’impresa.
Con gli scatti degli anni Trenta e Quaranta si hanno le prime testimonianze visive della vita delle persone all’interno di questi luoghi di sperimentazione, con donne e uomini in camice bianco intenti in diversi esperimenti. Di interesse non è solo la comunità scientifica ma anche i suoi strumenti: i banchi dei laboratori chimici e fisici ospitano microscopi, ampolle, vetrini, provette, torsiometri e plastometri, colti “in azione” o in ravvicinati primi piani che ne mettono in luce i dettagli.
Durante gli anni Cinquanta alcuni grandi nomi della fotografia vengono chiamati a immortalare, mediante tagli inediti e punti di vista personali, la complessità dei luoghi di ricerca in Pirelli, organizzati e denominati in base al ramo di attività e sede delle indagini e dei collaudi che precedono e accompagnano la fabbricazione dei prodotti aziendali. Aldo Ballo visita i diversi reparti dello stabilimento di Milano Bicocca, tra cui il laboratorio tessile, la “Direzione Sviluppo Materie Plastiche” e la divisione di analisi organica, realizzando istantanee che restituiscono chiaramente il concetto di scienza intesa come studio e applicazione. Carlo Ancillotti – che negli stessi anni riprende non solo la Fiera Campionaria di Milano, ma anche gli interni dell’Industria Nazionale Alluminio (INA) e dello stabilimento Duco di Avigliana – posa il suo sguardo sul laboratorio gomme, dalla “Sezione Ricerca e Sviluppo Mescole” alla sala macchine con le diverse prove di resistenza delle coperture allo schiacciamento e all’urto. Giulio Galimberti documenta invece il mondo del testing nei laboratori fisici, come gli esami dinamometrici, i controlli sulla permeabilità del tessuto e le verifiche di elasticità di campioni di gomma sotto sforzo.

L’obiettivo dà conto dell’importanza dei laboratori di Milano Bicocca anche sulla “Rivista Pirelli”: in un articolo del 1958 si afferma il livello tecnologico all’avanguardia raggiunto dalle sale di ricerca del settore cavi, accompagnando il testo con numerose fotografie; nel 1960 si dà notizia dell’acquisto e dell’installazione di due nuove apparecchiature, un microfotometro e un comparatore ottico, entrambe progettate dal personale dell’azienda; nel 1963 viene invece inaugurato un nuovo laboratorio del settore elettrico, descritto come “uno dei più grandi attualmente esistenti nel mondo per prove ad altissima tensione”.

Pirelli pone da sempre come cardine della propria attività il dipartimento R&D, ancora oggi oggetto di conoscenza e documentazione, come dimostra il reportage realizzato nel 2021 dal fotografo e film-maker Carlo Furgeri Gilbert: dalle materie prime da fonti rinnovabili e riciclati utilizzate nei laboratori fino alla sperimentazione indoor, con i rigidi test effettuati sui prototipi per garantire prodotti sempre più all’avanguardia in termini di sicurezza, performance e sostenibilità. Il ruolo decisivo della Ricerca e Sviluppo nella storia del Gruppo viene sintetizzato accuratamente nelle parole di Alberto Pirelli in “La Pirelli. Vita di una azienda industriale”: “È tecnologia davvero difficile la nostra, sia nel campo fisico-chimico che in quello meccanico, e grande è il merito di quanti nei laboratori hanno contribuito a portare in alto la reputazione tecnica della marca Pirelli e a permettere di affrontare vittoriosamente le più agguerrite concorrenze”.

Sin dalla sua invenzione alla metà dell’Ottocento, la macchina fotografica si impone non soltanto come strumento di una nuova forma d’arte, ma anche come fondamentale ausilio in campo scientifico, stimolandone in modo diretto lo sviluppo attraverso il suo contributo alla ricerca, documentazione, divulgazione e didattica del sapere tecnico. Dall’archeologia alla botanica, dall’antropologia alla geologia: immortalare frammenti di realtà ne agevola la comprensione, o quanto meno ne sollecita l’intenzione. Proprio il connubio tra osservazione e conoscenza è espresso nelle parole dell’ingegner Luigi Emanueli: “Adess ghe capissaremm on quaicoss: andemm a guardagh denter”. Un riferimento all’attitudine alla ricerca di Pirelli, ma anche all’essenza della fotografia scientifica.

