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Filosofia per la buona produzione

In un libro denso di suggestioni un metodo diverso per gestire meglio l’impresa

Filosofia per governare bene (anzi meglio) le imprese. Tema importante (essenziale anche in un modo digitale come quello odierno) che Emanuele Sacerdote nella sua ultima fatica letteraria. “Filosofia per l’impresa” parte da un’idea semplice in  apparenza ma impegnativa: il metodo filosofico di illustri saggi – come Socrate, Aristotele, Bacon, Descartes, Hegel, Schopenhauer, Husserl, Popper – potrebbe arricchire e rafforzare l’esercizio del governo strategico delle imprese elevando la governabilità e potenziando la vocazione di progresso delle organizzazioni della produzione.

Sacerdote parte dalla constatazione della presenza di un’idea “dominante” nella gestione d’impresa che suggerisce di fortificare la stessa gestione strategica aumentando la consapevolezza, la lungimiranza, il realismo e la sintesi per favorire risultati migliori. Tutto giusto ma non sufficiente. Per Sacerdote, infatti, occorre anche un’idea “propositiva” che suggerisca l’utilità di un nuovo “ciclo prestrategico” la cui quintessenza metodologica consiste in un percorso basato sul ragionamento deduttivo, sull’approccio critico e sull’analisi fattuale.

Per illustrare tutto questo, l’autore conduce chi legge lungo un percorso tutto sommato anch’esso semplice e lineare: la necessità di elevare la governabilità delle imprese, la focalizzazione sulla filosofia come strumento prestrategico, l’indicazione di come “esercitare” il metodo proposto e una serie di applicazioni da cui trarre esempio.

Leggere Sacerdote significa avventurarsi in un mondo altro dalla semplice (e noiosa) strategia classica d’impresa, qualcosa di molto più complesso e interessante, che vale la pena di esplorare e scoprire.

Filosofia per l’impresa

Emanuele Sacerdote

Il Sole 24 Ore, 2023

In un libro denso di suggestioni un metodo diverso per gestire meglio l’impresa

Filosofia per governare bene (anzi meglio) le imprese. Tema importante (essenziale anche in un modo digitale come quello odierno) che Emanuele Sacerdote nella sua ultima fatica letteraria. “Filosofia per l’impresa” parte da un’idea semplice in  apparenza ma impegnativa: il metodo filosofico di illustri saggi – come Socrate, Aristotele, Bacon, Descartes, Hegel, Schopenhauer, Husserl, Popper – potrebbe arricchire e rafforzare l’esercizio del governo strategico delle imprese elevando la governabilità e potenziando la vocazione di progresso delle organizzazioni della produzione.

Sacerdote parte dalla constatazione della presenza di un’idea “dominante” nella gestione d’impresa che suggerisce di fortificare la stessa gestione strategica aumentando la consapevolezza, la lungimiranza, il realismo e la sintesi per favorire risultati migliori. Tutto giusto ma non sufficiente. Per Sacerdote, infatti, occorre anche un’idea “propositiva” che suggerisca l’utilità di un nuovo “ciclo prestrategico” la cui quintessenza metodologica consiste in un percorso basato sul ragionamento deduttivo, sull’approccio critico e sull’analisi fattuale.

Per illustrare tutto questo, l’autore conduce chi legge lungo un percorso tutto sommato anch’esso semplice e lineare: la necessità di elevare la governabilità delle imprese, la focalizzazione sulla filosofia come strumento prestrategico, l’indicazione di come “esercitare” il metodo proposto e una serie di applicazioni da cui trarre esempio.

Leggere Sacerdote significa avventurarsi in un mondo altro dalla semplice (e noiosa) strategia classica d’impresa, qualcosa di molto più complesso e interessante, che vale la pena di esplorare e scoprire.

Filosofia per l’impresa

Emanuele Sacerdote

Il Sole 24 Ore, 2023

Si avvicina la conclusione del Premio Campiello 2023: scopriamo i cinque libri finalisti

Sta per arrivare la serata della Cerimonia di Premiazione dei vincitori del Premio Campiello 2023, anche quest’anno sostenuto da Pirelli, che rinnova il suo impegno nel supporto alle iniziative di promozione della lettura. La finale, che si terrà sabato 16 settembre, presso il Teatro La Fenice di Venezia, sarà condotta da Francesca Fialdini e Lodo Guenzi, sarà trasmessa in diretta televisiva su Rai 5.

Come fatto negli scorsi anni, Fondazione Pirelli ha invitato i cinque scrittori finalisti a registrare una video intervista per raccontare i loro libri. I lettori curiosi potranno così conoscere meglio i protagonisti di questa sessantunesima edizione del prestigioso riconoscimento letterario, in attesa di conoscere il vincitore.

Un’intervista al giorno per tutta la settimana, da oggi fino a venerdì 15 settembre, in cui i cinque autori finalisti ci racconteranno le loro opere: la biografia di Joyce Lussu, una delle figure più rivoluzionarie e affascinanti del Novecento italiano e della resistenza; un romanzo in cui la protagonista si confronta con i propri desideri e cerca spazi nei quali esprimerli; un saggio che ricostruisce il ruolo delle donne durante la resistenza al nazifascismo; un libro che mescola prosa e poesia, nel quale strani viaggiatori attraversano il Mediterraneo in cerca di un’antica divinità selvatica; il diario di un’estate trascorsa passeggiando per Roma ricordando la vita di Ennio Flaiano.

Ecco il programma completo dei video che verranno pubblicati sul sito fondazionepirelli.org:

Lunedì 11 settembre 2023: Silvia Ballestra – La Sibilla (Laterza)

Martedì 12 settembre 2023: Marta Cai – Centomilioni (Einaudi)

Mercoledì 13 settembre 2023: Tommaso Pincio – Diario di un’estate marziana (Perrone)

Giovedì 14 settembre 2023: Benedetta Tobagi – La resistenza delle donne (Einaudi)

Venerdì 15 settembre 2023: Filippo Tuena – In cerca di Pan (Nottetempo)

Buona visione e buona lettura.

