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Cultura come fabbrica innovativa, teatro e inclusione sociale: ecco perché Settimo Torinese vuole essere “capitale 2018”

Cultura come innovazione, accoglienza, tecnologia. E come racconto, a cominciare dal teatro. Stanno qui le motivazioni di fondo della candidatura di Settimo Torinese a “capitale della cultura 2018”, con un dossier presentato ufficialmente al Ministero dei Beni Culturali giovedì 30 giugno. Una candidatura impegnativa, una sfida, da parte d’una città che “non ha una reggia, non ha castelli, non ha cattedrali rinomate, non ha affreschi rinascimentali, non ha residenze sabaude”, ma può fare leva su fabbriche, laboratori di ricerca, centri d’accoglienza per migranti, biblioteche pubbliche e private affollatissime, tradizioni di teatro. “Cultura politecnica”. E “umanesimo industriale” (ne avevamo già parlato nel blog del 14 giugno).

Dopo Mantova quest’anno e Pistoia per il 2017, ecco la proposta di Settimo Torinese. Forte, originale, provocatoria, “anomala”, come dice Elena Piastra, vicesindaco di Settimo con delega alla Cultura, motore dell’iniziativa. Utilissima, comunque vadano le cose, per discutere sulle relazioni tra cultura, industria, architetture, trasformazioni urbane e sociali, periferie che, proprio attraverso la cultura, costruiscono una via d’uscita dalla marginalità. Come ha fatto e continua a fare appunto Settimo.

“Eravamo un ex dormitorio ai margini di Torino, adesso vogliamo diventare una capitale della cultura italiana”, spiegano i promotori. La candidatura, infatti, “fa leva sulla cultura non come eredità di un passato, ma sui valori di una periferia che accoglie migranti, crea innovazione e ricerca, studia soluzioni d’integrazione culturale e di sviluppo economico”.

Ecco una parola chiave: innovazione. Nel senso più ampio del termine. Non solo hi tech e “digital”. Ma innovazione produttiva (le fabbriche, appunto). E innovazione sociale. “Settimo Torinese era un borgo di lavandai di circa 13mila abitanti, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta vide arrivare 30mila persone provenienti prevalentemente dal Polesine e dal Sud Italia”, dicono al Comune. E “oggi la storia si ripete, con altre ondate migratorie. Qui a Settimo c’è il Centro Fenoglio, il più grande hub di Prima Accoglienza e Richiedenti Asilo del Nord Italia. Ed è impressionante la somiglianza tra le foto scattate negli anni Cinquanta, con gli emigrati veneti e meridionali in arrivo con pacchi, valigie sulla testa, bambini in braccio, e le immagini di oggi, con i migranti che scendono dai pullman: stessi pacchi, bambini, valigie, destinazione Settimo Torinese. “E’ come se l’accoglienza dei migranti fosse nel Dna di Settimo Torinese”, affermano i promotori. Cultura popolare.

Con immigrazioni così massicce c’erano tutte le premesse perché la città diventasse una polveriera sociale. E invece proprio grazie alla cultura come motore della coesione sociale, la periferia ha avviato un suo percorso di riscatto. Teatro, letteratura, immagini. Alla fine degli anni Settanta nasce proprio a Settimo l’esperienza del “Teatro Laboratorio Settimo” fondato da Gabriele Vacis e dove crescono i talenti di Laura Curino, Marco Paolini, Alessandro Baricco, Roberto Tarasco e tanti altri. La cultura diventa rapidamente uno straordinario strumento di aggregazione, integrazione, crescita e sviluppo del territorio. Innovazione, appunto. “Da decenni – sostiene Vacis – qui abbiamo cercato di praticare una cultura che non fosse solo effimero ed eventi. Ma una cultura come memoria e innovazione nell’industria. Una cultura come creazione di relazioni, di comunità, di società. Una cultura come bellezza che non è soltanto invenzione di forme, ma interazione, inclusione, partecipazione. Tutto questo ha salvato una periferia che aveva tutte le condizioni per diventare una banlieue invivibile. E adesso Settimo può essere vissuta e considerata come punta dell’iceberg di tante periferie che hanno fatto e continuano a fare cultura”. Teatro che parla di lavoro. E lavoro che anima il grande palcoscenico. Come testimonia appunto “Settimo – La fabbrica e il lavoro”, uno spettacolo del Piccolo Teatro di Milano, regia di Serena Sinigaglia, sostegno della Fondazione Pirelli, nato dalle testimonianze di operai, tecnici e ingegneri del Polo Industriale Pirelli e diventato un successo di critica e di pubblico, nella stagione 2012.

