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Federico Fellini, James Bond e Jerry Lewis: le recensioni di Morando Morandini sulla rivista “Pirelli”

“Tirate le somme, questo James Bond non ci va a genio”. L’esordio del critico cinematografico Morando Morandini sulla rivista “Pirelli” n° 1 del 1965, con la rubrica Cinema allo specchio, è già tutto un manifesto programmatico. Da poco passato al quotidiano Il Giorno, dopo quasi un decennio alle pagine di cinema e televisione della Notte, Morandini inizia la sua collaborazione con la rivistaPirelli” occupandosi di uno dei fenomeni cinematografici del momento: le avventure dell’Agente di Sua Maestà Britannica 007. Quando ne scrive in Chi ha paura di James Bond? nel gennaio del 1965, – sono già usciti nelle sale Licenza di uccidere (1962), Dalla Russia con amore (1963) e Missione Goldfinger (1964): ma a lui questo James Bond non piace, e neppure gli piace granché il suo creatore letterario Jan Fleming, dalla “narrativa ferroviaria e snobistica”. Morandini fa subito capire all’eterogeneo pubblico dei lettori di Pirelli che a lui la fiction d’avventura all’americana proprio non va a genio. E ne fa le spese anche “l’incredibile Aston Martin DB5 coupé (costo: 17 milioni di lire!)” con le sue mitragliatrici, il suo spargitore d’olio e i sui mozzi trinciatori di pneumatici. Non ama gli eccessi, Morandini. Infatti dopo due interventi su film tutto sommato non popolarissimi – Amleto del russo Kozincev, 1964, e il Processo a Giovanna d’Arco di Bresson, 1962- ecco che la critica arriva a Federico Fellini. Il colore degli spiriti, sulla rivista “Pirelli” n° 5-6 del 1965, se la prende soprattutto con la Giulietta protagonista del film appena uscito nelle sale cinematografiche: l’attrice è Giulietta Masina, al suo terzo personaggio “felliniano” dopo Gelsomina e Cabiria (La strada, 1954 e Le notti di Cabiria, 1957). “Diremo subito che questa Giulietta, cuore del film, non convince nè avvince. Questa Giulietta non ci interessa. E’ una seria professionista, non una grande commediante”. Non che il critico non ammiri comunque il mondo barocco e stravagante di Fellini, però “anche l’aspetto magico del film ci lascia perplessi. Un catalogo illustrato dell’universo felliniano? Esatto”. Ma non va molto meglio neppure all’americano Il caro estinto, diretto da Tony Richardson nel 1965 in nome del classico “humour inglese”: una commedia grottesca che nelle parole del critico “dà l’impressione di essere un racconto un po’ pletorico, lacunoso… forse proprio perchè ha un’allure disordinata, sgangherata”. Peraltro il film non spopolò al botteghino.

Fin qui il Morando Morandini critico implacabile  -come è suo dovere-  del cinema contemporaneo. Ma la rubrica Cinema allo specchio, continuata sulle pagine della rivista pirelliana fino alla fine del 1967, riesce spesso a essere anche una coltissima analisi di precisi filoni cinematografici, come è il caso dei film bellici in Il giuoco della guerra  (n° 5 del 1966) o della commedia comica americana in Jerry Lewis ultimo buffo (n° 2 del 1967), oppure una profonda e dolente riflessione sul ruolo dei festival cinematografici come in Festival offresi (n° 4, 1966). Grandioso il ritratto che il critico fa di Spencer Tracy, gigante di Hollywood in coppia con Katharine Hepburn in Tre ricordi (n°4 del 1967).
L’ultimo contributo alla rubrica Cinema allo specchio  -sulla rivista n° 6 del 1967-  è Il Leone si è annoiato, e il titolo dice molto. Morandini parla di Buñuel, di come “a sessantasette anni il cinema non gli interessa più: ha chiuso con Belle de Jour, tratto da un romanzo di Kessel che non gli piaceva”. Il grande regista spagnolo ha girato Un chien andalou e L’âge d’or, Viridiana e Los olvidados, Nazarin e Diario di una cameriera. Dopo il capolavoro Bella di Giorno aveva detto che “ne aveva abbastanza di cercare gli angoli per la macchina da presa e dire baggianate agli attori”. Giudizi diretti, incisivi, che nel tempo hanno reso Morando Morandini una delle voci più autorevoli della critica cinematografica italiana. E che oggi possiamo rileggere sulle pagine della nostra rivista “Pirelli”.