Fondazione Pirelli

Sta per arrivare la serata della Cerimonia di Premiazione dei vincitori del Premio Campiello 2023, anche quest’anno sostenuto da Pirelli, che rinnova il suo impegno nel supporto alle iniziative di promozione della lettura. La finale, che si terrà sabato 16 settembre, presso il Teatro La Fenice di Venezia, sarà condotta da Francesca Fialdini e Lodo Guenzi, sarà trasmessa in diretta televisiva su Rai 5.

Come fatto negli scorsi anni, Fondazione Pirelli ha invitato i cinque scrittori finalisti a registrare una video intervista per raccontare i loro libri. I lettori curiosi potranno così conoscere meglio i protagonisti di questa sessantunesima edizione del prestigioso riconoscimento letterario, in attesa di conoscere il vincitore.

Un’intervista al giorno per tutta la settimana, da oggi fino a venerdì 15 settembre, in cui i cinque autori finalisti ci racconteranno le loro opere: la biografia di Joyce Lussu, una delle figure più rivoluzionarie e affascinanti del Novecento italiano e della resistenza; un romanzo in cui la protagonista si confronta con i propri desideri e cerca spazi nei quali esprimerli; un saggio che ricostruisce il ruolo delle donne durante la resistenza al nazifascismo; un libro che mescola prosa e poesia, nel quale strani viaggiatori attraversano il Mediterraneo in cerca di un’antica divinità selvatica; il diario di un’estate trascorsa passeggiando per Roma ricordando la vita di Ennio Flaiano.

Ecco il programma completo dei video che verranno pubblicati sul sito fondazionepirelli.org:

Lunedì 11 settembre 2023: Silvia Ballestra – La Sibilla (Laterza)

Martedì 12 settembre 2023: Marta Cai – Centomilioni (Einaudi)

Mercoledì 13 settembre 2023: Tommaso Pincio – Diario di un’estate marziana (Perrone)

Giovedì 14 settembre 2023: Benedetta Tobagi – La resistenza delle donne (Einaudi)

Venerdì 15 settembre 2023: Filippo Tuena – In cerca di Pan (Nottetempo)

Buona visione e buona lettura.

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Tornare “in pista”

Nel 1956 Pirelli lascia la Formula Uno per concentrare tutte le sue forze ed energie sullo studio e la produzione del pneumatico CINTURATO. L’anno successivo, il Gran Premio d’Italia viene vinto da Stirling Moss con gli ultimi pneumatici Stelvio Corsa rimasti a magazzino. Con il rientro nel Campionato negli anni Ottanta, sui circuiti della Formula Uno saranno il CINTURATO prima e il P Zero poi a farla da padrone. L’era dello Stelvio e dello Stella Bianca sembra essere giunta a conclusione. O forse no… Nel 2018, in occasione della Milano-Sanremo, il binomio Pirelli-Ferrari si riconferma protagonista: su sprone del Cavallino Rampante, Pirelli riporta sul mercato, con la linea “Collezione”, il leggendario Stelvio Corsa per gommare esclusivamente la Ferrari 250 GTO, sviluppata per competere nella categoria Gran Turismo. Due sono le misure disponibili: 215/70 R15 98W per l’anteriore e 225/70 R15 100W per il posteriore. Nessun’altra misura è prevista, nessun’altra auto può montare lo Stelvio Corsa. È, tout court, “la” gomma creata ad hoc per la Ferrari 250 GTO.

Un nuovo incontro tra tradizione e modernità che, partendo dai disegni tecnici messi a disposizione dalla Fondazione Pirelli e custoditi nel suo Archivio Storico, ha ricevuto il proprio “battesimo dell’asfalto” sul tracciato ligure. Esteticamente identico al “pneumatico dei record” ma dotato delle più avanzate tecniche in uso nel motorsport, lo Stelvio Corsa del nuovo millennio garantisce la massima attenzione all’ambiente e alla sicurezza senza perdere lo stile originale. Ieri, come oggi, il risultato è una miscela d’eccellenza tra prestazioni e autenticità che consolida il rapporto tra Ferrari e Pirelli, in pista e in strada.

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Nel 1956 Pirelli lascia la Formula Uno per concentrare tutte le sue forze ed energie sullo studio e la produzione del pneumatico CINTURATO. L’anno successivo, il Gran Premio d’Italia viene vinto da Stirling Moss con gli ultimi pneumatici Stelvio Corsa rimasti a magazzino. Con il rientro nel Campionato negli anni Ottanta, sui circuiti della Formula Uno saranno il CINTURATO prima e il P Zero poi a farla da padrone. L’era dello Stelvio e dello Stella Bianca sembra essere giunta a conclusione. O forse no… Nel 2018, in occasione della Milano-Sanremo, il binomio Pirelli-Ferrari si riconferma protagonista: su sprone del Cavallino Rampante, Pirelli riporta sul mercato, con la linea “Collezione”, il leggendario Stelvio Corsa per gommare esclusivamente la Ferrari 250 GTO, sviluppata per competere nella categoria Gran Turismo. Due sono le misure disponibili: 215/70 R15 98W per l’anteriore e 225/70 R15 100W per il posteriore. Nessun’altra misura è prevista, nessun’altra auto può montare lo Stelvio Corsa. È, tout court, “la” gomma creata ad hoc per la Ferrari 250 GTO.

Un nuovo incontro tra tradizione e modernità che, partendo dai disegni tecnici messi a disposizione dalla Fondazione Pirelli e custoditi nel suo Archivio Storico, ha ricevuto il proprio “battesimo dell’asfalto” sul tracciato ligure. Esteticamente identico al “pneumatico dei record” ma dotato delle più avanzate tecniche in uso nel motorsport, lo Stelvio Corsa del nuovo millennio garantisce la massima attenzione all’ambiente e alla sicurezza senza perdere lo stile originale. Ieri, come oggi, il risultato è una miscela d’eccellenza tra prestazioni e autenticità che consolida il rapporto tra Ferrari e Pirelli, in pista e in strada.

