Sguardi aperti sul mondo
Una fotografia può restituire con efficacia e immediatezza il senso di luoghi lontani, di latitudini sconosciute. Quando poi alle capacità di un grande fotografo si uniscono quelle di un grande viaggiatore e narratore, come nel caso di Fosco Maraini, il risultato può essere sorprendente. Accade ne “L’isola delle pescatrici”, articolo firmato da Maraini nel 1956 per la Rivista Pirelli. Insigne orientalista, l’autore svela i segreti del popolo delle pescatrici giapponesi Ama, che sull’isola di Ekura si occupano della raccolta sul fondale marino dei preziosi molluschi awabi. Se il testo è ispirato da uno sguardo curioso, ancora più ispirate dalla sacralità orientale sono le foto scattate da Maraini alla festa dell’O Bon. Altre isole più vicine a noi, nel Mar Egeo, e altri incanti sono invece nell’obiettivo di Giulia Ferlito, che nel 1958 viaggia per tre settimane in barca dal Pireo alla Calcidica, a Patmos, a Rodi. Un’isola al giorno, ed è un trionfo di case bianche e cupole azzurre, mulini a vento, cicogne sui tetti, vele spiegate al meltemi. Ancora Giulia Ferlito, con il cognome acquisito di Pirelli, firma nel 1965 in Kenia uno splendido reportage in cui ritrae i Masai in magnifici scatti in bianco e nero: sulle pagine della Rivista scorrono i cerchi metallici delle donne Samburu e il ghepardo dell’Amboseli. Ancora isole: è Djerba, in Tunisia, l’omerica “isola dei lotofagi”, la protagonista delle fotografie di Marianne Adelmann a corredo dell’articolo di Tijani Zalila del 1966. L’isola è “un’oasi che galleggia sul mare”, e le cupole delle moschee disegnano nette geometrie nell’azzurro del cielo. E poi c’è naturalmente Fulvio Roiter, che immortala le case colorate del Pelourinho di Salvador de Bahia in “Oba Brasil”, del 1963, e i paesaggi della “vecchia Europa” nell’articolo “Inafferrabile Bruges”, scritto nel 1968 da Paul van del Bosch. Fino al capolavoro di colori, dal viola, al bianco, all’arancione, della Madera di “A dorso d’uomo”, firmato da Suzanne Chantal nel 1969. Il mondo dentro uno, tanti sguardi, sempre d’autore.
Una fotografia può restituire con efficacia e immediatezza il senso di luoghi lontani, di latitudini sconosciute. Quando poi alle capacità di un grande fotografo si uniscono quelle di un grande viaggiatore e narratore, come nel caso di Fosco Maraini, il risultato può essere sorprendente. Accade ne “L’isola delle pescatrici”, articolo firmato da Maraini nel 1956 per la Rivista Pirelli. Insigne orientalista, l’autore svela i segreti del popolo delle pescatrici giapponesi Ama, che sull’isola di Ekura si occupano della raccolta sul fondale marino dei preziosi molluschi awabi. Se il testo è ispirato da uno sguardo curioso, ancora più ispirate dalla sacralità orientale sono le foto scattate da Maraini alla festa dell’O Bon. Altre isole più vicine a noi, nel Mar Egeo, e altri incanti sono invece nell’obiettivo di Giulia Ferlito, che nel 1958 viaggia per tre settimane in barca dal Pireo alla Calcidica, a Patmos, a Rodi. Un’isola al giorno, ed è un trionfo di case bianche e cupole azzurre, mulini a vento, cicogne sui tetti, vele spiegate al meltemi. Ancora Giulia Ferlito, con il cognome acquisito di Pirelli, firma nel 1965 in Kenia uno splendido reportage in cui ritrae i Masai in magnifici scatti in bianco e nero: sulle pagine della Rivista scorrono i cerchi metallici delle donne Samburu e il ghepardo dell’Amboseli. Ancora isole: è Djerba, in Tunisia, l’omerica “isola dei lotofagi”, la protagonista delle fotografie di Marianne Adelmann a corredo dell’articolo di Tijani Zalila del 1966. L’isola è “un’oasi che galleggia sul mare”, e le cupole delle moschee disegnano nette geometrie nell’azzurro del cielo. E poi c’è naturalmente Fulvio Roiter, che immortala le case colorate del Pelourinho di Salvador de Bahia in “Oba Brasil”, del 1963, e i paesaggi della “vecchia Europa” nell’articolo “Inafferrabile Bruges”, scritto nel 1968 da Paul van del Bosch. Fino al capolavoro di colori, dal viola, al bianco, all’arancione, della Madera di “A dorso d’uomo”, firmato da Suzanne Chantal nel 1969. Il mondo dentro uno, tanti sguardi, sempre d’autore.