“Tirate le somme, questo James Bond non ci va a genio”. L’esordio del critico cinematografico Morando Morandini sulla rivista “Pirelli” n° 1 del 1965, con la rubrica Cinema allo specchio, è già tutto un manifesto programmatico. Da poco passato al quotidiano Il Giorno, dopo quasi un decennio alle pagine di cinema e televisione della Notte, Morandini inizia la sua collaborazione con la rivistaPirelli” occupandosi di uno dei fenomeni cinematografici del momento: le avventure dell’Agente di Sua Maestà Britannica 007. Quando ne scrive in Chi ha paura di James Bond? nel gennaio del 1965, – sono già usciti nelle sale Licenza di uccidere (1962), Dalla Russia con amore (1963) e Missione Goldfinger (1964): ma a lui questo James Bond non piace, e neppure gli piace granché il suo creatore letterario Jan Fleming, dalla “narrativa ferroviaria e snobistica”. Morandini fa subito capire all’eterogeneo pubblico dei lettori di Pirelli che a lui la fiction d’avventura all’americana proprio non va a genio. E ne fa le spese anche “l’incredibile Aston Martin DB5 coupé (costo: 17 milioni di lire!)” con le sue mitragliatrici, il suo spargitore d’olio e i sui mozzi trinciatori di pneumatici. Non ama gli eccessi, Morandini. Infatti dopo due interventi su film tutto sommato non popolarissimi – Amleto del russo Kozincev, 1964, e il Processo a Giovanna d’Arco di Bresson, 1962- ecco che la critica arriva a Federico Fellini. Il colore degli spiriti, sulla rivista “Pirelli” n° 5-6 del 1965, se la prende soprattutto con la Giulietta protagonista del film appena uscito nelle sale cinematografiche: l’attrice è Giulietta Masina, al suo terzo personaggio “felliniano” dopo Gelsomina e Cabiria (La strada, 1954 e Le notti di Cabiria, 1957). “Diremo subito che questa Giulietta, cuore del film, non convince nè avvince. Questa Giulietta non ci interessa. E’ una seria professionista, non una grande commediante”. Non che il critico non ammiri comunque il mondo barocco e stravagante di Fellini, però “anche l’aspetto magico del film ci lascia perplessi. Un catalogo illustrato dell’universo felliniano? Esatto”. Ma non va molto meglio neppure all’americano Il caro estinto, diretto da Tony Richardson nel 1965 in nome del classico “humour inglese”: una commedia grottesca che nelle parole del critico “dà l’impressione di essere un racconto un po’ pletorico, lacunoso… forse proprio perchè ha un’allure disordinata, sgangherata”. Peraltro il film non spopolò al botteghino.

Fin qui il Morando Morandini critico implacabile  -come è suo dovere-  del cinema contemporaneo. Ma la rubrica Cinema allo specchio, continuata sulle pagine della rivista pirelliana fino alla fine del 1967, riesce spesso a essere anche una coltissima analisi di precisi filoni cinematografici, come è il caso dei film bellici in Il giuoco della guerra  (n° 5 del 1966) o della commedia comica americana in Jerry Lewis ultimo buffo (n° 2 del 1967), oppure una profonda e dolente riflessione sul ruolo dei festival cinematografici come in Festival offresi (n° 4, 1966). Grandioso il ritratto che il critico fa di Spencer Tracy, gigante di Hollywood in coppia con Katharine Hepburn in Tre ricordi (n°4 del 1967).
L’ultimo contributo alla rubrica Cinema allo specchio  -sulla rivista n° 6 del 1967-  è Il Leone si è annoiato, e il titolo dice molto. Morandini parla di Buñuel, di come “a sessantasette anni il cinema non gli interessa più: ha chiuso con Belle de Jour, tratto da un romanzo di Kessel che non gli piaceva”. Il grande regista spagnolo ha girato Un chien andalou e L’âge d’or, Viridiana e Los olvidados, Nazarin e Diario di una cameriera. Dopo il capolavoro Bella di Giorno aveva detto che “ne aveva abbastanza di cercare gli angoli per la macchina da presa e dire baggianate agli attori”. Giudizi diretti, incisivi, che nel tempo hanno reso Morando Morandini una delle voci più autorevoli della critica cinematografica italiana. E che oggi possiamo rileggere sulle pagine della nostra rivista “Pirelli”.

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