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Obiettivo Milano: Pirelli e la città attraverso lo sguardo dei fotografi

Il rapporto tra Milano e la fotografia comincia con l’invenzione dei primi procedimenti per lo sviluppo di immagini nel 1839. Da quel momento la città diventa un polo di attrazione per le grandi agenzie fotogiornalistiche italiane, gli atelier, le riviste specializzate e le associazioni del settore, con l’intento comune di costruire racconti visivi capaci di narrare il capoluogo lombardo attraverso i suoi panorami, scorci e dettagli.
L’obiettivo di questi artisti si posa anche sul mondo Pirelli – rappresentando edifici, prodotti, persone ed eventi per illustrare le riviste aziendali o realizzare campagne pubblicitarie e cataloghi – sancendo uno stretto legame tra fotografia e impresa. È proprio a partire dal ricco patrimonio di negativi, stampe e diapositive custodito nel nostro Archivio Storico che è possibile scoprire la natura sfaccettata e poliedrica della città meneghina.

Milano è innanzitutto arte, con le numerose istituzioni culturali del territorio intese come servizio pubblico per i cittadini. Non solo musei e fondazioni – come lo spazio espositivo di arte contemporanea Pirelli HangarBicocca – ma anche teatri come il Piccolo Teatro di Milano. Il primo Stabile pubblico in Italia si pone sin dal 1947 “a servizio della comunità”, come recita un articolo della Rivista Pirelli in cui le fotografie a corredo del testo mostrano non solo il palcoscenico, spazio principale dell’azione, ma anche il “dietro le quinte” necessario alla realizzazione di uno spettacolo, come la sartoria e le lezioni alla scuola d’arte drammatica del teatro. Oppure come il Teatro Franco Parenti, punto di riferimento artistico e culturale della città dal 1972.
Accanto alle architetture più celebri come il Duomo e la Galleria Vittorio Emanuele II, icone dello skyline meneghino, Milano affianca bellezze artistiche meno esibite, custodite gelosamente nelle residenze private della città. A cavallo del XX secolo il nuovo quartiere di corso Venezia vede ad esempio la costruzione di dimore in linea con le formule più aggiornate del modernismo internazionale. È in particolare Palazzo Castiglioni a interessare l’obiettivo di Arno Hammacher nel 1970: l’elaborata cancellata d’ingresso, il maestoso lucernario e la straordinaria varietà dei ferri battuti dello scalone centrale sono indagati con minuzia dal fotografo olandese, nel cui lavoro la scultura è sempre una presenza costante.
Milano è quindi città d’arte e delle arti – amata da scrittori, registi e artisti – con una vocazione spiccatamente multidisciplinare. Questa pluralità si ritrova nelle attività dello storico Centro Culturale Pirelli – impostosi negli anni Cinquanta sin da subito come “un fatto della cultura cittadina” con convegni, mostre, rassegne cinematografiche ed eventi musicali e teatrali – e nelle Esposizioni Internazionali della Triennale. È possibile ricostruire con precisione alcune edizioni della rassegna attraverso le fotografie scattate nelle sale e negli esterni del Palazzo dell’Arte: l’XI Triennale del 1957 è ad esempio documentata dalla Mostra di Architettura Contemporanea, dal Padiglione di plastica sperimentale Pirelli in Parco Sempione progettato da Roberto Menghi e dal paramento di Nelly Krauss e Giulio Minoletti che cela, dietro 20 metri di lamiere d’acciaio, il monumentale portale tripartito dell’edificio.

Milano è anche innovazione e tecnologia, come mostrano le fotografie dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e dell’Headquarters di Pirelli con il centro di Ricerca e Sviluppo del Gruppo. “La città che sale” di boccioniana memoria emerge invece dagli scatti di Hammacher del Grattacielo Pirelli – dai primi scavi allo sviluppo del cantiere sino alle ultime fasi della costruzione, solo in parte pubblicati sulla Rivista Pirelli – che colgono pienamente la misura umana dell’impresa. Un punto di vista insieme artistico e di documentazione aziendale sul momento di massima vitalità progettuale di una Milano in piena espansione post-bellica.