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Il concetto P Zero

È il 1981. Pirelli torna sui circuiti della Formula Uno dopo venticinque anni, al fianco di Toleman. Sono anni spesi nella ricerca sui radiali e dei testing su sterrato nelle competizioni rally. La P lunga equipaggia Alfa Romeo, BMW, Citroën, Fiat, Ford, Mitsubishi, Opel, Peugeot, Subaru e Toyota. Ma è con Lancia che, qualche anno prima, è avvenuto il giro di boa: nel 1974, infatti, sulle piste del Campionato Mondiale di Rally arriva la Stratos. La vettura ha una potenza tale da “costringere” la Pirelli a sviluppare un nuovo progetto, il P7, precursore per eccellenza dell’high-performance: il P Zero, come l’assoluto e la perfezione. È il pneumatico che, più di tutti, interesserà ogni ambito del motorsport, dalla Formula Uno al rally, dal GT fino alle celebri sportive stradali e all’endurance con la Ferrari F40 LM di Le Mans. Introdotto sperimentalmente nel 1984, il P Zero vede la luce tra le fine del 1985 e l’inizio del 1986 per equipaggiare un’altra Lancia, la Delta S4 versione “corsa”, che si impone sin da subito con una lunga sequenza di successi e vittorie. A partire dal 1986 quando – ancora una volta – il binomio Ferrari-Pirelli fa la storia.

L’anno successivo, infatti, a Maranello, il Cavallino Rampante presenta ufficialmente la F40, che pur essendo a tutti gli effetti una vettura stradale, ha una chiara vocazione sportiva. Con i suoi 320 km/h necessita di pneumatici capaci di offrire comfort, ottime performance, efficienza e tenuta su asciutto e bagnato, su rettilineo e in curva. In altre parole, ha bisogno del P Zero. La P Lunga realizza ad hoc per la Scuderia, come già fatto con lo Stelvio, due misure (245/40 ZR 17 per le anteriori e 335/35 ZR 17 per le posteriori).  Di lì a poco, tutte le case automobilistiche cominciano a richiedere pneumatici “su misura”. La “famiglia P Zero”, infatti, si presenta come il risultato di una continua evoluzione che ha seguito quella delle auto sportive adattandosi alle diverse necessità. Nel 1988 Lamborghini entra a far parte delle sportive della “scuderia P Zero” grazie all’adattamento dell’ultra-high performance alla sua Countach Anniversary, realizzata per festeggiare i venticinque anni della casa del Toro e protagonista di un piccolo capolavoro televisivo della comunicazione, The Day the Earth Stood Still. L’uso “su sterrato”, però, non è che una minima parte, seppur di prestigio, cui si presta il P Zero.

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È il 1981. Pirelli torna sui circuiti della Formula Uno dopo venticinque anni, al fianco di Toleman. Sono anni spesi nella ricerca sui radiali e dei testing su sterrato nelle competizioni rally. La P lunga equipaggia Alfa Romeo, BMW, Citroën, Fiat, Ford, Mitsubishi, Opel, Peugeot, Subaru e Toyota. Ma è con Lancia che, qualche anno prima, è avvenuto il giro di boa: nel 1974, infatti, sulle piste del Campionato Mondiale di Rally arriva la Stratos. La vettura ha una potenza tale da “costringere” la Pirelli a sviluppare un nuovo progetto, il P7, precursore per eccellenza dell’high-performance: il P Zero, come l’assoluto e la perfezione. È il pneumatico che, più di tutti, interesserà ogni ambito del motorsport, dalla Formula Uno al rally, dal GT fino alle celebri sportive stradali e all’endurance con la Ferrari F40 LM di Le Mans. Introdotto sperimentalmente nel 1984, il P Zero vede la luce tra le fine del 1985 e l’inizio del 1986 per equipaggiare un’altra Lancia, la Delta S4 versione “corsa”, che si impone sin da subito con una lunga sequenza di successi e vittorie. A partire dal 1986 quando – ancora una volta – il binomio Ferrari-Pirelli fa la storia.

L’anno successivo, infatti, a Maranello, il Cavallino Rampante presenta ufficialmente la F40, che pur essendo a tutti gli effetti una vettura stradale, ha una chiara vocazione sportiva. Con i suoi 320 km/h necessita di pneumatici capaci di offrire comfort, ottime performance, efficienza e tenuta su asciutto e bagnato, su rettilineo e in curva. In altre parole, ha bisogno del P Zero. La P Lunga realizza ad hoc per la Scuderia, come già fatto con lo Stelvio, due misure (245/40 ZR 17 per le anteriori e 335/35 ZR 17 per le posteriori).  Di lì a poco, tutte le case automobilistiche cominciano a richiedere pneumatici “su misura”. La “famiglia P Zero”, infatti, si presenta come il risultato di una continua evoluzione che ha seguito quella delle auto sportive adattandosi alle diverse necessità. Nel 1988 Lamborghini entra a far parte delle sportive della “scuderia P Zero” grazie all’adattamento dell’ultra-high performance alla sua Countach Anniversary, realizzata per festeggiare i venticinque anni della casa del Toro e protagonista di un piccolo capolavoro televisivo della comunicazione, The Day the Earth Stood Still. L’uso “su sterrato”, però, non è che una minima parte, seppur di prestigio, cui si presta il P Zero.

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La nascita di un mito

È il 1953. Sul tracciato di Monza sfreccia, a 200 km/h, una Ferrari 500 gommata Pirelli. Al volante c’è Alberto Ascari pronto a conquistare una doppia e travolgente vittoria. A scorrere sotto di lui, però, non sono i “pneumatici delle vittorie”, ma un nuovo modello che la P Lunga ha sviluppato esclusivamente per la nuova vettura pensata dal Cavallino Rampante a uso prettamente agonistico e lanciata proprio in occasione di quel Campionato di Formula Uno: i pneumatici Stelvio Corsa.