Cultura anche come sostenibilità e “green economy”. Vale la pena ricordare – dicono i promotori – che nel 2007 Woodrow Clarke, vincitore con Al Gore del premio Nobel per la Pace, ha inserito Settimo Torinese tra i 10 centri mondiali  (e unico esempio italiano) per le pratiche di risparmio energetico e di sfruttamento delle fonti rinnovabili. “Green” il territorio. “Green” le imprese. Dopo la crisi degli anni Ottanta, in tempi recenti la collaborazione pubblico-privato ha portato “a un nuovo modello di reindustrializzazione in chiave moderna, puntata su ricerca, innovazione e sostenibilità. Tre grandi marchi multinazionali come Pirelli, Lavazza e L’Oreal non solo non hanno delocalizzato ma hanno investito centinaia di milioni di euro proprio a Settimo per rinnovare e riqualificare le loro fabbriche”. “Fabbrica bella”, dice la vicesindaco Elena Piastra. Per riprendere un tema caro alla migliore cultura d’impresa e indicare un percorso virtuoso tra qualità architettonica, vivibilità, produttività e competitività degli impianti industriali, in chiave di sostenibilità ambientale e sociale. Il Polo Industriale Pirelli, con “la spina” di servizi e laboratori di ricerca progettata da Renzo Piano ne è un esempio. E proprio Piano è tra i sostenitori principali della candidatura di Settimo a “capitale della cultura”.

Da alcune fabbriche dismesse sono nati nuovi, stimolanti luoghi culturali. La Siva, la fabbrica chimica dove aveva lavorato Primo Levi, il grande scrittore maestro non solo del tragico disagio dei sopravvissuti all’Olocausto, ma anche dell’orgoglio operaio e tecnico del boom economico, diventa “un nuovo spazio culturale della città dedicato al Levi chimico e fantastico de “La chiave a stella” e del “Sistema periodico”. E la Biblioteca Archimede, che ha sede nell’ex fabbrica di vernici Paramatti, è una delle strutture più importanti e innovative del Piemonte, con oltre 400.000 utenti all’anno (quasi quattro volte la media nazionale) e 140.000 prestiti  (circa tre volte la media nazionale). Un sistema collegato alle biblioteche aziendali (quella dello stabilimento Pirelli di Settimo, innanzitutto). Cultura come lettura, socialità, relazioni. Un sistema che merita d’essere riconosciuto e, perché no? premiato come “capitale”.

(nella foto “Polo industriale di Settimo Torinese, foto di Carlo Furgeri Gilbert)

Cultura come innovazione, accoglienza, tecnologia. E come racconto, a cominciare dal teatro. Stanno qui le motivazioni di fondo della candidatura di Settimo Torinese a “capitale della cultura 2018”, con un dossier presentato ufficialmente al Ministero dei Beni Culturali giovedì 30 giugno. Una candidatura impegnativa, una sfida, da parte d’una città che “non ha una reggia, non ha castelli, non ha cattedrali rinomate, non ha affreschi rinascimentali, non ha residenze sabaude”, ma può fare leva su fabbriche, laboratori di ricerca, centri d’accoglienza per migranti, biblioteche pubbliche e private affollatissime, tradizioni di teatro. “Cultura politecnica”. E “umanesimo industriale” (ne avevamo già parlato nel blog del 14 giugno).

Dopo Mantova quest’anno e Pistoia per il 2017, ecco la proposta di Settimo Torinese. Forte, originale, provocatoria, “anomala”, come dice Elena Piastra, vicesindaco di Settimo con delega alla Cultura, motore dell’iniziativa. Utilissima, comunque vadano le cose, per discutere sulle relazioni tra cultura, industria, architetture, trasformazioni urbane e sociali, periferie che, proprio attraverso la cultura, costruiscono una via d’uscita dalla marginalità. Come ha fatto e continua a fare appunto Settimo.

“Eravamo un ex dormitorio ai margini di Torino, adesso vogliamo diventare una capitale della cultura italiana”, spiegano i promotori. La candidatura, infatti, “fa leva sulla cultura non come eredità di un passato, ma sui valori di una periferia che accoglie migranti, crea innovazione e ricerca, studia soluzioni d’integrazione culturale e di sviluppo economico”.

Ecco una parola chiave: innovazione. Nel senso più ampio del termine. Non solo hi tech e “digital”. Ma innovazione produttiva (le fabbriche, appunto). E innovazione sociale. “Settimo Torinese era un borgo di lavandai di circa 13mila abitanti, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta vide arrivare 30mila persone provenienti prevalentemente dal Polesine e dal Sud Italia”, dicono al Comune. E “oggi la storia si ripete, con altre ondate migratorie. Qui a Settimo c’è il Centro Fenoglio, il più grande hub di Prima Accoglienza e Richiedenti Asilo del Nord Italia. Ed è impressionante la somiglianza tra le foto scattate negli anni Cinquanta, con gli emigrati veneti e meridionali in arrivo con pacchi, valigie sulla testa, bambini in braccio, e le immagini di oggi, con i migranti che scendono dai pullman: stessi pacchi, bambini, valigie, destinazione Settimo Torinese. “E’ come se l’accoglienza dei migranti fosse nel Dna di Settimo Torinese”, affermano i promotori. Cultura popolare.

