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Peter Beard, la visione della natura nel Calendario Pirelli

È del 2009 il Calendario Pirelli firmato dal fotografo americano Peter Beard, scomparso all’età di 82 anni. Quegli scatti restano nella storia di “The Cal” come un monito al problema ambientale: «La mia vera preoccupazione è la distruzione della natura, abbiamo totalmente dimenticato che è lei ciò a cui dobbiamo la nostra sopravvivenza».

Ambientato in Botswana, tra il delta dell’Okavango e il deserto del Kalahari, il Calendario Pirelli di Beard è ben più che un esercizio fotografico: è un diario scritto, disegnato, raccontato – anche fotografato, certamente – che l’autore definisce “una scultura vivente”. Un potente racconto d’Africa in 56 tavole, in cui sette modelle hanno il compito di riallacciare un dialogo tra genere umano ed elementi della natura. È  il Paese descritto anche da  Karen Blixen nel suo capolavoro, “La mia Africa”. Peter Beard l’aveva conosciuta nel 1961 in Danimarca, e dall’anno successivo, nei due ranch adiacenti nell’area di Nairobi, avevano condiviso l’esperienza di quel Continente. Nel 1965 pubblicò il libro “The End of the Game”, una raccolta di fotografie e testi che documentavano la scomparsa degli elefanti in Kenya e la fine del mito dell’invulnerabilità della natura.  Le sue immagini da quel momento iniziarono a sorprendere per quella visione nuova, e inaspettata, dell’Africa. Una vita passata a esplorare il mondo, lasciando ovunque tracce di sè.

È del 2009 il Calendario Pirelli firmato dal fotografo americano Peter Beard, scomparso all’età di 82 anni. Quegli scatti restano nella storia di “The Cal” come un monito al problema ambientale: «La mia vera preoccupazione è la distruzione della natura, abbiamo totalmente dimenticato che è lei ciò a cui dobbiamo la nostra sopravvivenza».

Ambientato in Botswana, tra il delta dell’Okavango e il deserto del Kalahari, il Calendario Pirelli di Beard è ben più che un esercizio fotografico: è un diario scritto, disegnato, raccontato – anche fotografato, certamente – che l’autore definisce “una scultura vivente”. Un potente racconto d’Africa in 56 tavole, in cui sette modelle hanno il compito di riallacciare un dialogo tra genere umano ed elementi della natura. È  il Paese descritto anche da  Karen Blixen nel suo capolavoro, “La mia Africa”. Peter Beard l’aveva conosciuta nel 1961 in Danimarca, e dall’anno successivo, nei due ranch adiacenti nell’area di Nairobi, avevano condiviso l’esperienza di quel Continente. Nel 1965 pubblicò il libro “The End of the Game”, una raccolta di fotografie e testi che documentavano la scomparsa degli elefanti in Kenya e la fine del mito dell’invulnerabilità della natura.  Le sue immagini da quel momento iniziarono a sorprendere per quella visione nuova, e inaspettata, dell’Africa. Una vita passata a esplorare il mondo, lasciando ovunque tracce di sè.

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