Nelle competizioni su quattro ruote, gli anni Cinquanta e Sessanta si susseguono all’insegna dello Stella Bianca Corsa, prima scelta di ogni casa automobilistica: Alfa Romeo, Ferrari, Maserati. Sono, però, anche gli anni del dopoguerra, della Ricostruzione, di Pirelli che inizia a focalizzarsi sulla mobilità di massa celebrando, con una nuova gamma di prodotti, i diversi passi alpini. Nascono così il Rolle, il Sempione e, appunto, lo Stelvio. È proprio quest’ultimo, erede dei “pneumatici delle vittorie”, a guadagnarsi sin da subito il riconoscimento di “pneumatico dei record” portando Ascari alla vittoria del Gran Premio d’Italia 1952 e il titolo di Formula Uno dello stesso anno, per sé stesso e per la Ferrari. Un successo che si replicherà anche nel 1953 e che darà il via a un’escalation di vittorie e nuovi prodotti, potenti e performanti, ma mai in grado di surclassare nei successi sportivi lo Stelvio, che garantisce anche la vittoria nella 24 Ore di Le Mans a Maurice Trintignant e Froilàn Gonzales.

A fare la differenza, in pista e fuori, è la tecnologia. Nel modello stradale è il battistrada a blocchetti pentagonali legati tra loro longitudinalmente, che segna il passaggio da disegno scolpito a disegno rigato. Migliorando tenuta di strada e silenziosità, utilizza – insieme alla gomma naturale – diversi tipi di gomma sintetica e rayon + nylon nella carcassa. La versione corsa, invece, si mantiene su un battistrada ancora in gomma naturale, disegno con tagli trasversali per il bagnato e una diversa percentuale di nerofumo nelle mescole per graduare resistenza e deformazione. Gare, quindi, ma anche tecnologie avanzate e sviluppi industriali che dai circuiti passano alle auto di tutti i giorni, nella più autentica tradizione Pirelli di unire ricerca per le competizioni e applicazioni alla produzione “di mercato”. Non solo la “Topolino” gommata Stella Bianca, ma anche la “Fiat 600” e i suoi Rolle, la “Mini” e la “Fiat 500” con il CINTURATO CN54, derivato direttamente dall’esperienza dei rally.

Stella Bianca, Rolle, Sempione, Stelvio, CINTURATO fanno immediatamente la storia tanto della mobilità italiana quanto delle competizioni su quattro ruote accomunati dalla passione per le sfide, dentro e fuori dai circuiti.

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È il 1953. Sul tracciato di Monza sfreccia, a 200 km/h, una Ferrari 500 gommata Pirelli. Al volante c’è Alberto Ascari pronto a conquistare una doppia e travolgente vittoria. A scorrere sotto di lui, però, non sono i “pneumatici delle vittorie”, ma un nuovo modello che la P Lunga ha sviluppato esclusivamente per la nuova vettura pensata dal Cavallino Rampante a uso prettamente agonistico e lanciata proprio in occasione di quel Campionato di Formula Uno: i pneumatici Stelvio Corsa.

Nelle competizioni su quattro ruote, gli anni Cinquanta e Sessanta si susseguono all’insegna dello Stella Bianca Corsa, prima scelta di ogni casa automobilistica: Alfa Romeo, Ferrari, Maserati. Sono, però, anche gli anni del dopoguerra, della Ricostruzione, di Pirelli che inizia a focalizzarsi sulla mobilità di massa celebrando, con una nuova gamma di prodotti, i diversi passi alpini. Nascono così il Rolle, il Sempione e, appunto, lo Stelvio. È proprio quest’ultimo, erede dei “pneumatici delle vittorie”, a guadagnarsi sin da subito il riconoscimento di “pneumatico dei record” portando Ascari alla vittoria del Gran Premio d’Italia 1952 e il titolo di Formula Uno dello stesso anno, per sé stesso e per la Ferrari. Un successo che si replicherà anche nel 1953 e che darà il via a un’escalation di vittorie e nuovi prodotti, potenti e performanti, ma mai in grado di surclassare nei successi sportivi lo Stelvio, che garantisce anche la vittoria nella 24 Ore di Le Mans a Maurice Trintignant e Froilàn Gonzales.

A fare la differenza, in pista e fuori, è la tecnologia. Nel modello stradale è il battistrada a blocchetti pentagonali legati tra loro longitudinalmente, che segna il passaggio da disegno scolpito a disegno rigato. Migliorando tenuta di strada e silenziosità, utilizza – insieme alla gomma naturale – diversi tipi di gomma sintetica e rayon + nylon nella carcassa. La versione corsa, invece, si mantiene su un battistrada ancora in gomma naturale, disegno con tagli trasversali per il bagnato e una diversa percentuale di nerofumo nelle mescole per graduare resistenza e deformazione. Gare, quindi, ma anche tecnologie avanzate e sviluppi industriali che dai circuiti passano alle auto di tutti i giorni, nella più autentica tradizione Pirelli di unire ricerca per le competizioni e applicazioni alla produzione “di mercato”. Non solo la “Topolino” gommata Stella Bianca, ma anche la “Fiat 600” e i suoi Rolle, la “Mini” e la “Fiat 500” con il CINTURATO CN54, derivato direttamente dall’esperienza dei rally.

Stella Bianca, Rolle, Sempione, Stelvio, CINTURATO fanno immediatamente la storia tanto della mobilità italiana quanto delle competizioni su quattro ruote accomunati dalla passione per le sfide, dentro e fuori dai circuiti.

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Sfrecciare…tra arte e design

La passione è un elemento che caratterizza le campagne di comunicazione della Pirelli create sotto la supervisione di Leonardo Sinisgalli. In un momento storico in cui la motorizzazione cresce in maniera esponenziale, l’azienda scommette non solo sulla produzione di pneumatici sempre più avanzati ma anche sulla loro promozione, chiamando a raccolta artisti e intellettuali in grado di sviluppare una nuova strategia comunicativa: stampa, affissioni, cinema, pubblicità diretta. La Direzione Propaganda si attiva a trecentosessanta gradi per raccontare i nuovi modelli di pneumatici lanciati sul mercato per le diverse tipologie di veicoli, di stagioni o di condizioni stradali. Così, alla produzione grafica di Ezio Bonini e Pavel Michael Engelmann, si affianca anche quella di Franco Grignani e di molti altri grandi artisti.

