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Fare arte. E industria. HangarBicocca, il dialogo continua

Arte. E industria. In comune, c’è la ricerca su materiali, forme, funzioni, linguaggi. E capita, in certe situazioni virtuose, che si condividano spazi e segni. Come per Micol Assaël, all’HangarBicocca, lo spazio d’arte contemporanea di Pirelli, a Milano. Nello “shed”, la parte bassa dell’Hangar (1400 metri quadri, soffitti a quasi sette metri, pareti ruvide e carpenterie di ferro, memoria ancora attuale d’un capannone industriale) cinque “stanze”, e cioè grandi contenitori di lamiera, vetro, legno, ospitano una cella frigorifera a -30 gradi, una rinfusa di vecchi motori che girano asincroni, un armadio che genera vento, una selva di cavi elettrici e trasformatori che producono energia sino a 9mila volts, un generatore Kelvin che fa scoccare una scintilla tra due poli, per effetto della lenta caduta dell’acqua, una serie di mappe disegnate nelle minuscole celle di un alveare. Ventilatori industriali. Inserti di gomma, appena prodotti nello stabilimento industriale di Settimo Torinese. Odore di nafta, come nella sala macchine d’una vecchia nave. E, tutta diversa, fragranza di legno, di pino odoroso. Natura e meccanica. Tecnologie obsolete e sensazioni d’attualità. In una sintesi originale, a tratti straniante e inquietante, a tratti avvolgente. Potremmo pur dire: un’interpretazione fascinosa d’una personalissima “civiltà delle macchine” ricercata da un’artista giovane (Micol ha 34 anni) che ha studiato filosofia, ha frequentato botteghe di scultura e fonderie d’arte, conosce bene la pesantezza del lavoro manuale (ha installato condizionatori) e sa ricavare dal ferro e dai cavi elettrici una sorta di tenera e tagliente poesia.

E’ frequente, per gli artisti che frequentano l’HangarBicocca e lì creano le loro opere, il dialogo con gli ingegneri e i tecnici dei laboratori di “ricerca e sviluppo” di Pirelli. Per Tomás Saraceno, discutendo di nanotecnologie e materiali speciali, prima di costruire “On space time foam”, la nuvola di sottili teli di plastica tenuti su dall’aria e su cui passeggiare, in trasparenza, a venti metri d’altezza (un successo di pubblico, oltre 120mila visitatori, nei quattro mesi tra settembre 2012 e gennaio 2013). E per Carsten Nicolai, affascinato dal lavoro dei laser che tracciano, tagliano e incidono i modelli dei battistrada dei pneumatici, fascio attivo di luce cui ispirarsi per la grande parete luminosa e sonora di “Unidisplay”, seducente sincronia da inventivi ingegneri. O per la squadra dei Roth che ha costruito, in un Hangar trasformato in un gigantesco cantiere-officina, strutture e opere di “Islands”, la mostra di quel grande artista che fu Dieter Roth, inglobando in un “economy bar” anche i banconi e le apparecchiature vetero-tecnologiche della sala controllo dell’ex reception storica di Pirelli in viale Sarca.

Manifattura creativa, si potrebbe dire. Agevolata dalla natura stessa del luogo. Era infatti uno stabilimento, l’HangarBicocca. Fabbrica di locomotive e poi di grandi motori elettrici Ansaldo Breda, nel territorio della “grande Milano” che proprio a nord, tra Bicocca, Sesto San Giovanni e Monza, ospitava lungo tutto il corso del Novecento il suo migliore cuore industriale. E di quel tempo sono rimasti i segni, potremmo persino dire l’anima (hanno un’anima, infatti, i luoghi…), l’identità forte di una sorta di cattedrale industriale che ha conservato tracce di storia e memoria e dialoga con la contemporaneità. Sintesi da buona cultura d’impresa.

D’acciaio, di corten, d’altronde, la grande scultura di Fausto Melotti all’ingresso. D’acciaio nero le intravature che reggono le volte delle navate, una dedicata ai “Sette palazzi celesti” di Anselm Kiefer, le altre due a ospitare artisti. Dialogo creativo costante, appunto. Lo spazio della fabbrica accoglie, condiziona, si adatta le grandi installazioni d’arte, nel tempo. E’ flessibile, d’altronde, per sua stessa natura, la fabbrica.

Questo dialogo è una costante, nella storia culturale Pirelli. Lo testimoniano i pittori invitati, negli anni Cinquanta (Cazzaniga, Treccani, Bianconi, etc.) a raccontare la fabbrica. E Renato Guttuso coinvolto, nel 1961, per illustrare, con un grande dipinto e un mosaico, “La ricerca scientifica”. I fotografi e i registi (Gabriele Basilico, Silvio Soldini e, più di recente, Carlo Furgieri Gilbert) chiamati a raccontare la fine della città industriale di Bicocca, la rinascita post industriale e le nuove funzioni di una manifattura che unisce saperi artigiani (gli “sgorbiatori”) e sofisticatissimi robot di produzione hi tech. Storia industriale che va avanti. E originale creatività, ricerca di nuovo senso, nuove forme. Sta anche qui il nesso tra Fondazione Pirelli (Archivio Storico, cultura d’impresa) e HangarBicocca. Manifattura e arte. Il lavoro continua.