La città del lavoro e del “Made in Italy”, espressione di una realtà creativa ed economica d’eccellenza, si ritrova nelle immagini delle operaie intente alla filatura del tessuto di gomma nello stabilimento Pirelli di Bicocca così come nei servizi fotografici per gli impermeabili Pirelli. Il “fare” e il “saper fare” vengono valorizzati dall’obiettivo soprattutto nel secondo dopoguerra, quando la fotografia di moda affronta importanti cambiamenti: gli scatti artificiosi in studio e le pose statiche delle modelle dei decenni precedenti lasciano il posto a un’estetica nuova, più spontanea ed energica. Milano e i suoi luoghi simbolo – i Navigli, le colonne di San Lorenzo e la Ca’ Granda – diventano lo sfondo per gli shooting all’aperto delle campagne pubblicitarie dei soprabiti Pirelli. Composizioni dinamiche, movimento e un nuovo senso di realtà sono le caratteristiche delle vivaci scene di strada catturate tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta.

Milano è inoltre una città che si muove e “mette in relazione”, ieri come oggi. È a partire dagli anni Cinquanta, con il boom economico, che il capoluogo lombardo comincia a spostarsi “su gomma”, dando il via all’epoca della motorizzazione di massa. Il numero di automobili si triplica e Pirelli risponde con una gamma di pneumatici sempre più specializzati. Accanto agli storici tram, monumenti cittadini dal fascino Belle Époque, gli scatti dei fotografi degli anni Cinquanta e Sessanta catturano anche le code di veicoli lungo via Dante, il traffico in piazza Cordusio e gli ingorghi di fronte al Duomo. Protagonista di queste immagini diventa anche il “ghisa”, il vigile della tradizione milanese dal caratteristico cappello, che si trova ad affrontare le nuove problematiche legate all’aumento della circolazione stradale. A ogni epoca le sue icone: la Fiat 600 è il mito della motorizzazione di massa, a cui segue dopo due anni la nuova FIAT 500, simbolo indiscusso del design italiano – è quest’ultima a essere ritratta insieme alle più popolari utilitarie italiane sul mercato in una fotografia del 1969 davanti alla Stazione Centrale – mentre la Vespa e la Lambretta sostituiscono in parte la bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano. L’inaugurazione nel 1964 della prima linea metropolitana di Milano, esempio di modernità per tutta Europa, apre un ulteriore capitolo: è ancora una volta Hammacher a documentarne la costruzione in un reportage fatto di “immagini vive, umane, quasi dimesse”. Lo sguardo dei fotografi diviene quindi un elemento fondamentale per raccontare la storia della mobilità, seguendone l’evoluzione sino ai giorni nostri.

Il rapporto tra Milano e la fotografia comincia con l’invenzione dei primi procedimenti per lo sviluppo di immagini nel 1839. Da quel momento la città diventa un polo di attrazione per le grandi agenzie fotogiornalistiche italiane, gli atelier, le riviste specializzate e le associazioni del settore, con l’intento comune di costruire racconti visivi capaci di narrare il capoluogo lombardo attraverso i suoi panorami, scorci e dettagli.
L’obiettivo di questi artisti si posa anche sul mondo Pirelli – rappresentando edifici, prodotti, persone ed eventi per illustrare le riviste aziendali o realizzare campagne pubblicitarie e cataloghi – sancendo uno stretto legame tra fotografia e impresa. È proprio a partire dal ricco patrimonio di negativi, stampe e diapositive custodito nel nostro Archivio Storico che è possibile scoprire la natura sfaccettata e poliedrica della città meneghina.

Milano è innanzitutto arte, con le numerose istituzioni culturali del territorio intese come servizio pubblico per i cittadini. Non solo musei e fondazioni – come lo spazio espositivo di arte contemporanea Pirelli HangarBicocca – ma anche teatri come il Piccolo Teatro di Milano. Il primo Stabile pubblico in Italia si pone sin dal 1947 “a servizio della comunità”, come recita un articolo della Rivista Pirelli in cui le fotografie a corredo del testo mostrano non solo il palcoscenico, spazio principale dell’azione, ma anche il “dietro le quinte” necessario alla realizzazione di uno spettacolo, come la sartoria e le lezioni alla scuola d’arte drammatica del teatro. Oppure come il Teatro Franco Parenti, punto di riferimento artistico e culturale della città dal 1972.
Accanto alle architetture più celebri come il Duomo e la Galleria Vittorio Emanuele II, icone dello skyline meneghino, Milano affianca bellezze artistiche meno esibite, custodite gelosamente nelle residenze private della città. A cavallo del XX secolo il nuovo quartiere di corso Venezia vede ad esempio la costruzione di dimore in linea con le formule più aggiornate del modernismo internazionale. È in particolare Palazzo Castiglioni a interessare l’obiettivo di Arno Hammacher nel 1970: l’elaborata cancellata d’ingresso, il maestoso lucernario e la straordinaria varietà dei ferri battuti dello scalone centrale sono indagati con minuzia dal fotografo olandese, nel cui lavoro la scultura è sempre una presenza costante.
Milano è quindi città d’arte e delle arti – amata da scrittori, registi e artisti – con una vocazione spiccatamente multidisciplinare. Questa pluralità si ritrova nelle attività dello storico Centro Culturale Pirelli – impostosi negli anni Cinquanta sin da subito come “un fatto della cultura cittadina” con convegni, mostre, rassegne cinematografiche ed eventi musicali e teatrali – e nelle Esposizioni Internazionali della Triennale. È possibile ricostruire con precisione alcune edizioni della rassegna attraverso le fotografie scattate nelle sale e negli esterni del Palazzo dell’Arte: l’XI Triennale del 1957 è ad esempio documentata dalla Mostra di Architettura Contemporanea, dal Padiglione di plastica sperimentale Pirelli in Parco Sempione progettato da Roberto Menghi e dal paramento di Nelly Krauss e Giulio Minoletti che cela, dietro 20 metri di lamiere d’acciaio, il monumentale portale tripartito dell’edificio.