Nel 1951, la serie Quanti calcoli fa la natura di Bonini parte dalle suggestioni di Leonardo Sinisgalli e utilizza immagini di molluschi, stelle, cristalli come metafore del lavoro ingegneristico (molecole, sequenze geometriche, sedimenti genetici) necessario per produrre una conchiglia, un crostaceo o… uno Stelvio. Tanto è lo stupore nell’ammirare le forme perfette create dalla natura intorno a noi quanto l’ammirazione generata dall’osservazione delle “scolpiture” dei disegni battistrada nati non dalla mano della natura, ma dalla sapienza dell’uomo e delle macchine. Differenti visioni e creatività che arricchiscono la comunicazione visiva e concorrono nel creare lo stile inconfondibile dell’azienda nei decenni. Nel 1952 la Pagot Film realizza un cortometraggio animato a colori dal titolo Novità al Salone Internazionale dell’auto diretto da Nino e Toni Pagot, vincitore di numerosi premi, che celebra proprio lo Stelvio. Nel 1956, invece, viene lanciata la campagna dedicata al viaggio di Franco Grignani. Ricca di suggestioni paesaggistiche, riattualizza e rielabora la tecnica del collage giocando sulle tre qualità chiave di questo modello: flessibilità, durata e tenuta di strada.

Persiste però anche un segno più “classico”, rappresentato dalla campagna “Sicurezza nella velocità” di Pavel Engelmann, che tra il 1952 e il 1954 segue l’evoluzione da Stella Bianca a Stelvio per i pneumatici da competizione. A predominare, in questo caso, è la stessa tonalità di rosso che il futurista Roowy aveva già usato quarant’anni prima. La comunicazione di Pirelli riceve anche da parte di diverse giurie internazionali grandi riconoscimenti – come la Palma d’Oro per la pubblicità vinta nel 1953 e altri importanti premi per la grafica. Tuttavia, per l’azienda l’obiettivo resta il consenso da parte del cliente. Consenso che riceve grazie ad Armando Testa e al manifesto “Stelvio artiglia l’asfalto”. L’idea di trasfigurare il pneumatico nella criniera di un leone, infatti, permette di rievocare con immediatezza nella mente di chi guarda le caratteristiche del prodotto: forza, aderenza, eleganza. Il tutto, in un’unica immagine dal tratto minimalista.

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La passione è un elemento che caratterizza le campagne di comunicazione della Pirelli create sotto la supervisione di Leonardo Sinisgalli. In un momento storico in cui la motorizzazione cresce in maniera esponenziale, l’azienda scommette non solo sulla produzione di pneumatici sempre più avanzati ma anche sulla loro promozione, chiamando a raccolta artisti e intellettuali in grado di sviluppare una nuova strategia comunicativa: stampa, affissioni, cinema, pubblicità diretta. La Direzione Propaganda si attiva a trecentosessanta gradi per raccontare i nuovi modelli di pneumatici lanciati sul mercato per le diverse tipologie di veicoli, di stagioni o di condizioni stradali. Così, alla produzione grafica di Ezio Bonini e Pavel Michael Engelmann, si affianca anche quella di Franco Grignani e di molti altri grandi artisti.

Nel 1951, la serie Quanti calcoli fa la natura di Bonini parte dalle suggestioni di Leonardo Sinisgalli e utilizza immagini di molluschi, stelle, cristalli come metafore del lavoro ingegneristico (molecole, sequenze geometriche, sedimenti genetici) necessario per produrre una conchiglia, un crostaceo o… uno Stelvio. Tanto è lo stupore nell’ammirare le forme perfette create dalla natura intorno a noi quanto l’ammirazione generata dall’osservazione delle “scolpiture” dei disegni battistrada nati non dalla mano della natura, ma dalla sapienza dell’uomo e delle macchine. Differenti visioni e creatività che arricchiscono la comunicazione visiva e concorrono nel creare lo stile inconfondibile dell’azienda nei decenni. Nel 1952 la Pagot Film realizza un cortometraggio animato a colori dal titolo Novità al Salone Internazionale dell’auto diretto da Nino e Toni Pagot, vincitore di numerosi premi, che celebra proprio lo Stelvio. Nel 1956, invece, viene lanciata la campagna dedicata al viaggio di Franco Grignani. Ricca di suggestioni paesaggistiche, riattualizza e rielabora la tecnica del collage giocando sulle tre qualità chiave di questo modello: flessibilità, durata e tenuta di strada.

Persiste però anche un segno più “classico”, rappresentato dalla campagna “Sicurezza nella velocità” di Pavel Engelmann, che tra il 1952 e il 1954 segue l’evoluzione da Stella Bianca a Stelvio per i pneumatici da competizione. A predominare, in questo caso, è la stessa tonalità di rosso che il futurista Roowy aveva già usato quarant’anni prima. La comunicazione di Pirelli riceve anche da parte di diverse giurie internazionali grandi riconoscimenti – come la Palma d’Oro per la pubblicità vinta nel 1953 e altri importanti premi per la grafica. Tuttavia, per l’azienda l’obiettivo resta il consenso da parte del cliente. Consenso che riceve grazie ad Armando Testa e al manifesto “Stelvio artiglia l’asfalto”. L’idea di trasfigurare il pneumatico nella criniera di un leone, infatti, permette di rievocare con immediatezza nella mente di chi guarda le caratteristiche del prodotto: forza, aderenza, eleganza. Il tutto, in un’unica immagine dal tratto minimalista.