Con immigrazioni così massicce c’erano tutte le premesse perché la città diventasse una polveriera sociale. E invece proprio grazie alla cultura come motore della coesione sociale, la periferia ha avviato un suo percorso di riscatto. Teatro, letteratura, immagini. Alla fine degli anni Settanta nasce proprio a Settimo l’esperienza del “Teatro Laboratorio Settimo” fondato da Gabriele Vacis e dove crescono i talenti di Laura Curino, Marco Paolini, Alessandro Baricco, Roberto Tarasco e tanti altri. La cultura diventa rapidamente uno straordinario strumento di aggregazione, integrazione, crescita e sviluppo del territorio. Innovazione, appunto. “Da decenni – sostiene Vacis – qui abbiamo cercato di praticare una cultura che non fosse solo effimero ed eventi. Ma una cultura come memoria e innovazione nell’industria. Una cultura come creazione di relazioni, di comunità, di società. Una cultura come bellezza che non è soltanto invenzione di forme, ma interazione, inclusione, partecipazione. Tutto questo ha salvato una periferia che aveva tutte le condizioni per diventare una banlieue invivibile. E adesso Settimo può essere vissuta e considerata come punta dell’iceberg di tante periferie che hanno fatto e continuano a fare cultura”. Teatro che parla di lavoro. E lavoro che anima il grande palcoscenico. Come testimonia appunto “Settimo – La fabbrica e il lavoro”, uno spettacolo del Piccolo Teatro di Milano, regia di Serena Sinigaglia, sostegno della Fondazione Pirelli, nato dalle testimonianze di operai, tecnici e ingegneri del Polo Industriale Pirelli e diventato un successo di critica e di pubblico, nella stagione 2012.

Cultura anche come sostenibilità e “green economy”. Vale la pena ricordare – dicono i promotori – che nel 2007 Woodrow Clarke, vincitore con Al Gore del premio Nobel per la Pace, ha inserito Settimo Torinese tra i 10 centri mondiali  (e unico esempio italiano) per le pratiche di risparmio energetico e di sfruttamento delle fonti rinnovabili. “Green” il territorio. “Green” le imprese. Dopo la crisi degli anni Ottanta, in tempi recenti la collaborazione pubblico-privato ha portato “a un nuovo modello di reindustrializzazione in chiave moderna, puntata su ricerca, innovazione e sostenibilità. Tre grandi marchi multinazionali come Pirelli, Lavazza e L’Oreal non solo non hanno delocalizzato ma hanno investito centinaia di milioni di euro proprio a Settimo per rinnovare e riqualificare le loro fabbriche”. “Fabbrica bella”, dice la vicesindaco Elena Piastra. Per riprendere un tema caro alla migliore cultura d’impresa e indicare un percorso virtuoso tra qualità architettonica, vivibilità, produttività e competitività degli impianti industriali, in chiave di sostenibilità ambientale e sociale. Il Polo Industriale Pirelli, con “la spina” di servizi e laboratori di ricerca progettata da Renzo Piano ne è un esempio. E proprio Piano è tra i sostenitori principali della candidatura di Settimo a “capitale della cultura”.

Da alcune fabbriche dismesse sono nati nuovi, stimolanti luoghi culturali. La Siva, la fabbrica chimica dove aveva lavorato Primo Levi, il grande scrittore maestro non solo del tragico disagio dei sopravvissuti all’Olocausto, ma anche dell’orgoglio operaio e tecnico del boom economico, diventa “un nuovo spazio culturale della città dedicato al Levi chimico e fantastico de “La chiave a stella” e del “Sistema periodico”. E la Biblioteca Archimede, che ha sede nell’ex fabbrica di vernici Paramatti, è una delle strutture più importanti e innovative del Piemonte, con oltre 400.000 utenti all’anno (quasi quattro volte la media nazionale) e 140.000 prestiti  (circa tre volte la media nazionale). Un sistema collegato alle biblioteche aziendali (quella dello stabilimento Pirelli di Settimo, innanzitutto). Cultura come lettura, socialità, relazioni. Un sistema che merita d’essere riconosciuto e, perché no? premiato come “capitale”.

(nella foto “Polo industriale di Settimo Torinese, foto di Carlo Furgeri Gilbert)

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