Milano è anche innovazione e tecnologia, come mostrano le fotografie dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e dell’Headquarters di Pirelli con il centro di Ricerca e Sviluppo del Gruppo. “La città che sale” di boccioniana memoria emerge invece dagli scatti di Hammacher del Grattacielo Pirelli – dai primi scavi allo sviluppo del cantiere sino alle ultime fasi della costruzione, solo in parte pubblicati sulla Rivista Pirelli – che colgono pienamente la misura umana dell’impresa. Un punto di vista insieme artistico e di documentazione aziendale sul momento di massima vitalità progettuale di una Milano in piena espansione post-bellica.

La città del lavoro e del “Made in Italy”, espressione di una realtà creativa ed economica d’eccellenza, si ritrova nelle immagini delle operaie intente alla filatura del tessuto di gomma nello stabilimento Pirelli di Bicocca così come nei servizi fotografici per gli impermeabili Pirelli. Il “fare” e il “saper fare” vengono valorizzati dall’obiettivo soprattutto nel secondo dopoguerra, quando la fotografia di moda affronta importanti cambiamenti: gli scatti artificiosi in studio e le pose statiche delle modelle dei decenni precedenti lasciano il posto a un’estetica nuova, più spontanea ed energica. Milano e i suoi luoghi simbolo – i Navigli, le colonne di San Lorenzo e la Ca’ Granda – diventano lo sfondo per gli shooting all’aperto delle campagne pubblicitarie dei soprabiti Pirelli. Composizioni dinamiche, movimento e un nuovo senso di realtà sono le caratteristiche delle vivaci scene di strada catturate tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta.

Milano è inoltre una città che si muove e “mette in relazione”, ieri come oggi. È a partire dagli anni Cinquanta, con il boom economico, che il capoluogo lombardo comincia a spostarsi “su gomma”, dando il via all’epoca della motorizzazione di massa. Il numero di automobili si triplica e Pirelli risponde con una gamma di pneumatici sempre più specializzati. Accanto agli storici tram, monumenti cittadini dal fascino Belle Époque, gli scatti dei fotografi degli anni Cinquanta e Sessanta catturano anche le code di veicoli lungo via Dante, il traffico in piazza Cordusio e gli ingorghi di fronte al Duomo. Protagonista di queste immagini diventa anche il “ghisa”, il vigile della tradizione milanese dal caratteristico cappello, che si trova ad affrontare le nuove problematiche legate all’aumento della circolazione stradale. A ogni epoca le sue icone: la Fiat 600 è il mito della motorizzazione di massa, a cui segue dopo due anni la nuova FIAT 500, simbolo indiscusso del design italiano – è quest’ultima a essere ritratta insieme alle più popolari utilitarie italiane sul mercato in una fotografia del 1969 davanti alla Stazione Centrale – mentre la Vespa e la Lambretta sostituiscono in parte la bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano. L’inaugurazione nel 1964 della prima linea metropolitana di Milano, esempio di modernità per tutta Europa, apre un ulteriore capitolo: è ancora una volta Hammacher a documentarne la costruzione in un reportage fatto di “immagini vive, umane, quasi dimesse”. Lo sguardo dei fotografi diviene quindi un elemento fondamentale per raccontare la storia della mobilità, seguendone l’evoluzione sino ai giorni nostri.

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