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Un futuro a cinque punte

Nel 1932 Pirelli avvia un’intera gamma dedicata ai pneumatici da corsa: i Supersport. Il capostipite? Proprio lo Stella Bianca, con il disegno battistrada del modello per uso stradale a cui si aggiunge, per distinguerlo, una piccola stella bianca apposta sul lato del pneumatico che indica lo Stella Bianca Corsa. È lo stesso modello che monta Giuseppe Farina sulla sua Alfa Romeo, nel 1950 a Silverstone, quando debutta il primo Campionato del Mondo di Formula Uno. Protagonista indiscusso fino agli anni Cinquanta, lo Stella Bianca si aggiudica numerose e importanti vittorie al fianco di Ferrari e Maserati, dominando le competizioni automobilistiche mondiali. Vetture firmate Quadrifoglio, Enzo Ferrari e Tazio Nuvolari diventano un mix insuperabile. E, naturalmente, gli Stella Bianca “ai piedi”. Cambiano i pneumatici e il corpo delle vetture viene costantemente innovato ma, a oggi, Alfa Romeo-Pirelli rimane l’unica combinazione presente in pista fin dagli esordi. Negli anni Sessanta, lo Stella Bianca – il pneumatico delle vittorie – lascerà campo libero allo Stelvio, che sin da subito si assicurerà il soprannome di “pneumatico dei record”. Prima, però, un’ultima conquista per le cinque punte bianche: il Gran Premio d’Italia sul Circuito di Monza da parte di Alberto Ascari alla guida della Ferrari 500.

Saremmo propensi a pensare che la vita di questo pneumatico, come molti altri prima e dopo di lui, sia giunta alla fine. E invece no. Su stimolo dei costruttori Ferrari, dal 2018, lo Stella Bianca è tornato in pista. Un modello nuovo, esteticamente uguale all’originale, ma al cui interno si muovono le più avanzate tecnologie sviluppate dal gruppo di Ricerca e Sviluppo della P Lunga. Dopo anni di radiali, Pirelli Collezione riporta sul mercato la tradizionale struttura a tele incrociate ricordando la simbiosi che da sempre lega i prodotti da strada ai pneumatici pensati per i circuiti di tutto il mondo. Un viaggio particolare, quello dello Stella Bianca: dalla pista, alla strada, e poi ancora in pista. Una storia da continuare a scrivere.

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Nel 1932 Pirelli avvia un’intera gamma dedicata ai pneumatici da corsa: i Supersport. Il capostipite? Proprio lo Stella Bianca, con il disegno battistrada del modello per uso stradale a cui si aggiunge, per distinguerlo, una piccola stella bianca apposta sul lato del pneumatico che indica lo Stella Bianca Corsa. È lo stesso modello che monta Giuseppe Farina sulla sua Alfa Romeo, nel 1950 a Silverstone, quando debutta il primo Campionato del Mondo di Formula Uno. Protagonista indiscusso fino agli anni Cinquanta, lo Stella Bianca si aggiudica numerose e importanti vittorie al fianco di Ferrari e Maserati, dominando le competizioni automobilistiche mondiali. Vetture firmate Quadrifoglio, Enzo Ferrari e Tazio Nuvolari diventano un mix insuperabile. E, naturalmente, gli Stella Bianca “ai piedi”. Cambiano i pneumatici e il corpo delle vetture viene costantemente innovato ma, a oggi, Alfa Romeo-Pirelli rimane l’unica combinazione presente in pista fin dagli esordi. Negli anni Sessanta, lo Stella Bianca – il pneumatico delle vittorie – lascerà campo libero allo Stelvio, che sin da subito si assicurerà il soprannome di “pneumatico dei record”. Prima, però, un’ultima conquista per le cinque punte bianche: il Gran Premio d’Italia sul Circuito di Monza da parte di Alberto Ascari alla guida della Ferrari 500.

Saremmo propensi a pensare che la vita di questo pneumatico, come molti altri prima e dopo di lui, sia giunta alla fine. E invece no. Su stimolo dei costruttori Ferrari, dal 2018, lo Stella Bianca è tornato in pista. Un modello nuovo, esteticamente uguale all’originale, ma al cui interno si muovono le più avanzate tecnologie sviluppate dal gruppo di Ricerca e Sviluppo della P Lunga. Dopo anni di radiali, Pirelli Collezione riporta sul mercato la tradizionale struttura a tele incrociate ricordando la simbiosi che da sempre lega i prodotti da strada ai pneumatici pensati per i circuiti di tutto il mondo. Un viaggio particolare, quello dello Stella Bianca: dalla pista, alla strada, e poi ancora in pista. Una storia da continuare a scrivere.

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La famiglia P Zero

Il P Zero resta tutt’oggi un mito di potenza, design e velocità derivati dalle intuizioni dell’ingegner Mario Mezzanotte e dal suo P7, che non manca nemmeno fuori dalle competizioni. La versione stradale del P Zero arriva sul mercato un anno dopo il lancio della Ferrari F40, nel 1987, con una struttura in realtà molto complessa ma finalizzata a garantire massime performance. Nel 1994 la famiglia P Zero ha un’altra, fondamentale, evoluzione grazie all’introduzione del P Zero System, che entra subito a far parte di una versione internazionale della campagna pubblicitaria Power is nothing without control ideata da Young & Rubicam con l’atleta Carl Lewis come testimonial.

Un disegno di battistrada anteriore e posteriore direttamente derivato dal mondo del motorsport, finalizzato a contrastare l’aquaplaning che equipaggia dapprima esclusivamente le supercar a uso stradale per arrivare poi alle altissime prestazioni in pista. In pratica, il P Zero può ora gommare tanto una Ferrari quanto una Volkswagen Golf o una BMW. Da qui le campagne What you drive is your business, what you drive on is ours (1995), Pirelli. Sizin için, sizinle (Pirelli. Con te, per te, 1989), P Zero the Hero (1996-1997) e To build a winning car you need to start from Zero (2001). Ma la storia della P Zero Collection non si chiude qui. Nel 2003 arriva il P Zero Corsa System, concepito espressamente per la Ferrari Challenge stradale sulla base dell’esperienza nel Gran Turismo delle Ferrari 360 GT.