Arte. E industria. In comune, c’è la ricerca su materiali, forme, funzioni, linguaggi. E capita, in certe situazioni virtuose, che si condividano spazi e segni. Come per Micol Assaël, all’HangarBicocca, lo spazio d’arte contemporanea di Pirelli, a Milano. Nello “shed”, la parte bassa dell’Hangar (1400 metri quadri, soffitti a quasi sette metri, pareti ruvide e carpenterie di ferro, memoria ancora attuale d’un capannone industriale) cinque “stanze”, e cioè grandi contenitori di lamiera, vetro, legno, ospitano una cella frigorifera a -30 gradi, una rinfusa di vecchi motori che girano asincroni, un armadio che genera vento, una selva di cavi elettrici e trasformatori che producono energia sino a 9mila volts, un generatore Kelvin che fa scoccare una scintilla tra due poli, per effetto della lenta caduta dell’acqua, una serie di mappe disegnate nelle minuscole celle di un alveare. Ventilatori industriali. Inserti di gomma, appena prodotti nello stabilimento industriale di Settimo Torinese. Odore di nafta, come nella sala macchine d’una vecchia nave. E, tutta diversa, fragranza di legno, di pino odoroso. Natura e meccanica. Tecnologie obsolete e sensazioni d’attualità. In una sintesi originale, a tratti straniante e inquietante, a tratti avvolgente. Potremmo pur dire: un’interpretazione fascinosa d’una personalissima “civiltà delle macchine” ricercata da un’artista giovane (Micol ha 34 anni) che ha studiato filosofia, ha frequentato botteghe di scultura e fonderie d’arte, conosce bene la pesantezza del lavoro manuale (ha installato condizionatori) e sa ricavare dal ferro e dai cavi elettrici una sorta di tenera e tagliente poesia.

E’ frequente, per gli artisti che frequentano l’HangarBicocca e lì creano le loro opere, il dialogo con gli ingegneri e i tecnici dei laboratori di “ricerca e sviluppo” di Pirelli. Per Tomás Saraceno, discutendo di nanotecnologie e materiali speciali, prima di costruire “On space time foam”, la nuvola di sottili teli di plastica tenuti su dall’aria e su cui passeggiare, in trasparenza, a venti metri d’altezza (un successo di pubblico, oltre 120mila visitatori, nei quattro mesi tra settembre 2012 e gennaio 2013). E per Carsten Nicolai, affascinato dal lavoro dei laser che tracciano, tagliano e incidono i modelli dei battistrada dei pneumatici, fascio attivo di luce cui ispirarsi per la grande parete luminosa e sonora di “Unidisplay”, seducente sincronia da inventivi ingegneri. O per la squadra dei Roth che ha costruito, in un Hangar trasformato in un gigantesco cantiere-officina, strutture e opere di “Islands”, la mostra di quel grande artista che fu Dieter Roth, inglobando in un “economy bar” anche i banconi e le apparecchiature vetero-tecnologiche della sala controllo dell’ex reception storica di Pirelli in viale Sarca.

Manifattura creativa, si potrebbe dire. Agevolata dalla natura stessa del luogo. Era infatti uno stabilimento, l’HangarBicocca. Fabbrica di locomotive e poi di grandi motori elettrici Ansaldo Breda, nel territorio della “grande Milano” che proprio a nord, tra Bicocca, Sesto San Giovanni e Monza, ospitava lungo tutto il corso del Novecento il suo migliore cuore industriale. E di quel tempo sono rimasti i segni, potremmo persino dire l’anima (hanno un’anima, infatti, i luoghi…), l’identità forte di una sorta di cattedrale industriale che ha conservato tracce di storia e memoria e dialoga con la contemporaneità. Sintesi da buona cultura d’impresa.

D’acciaio, di corten, d’altronde, la grande scultura di Fausto Melotti all’ingresso. D’acciaio nero le intravature che reggono le volte delle navate, una dedicata ai “Sette palazzi celesti” di Anselm Kiefer, le altre due a ospitare artisti. Dialogo creativo costante, appunto. Lo spazio della fabbrica accoglie, condiziona, si adatta le grandi installazioni d’arte, nel tempo. E’ flessibile, d’altronde, per sua stessa natura, la fabbrica.

Questo dialogo è una costante, nella storia culturale Pirelli. Lo testimoniano i pittori invitati, negli anni Cinquanta (Cazzaniga, Treccani, Bianconi, etc.) a raccontare la fabbrica. E Renato Guttuso coinvolto, nel 1961, per illustrare, con un grande dipinto e un mosaico, “La ricerca scientifica”. I fotografi e i registi (Gabriele Basilico, Silvio Soldini e, più di recente, Carlo Furgieri Gilbert) chiamati a raccontare la fine della città industriale di Bicocca, la rinascita post industriale e le nuove funzioni di una manifattura che unisce saperi artigiani (gli “sgorbiatori”) e sofisticatissimi robot di produzione hi tech. Storia industriale che va avanti. E originale creatività, ricerca di nuovo senso, nuove forme. Sta anche qui il nesso tra Fondazione Pirelli (Archivio Storico, cultura d’impresa) e HangarBicocca. Manifattura e arte. Il lavoro continua.

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