Le pagine della “Rivista Pirelli” attestano ampiamente la rilevanza del mezzo fotografico per le scienze. L’articolo “Cento anni di fotografia celeste” ripercorre la storia dell’astronomia, dalla prima immagine di una stella – Vega, della costellazione della Lira – risalente al 1850, fino ai suggestivi scatti dei moderni telescopi posti sopra le montagne e diventati, oltre un secolo dopo, i nuovi protagonisti delle esplorazioni degli astri. Dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo: in un articolo del 1953 si esamina l’apporto della microfotografia allo studio dei fenomeni inorganici – corredando il testo con ingrandimenti di fotogrammi, veri e propri “documenti della tecnica”, raffiguranti l’attacco di aria ozonizzata su una superfice di gomma vulcanizzata o la progressiva lacerazione di un foglio di gomma ripetutamente allungato – mentre nel 1954 in “Fotografa i messaggi siderali” il giornalista Franco Vegliani traccia il profilo di Giuseppe Occhialini, fisico studioso dei raggi cosmici attraverso emulsioni e lastre fotografiche. Rami di corallo, sciami di castagnole e massicci polpi sono invece al centro degli scatti dei sommozzatori realizzati nelle acque del Mediterraneo, che evidenziano i preziosi risultati ottenuti dall’obiettivo nel campo della biologia nell’approfondimento di Gianni Roghi pubblicato sulla Rivista nel 1959.

La fotografia diventa anche una risorsa essenziale per documentare i luoghi, gli strumenti e i volti del mondo della ricerca all’interno degli stabilimenti di Pirelli: per “fare scienza” è infatti necessario aver coscienza e conoscenza dell’eredità tecnologica che il Gruppo ha maturato nel corso della sua storia.
Nel 1922, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’azienda, viene realizzato un servizio fotografico all’interno della fabbrica di Milano Bicocca, dai reparti produttivi alle sale dei laboratori. Immagini dei soli spazi che, nonostante il forte valore documentario, non esprimono appieno lo spirito del laboratorio come vivace centro di curiosità visionaria e asset vitale dell’impresa.
Con gli scatti degli anni Trenta e Quaranta si hanno le prime testimonianze visive della vita delle persone all’interno di questi luoghi di sperimentazione, con donne e uomini in camice bianco intenti in diversi esperimenti. Di interesse non è solo la comunità scientifica ma anche i suoi strumenti: i banchi dei laboratori chimici e fisici ospitano microscopi, ampolle, vetrini, provette, torsiometri e plastometri, colti “in azione” o in ravvicinati primi piani che ne mettono in luce i dettagli.
Durante gli anni Cinquanta alcuni grandi nomi della fotografia vengono chiamati a immortalare, mediante tagli inediti e punti di vista personali, la complessità dei luoghi di ricerca in Pirelli, organizzati e denominati in base al ramo di attività e sede delle indagini e dei collaudi che precedono e accompagnano la fabbricazione dei prodotti aziendali. Aldo Ballo visita i diversi reparti dello stabilimento di Milano Bicocca, tra cui il laboratorio tessile, la “Direzione Sviluppo Materie Plastiche” e la divisione di analisi organica, realizzando istantanee che restituiscono chiaramente il concetto di scienza intesa come studio e applicazione. Carlo Ancillotti – che negli stessi anni riprende non solo la Fiera Campionaria di Milano, ma anche gli interni dell’Industria Nazionale Alluminio (INA) e dello stabilimento Duco di Avigliana – posa il suo sguardo sul laboratorio gomme, dalla “Sezione Ricerca e Sviluppo Mescole” alla sala macchine con le diverse prove di resistenza delle coperture allo schiacciamento e all’urto. Giulio Galimberti documenta invece il mondo del testing nei laboratori fisici, come gli esami dinamometrici, i controlli sulla permeabilità del tessuto e le verifiche di elasticità di campioni di gomma sotto sforzo.

L’obiettivo dà conto dell’importanza dei laboratori di Milano Bicocca anche sulla “Rivista Pirelli”: in un articolo del 1958 si afferma il livello tecnologico all’avanguardia raggiunto dalle sale di ricerca del settore cavi, accompagnando il testo con numerose fotografie; nel 1960 si dà notizia dell’acquisto e dell’installazione di due nuove apparecchiature, un microfotometro e un comparatore ottico, entrambe progettate dal personale dell’azienda; nel 1963 viene invece inaugurato un nuovo laboratorio del settore elettrico, descritto come “uno dei più grandi attualmente esistenti nel mondo per prove ad altissima tensione”.

Pirelli pone da sempre come cardine della propria attività il dipartimento R&D, ancora oggi oggetto di conoscenza e documentazione, come dimostra il reportage realizzato nel 2021 dal fotografo e film-maker Carlo Furgeri Gilbert: dalle materie prime da fonti rinnovabili e riciclati utilizzate nei laboratori fino alla sperimentazione indoor, con i rigidi test effettuati sui prototipi per garantire prodotti sempre più all’avanguardia in termini di sicurezza, performance e sostenibilità. Il ruolo decisivo della Ricerca e Sviluppo nella storia del Gruppo viene sintetizzato accuratamente nelle parole di Alberto Pirelli in “La Pirelli. Vita di una azienda industriale”: “È tecnologia davvero difficile la nostra, sia nel campo fisico-chimico che in quello meccanico, e grande è il merito di quanti nei laboratori hanno contribuito a portare in alto la reputazione tecnica della marca Pirelli e a permettere di affrontare vittoriosamente le più agguerrite concorrenze”.

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