È la giovane modella Naomi Campbell, all’apice della sua carriera, a tenere a battesimo l’anno successivo la “Planet Zero”, una gamma che comprende P Zero System, P Zero Rosso, P Zero Nero, P Zero Corsa e – per i grandi SUV – lo Scorpion Zero. Alla famiglia si unisce, da luglio 2023, un nuovo modello: il P Zero E, un concentrato di tecnologia e sostenibilità capace di integrare le più recenti innovazioni tecnologiche messe al servizio della mobilità elettrificata e sostenibile, raggiungendo risultati mai ottenuti prima nel mercato dei pneumatici UHP, il P Zero R, pensato per le supercar più performanti, e il P Zero Trofeo RS, vertice di gamma per l’uso in pista da parte delle hypercar. Un pneumatico che non ha mai smesso di evolvere per essere sempre il più avanzato sul mercato e, tutt’oggi, con la quinta generazione, il P Zero rappresenta il manifesto dell’azienda a livello di altissime prestazioni, qualità dinamiche e versatilità.

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Il P Zero resta tutt’oggi un mito di potenza, design e velocità derivati dalle intuizioni dell’ingegner Mario Mezzanotte e dal suo P7, che non manca nemmeno fuori dalle competizioni. La versione stradale del P Zero arriva sul mercato un anno dopo il lancio della Ferrari F40, nel 1987, con una struttura in realtà molto complessa ma finalizzata a garantire massime performance. Nel 1994 la famiglia P Zero ha un’altra, fondamentale, evoluzione grazie all’introduzione del P Zero System, che entra subito a far parte di una versione internazionale della campagna pubblicitaria Power is nothing without control ideata da Young & Rubicam con l’atleta Carl Lewis come testimonial.

Un disegno di battistrada anteriore e posteriore direttamente derivato dal mondo del motorsport, finalizzato a contrastare l’aquaplaning che equipaggia dapprima esclusivamente le supercar a uso stradale per arrivare poi alle altissime prestazioni in pista. In pratica, il P Zero può ora gommare tanto una Ferrari quanto una Volkswagen Golf o una BMW. Da qui le campagne What you drive is your business, what you drive on is ours (1995), Pirelli. Sizin için, sizinle (Pirelli. Con te, per te, 1989), P Zero the Hero (1996-1997) e To build a winning car you need to start from Zero (2001). Ma la storia della P Zero Collection non si chiude qui. Nel 2003 arriva il P Zero Corsa System, concepito espressamente per la Ferrari Challenge stradale sulla base dell’esperienza nel Gran Turismo delle Ferrari 360 GT.

È la giovane modella Naomi Campbell, all’apice della sua carriera, a tenere a battesimo l’anno successivo la “Planet Zero”, una gamma che comprende P Zero System, P Zero Rosso, P Zero Nero, P Zero Corsa e – per i grandi SUV – lo Scorpion Zero. Alla famiglia si unisce, da luglio 2023, un nuovo modello: il P Zero E, un concentrato di tecnologia e sostenibilità capace di integrare le più recenti innovazioni tecnologiche messe al servizio della mobilità elettrificata e sostenibile, raggiungendo risultati mai ottenuti prima nel mercato dei pneumatici UHP, il P Zero R, pensato per le supercar più performanti, e il P Zero Trofeo RS, vertice di gamma per l’uso in pista da parte delle hypercar. Un pneumatico che non ha mai smesso di evolvere per essere sempre il più avanzato sul mercato e, tutt’oggi, con la quinta generazione, il P Zero rappresenta il manifesto dell’azienda a livello di altissime prestazioni, qualità dinamiche e versatilità.

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L’età d’oro dei motori

Sono gli anni Trenta, gli anni d’oro dello sport dei motori. La concentrazione della Pirelli verso il mondo delle competizioni e della velocità, infatti, è ai massimi livelli. Corsa dopo corsa, lo sviluppo della tecnologia legata ai pneumatici spicca il volo. Prima tra tutte, l’innovazione apportata dal Cord, un tessuto gommato che elimina il problema dell’attrito tra le cordicelle del tessuto tradizionale, ottenendo maggior resistenza e durata. Il Cord, messo a punto anche nella versione Superflex a bassa pressione, garantisce a Pirelli numerose vittorie al fianco di Fiat e Alfa Romeo. A dimostrarlo, è la fama del Superflex Cord, con cui il Quadrifoglio vince il primo titolo nel 1924 affacciandosi al mondo del Grand Prix, forte di una perfetta triangolazione con Pirelli e con i campioni dell’epoca: Antonio Ascari, Gastone Brilli-Peri, Giuseppe Campari.

L’Europa si sta riprendendo dalla Prima Guerra Mondiale e la ricerca tecnologica entra in una nuova epoca grazie alla ripresa economica degli Anni Ruggenti. Le strade europee vedono ancora pochissime automobili: vetture per lo più di lusso, o sportive, che ancora oggi sono fra le più ricercate dai collezionisti. Gioielli dell’industria italiana che meritano pneumatici adatti alle loro prestazioni. Nasce così lo Stella Bianca, il primo a tele incrociate. Talmente innovativo da accompagnare l’evoluzione della mobilità di massa dagli anni Venti agli anni Cinquanta, e da sfilare al Superflex Cord il titolo di “pneumatico delle vittorie”.

Lo Stella Bianca si caratterizza per un disegno battistrada più complesso rispetto ai precedenti modelli, che ne aumenta l’aderenza su terreni viscidi o bagnati e lo rende perfetto per le utilitarie, ma anche per le auto sportive o i furgoncini.

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Sono gli anni Trenta, gli anni d’oro dello sport dei motori. La concentrazione della Pirelli verso il mondo delle competizioni e della velocità, infatti, è ai massimi livelli. Corsa dopo corsa, lo sviluppo della tecnologia legata ai pneumatici spicca il volo. Prima tra tutte, l’innovazione apportata dal Cord, un tessuto gommato che elimina il problema dell’attrito tra le cordicelle del tessuto tradizionale, ottenendo maggior resistenza e durata. Il Cord, messo a punto anche nella versione Superflex a bassa pressione, garantisce a Pirelli numerose vittorie al fianco di Fiat e Alfa Romeo. A dimostrarlo, è la fama del Superflex Cord, con cui il Quadrifoglio vince il primo titolo nel 1924 affacciandosi al mondo del Grand Prix, forte di una perfetta triangolazione con Pirelli e con i campioni dell’epoca: Antonio Ascari, Gastone Brilli-Peri, Giuseppe Campari.

L’Europa si sta riprendendo dalla Prima Guerra Mondiale e la ricerca tecnologica entra in una nuova epoca grazie alla ripresa economica degli Anni Ruggenti. Le strade europee vedono ancora pochissime automobili: vetture per lo più di lusso, o sportive, che ancora oggi sono fra le più ricercate dai collezionisti. Gioielli dell’industria italiana che meritano pneumatici adatti alle loro prestazioni. Nasce così lo Stella Bianca, il primo a tele incrociate. Talmente innovativo da accompagnare l’evoluzione della mobilità di massa dagli anni Venti agli anni Cinquanta, e da sfilare al Superflex Cord il titolo di “pneumatico delle vittorie”.

Lo Stella Bianca si caratterizza per un disegno battistrada più complesso rispetto ai precedenti modelli, che ne aumenta l’aderenza su terreni viscidi o bagnati e lo rende perfetto per le utilitarie, ma anche per le auto sportive o i furgoncini.

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Di che colore è l’high-performance?

Dopo i grandi successi nel rally, specialmente a Montecarlo, lo scenario si sposta sui circuiti della Formula Uno, complici anche gli ottimi risultati ottenuti dalle Lotus e dalle Toleman nelle prove libere sul circuito di San Marino nel 1984. Quando Pirelli torna in pista, tra i tecnici della scuderia inglese c’è “un bravissimo collaudatore che, nonostante la giovanissima età è in grado di dare grandi informazioni sul comportamento dell’auto e delle gomme”. Il suo nome è Ayrton Senna. Nel 1985 la Toleman viene acquistata da Benetton e, l’anno successivo, Pirelli per un triennio (1986-1989) torna sui circuiti equipaggiando Brabham, Dallara, Minardi e Zakspeed. La strategia scelta da Pirelli è quella di equipaggiare scuderie minori che fungano da tester per sperimentare, mettere a punto conoscenze e tecnologie e studiare il rapporto uomo-macchina in vista di un maggior impegno a partire dal 1991. Sarà questo, infatti, l’anno del riavvicinamento alla Benetton che, come seconda guida, ha Michael Schumacher. Grazie a questo approccio, l’ultra-ribassato top di gamma viene montato sulle vetture di ogni singola scuderia fino a quando, nel 2011, Pirelli diventa fornitore esclusivo del Campionato.

È questo il palcoscenico più grande per il P Zero. Qui, grazie ai successi del passato, i pneumatici Pirelli sono diventati sinonimo di Formula 1. C’è, infatti, quel piccolo particolare stilistico: la scritta P Zero sul fianco del pneumatico in colori brillanti che rende la gamma immediatamente riconoscibile. Di lì a qualche anno, questo aspetto avrà un significato del tutto particolare sui tracciati. Dal 2022 le mescole offerte da Pirelli ai piloti di Formula Uno sono passate a sei diversi composti – due per ognuno dei tre P Zero in versione slick per tracciati asciutti e ad alte temperature (Red, Yellow e White) – che si vanno ad aggiungere alle intermediate (Green) per piste non eccessivamente bagnate e ai full wet (Blue) per pioggia intensa. I più appassionati hanno imparato nel tempo che a ogni colore corrisponde una mescola e – di conseguenza – una scelta strategica dichiarata da parte della singola scuderia per specifici circuiti, stile del pilota o condizioni ambientali.

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Dopo i grandi successi nel rally, specialmente a Montecarlo, lo scenario si sposta sui circuiti della Formula Uno, complici anche gli ottimi risultati ottenuti dalle Lotus e dalle Toleman nelle prove libere sul circuito di San Marino nel 1984. Quando Pirelli torna in pista, tra i tecnici della scuderia inglese c’è “un bravissimo collaudatore che, nonostante la giovanissima età è in grado di dare grandi informazioni sul comportamento dell’auto e delle gomme”. Il suo nome è Ayrton Senna. Nel 1985 la Toleman viene acquistata da Benetton e, l’anno successivo, Pirelli per un triennio (1986-1989) torna sui circuiti equipaggiando Brabham, Dallara, Minardi e Zakspeed. La strategia scelta da Pirelli è quella di equipaggiare scuderie minori che fungano da tester per sperimentare, mettere a punto conoscenze e tecnologie e studiare il rapporto uomo-macchina in vista di un maggior impegno a partire dal 1991. Sarà questo, infatti, l’anno del riavvicinamento alla Benetton che, come seconda guida, ha Michael Schumacher. Grazie a questo approccio, l’ultra-ribassato top di gamma viene montato sulle vetture di ogni singola scuderia fino a quando, nel 2011, Pirelli diventa fornitore esclusivo del Campionato.

È questo il palcoscenico più grande per il P Zero. Qui, grazie ai successi del passato, i pneumatici Pirelli sono diventati sinonimo di Formula 1. C’è, infatti, quel piccolo particolare stilistico: la scritta P Zero sul fianco del pneumatico in colori brillanti che rende la gamma immediatamente riconoscibile. Di lì a qualche anno, questo aspetto avrà un significato del tutto particolare sui tracciati. Dal 2022 le mescole offerte da Pirelli ai piloti di Formula Uno sono passate a sei diversi composti – due per ognuno dei tre P Zero in versione slick per tracciati asciutti e ad alte temperature (Red, Yellow e White) – che si vanno ad aggiungere alle intermediate (Green) per piste non eccessivamente bagnate e ai full wet (Blue) per pioggia intensa. I più appassionati hanno imparato nel tempo che a ogni colore corrisponde una mescola e – di conseguenza – una scelta strategica dichiarata da parte della singola scuderia per specifici circuiti, stile del pilota o condizioni ambientali.

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CIAO, COME POSSO AIUTARTI?