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Fare teatro, la scommessa vitale d’una buona impresa, dall’Eliseo al Parenti

E’ cultura popolare, il teatro, “il luogo ideale in cui una comunità racconta se stessa”, come ama dire Andrée Ruth Shammah, grande “donna di teatro”. E tenerlo in piedi, un teatro, farlo vivere e crescere, animarlo di attori e di pubblico, dargli peso di memoria, forza d’attualità e orizzonti di futuro è una difficile e bella impresa.

E’ cultura popolare anche la fabbrica: lavoro, persone, ricerca, legami e conflitti, cambiamenti, la buona cultura del fare e del vendere, produzione e mercato, economia attiva, sviluppo. E il suo racconto. Il racconto della fabbrica. Che si può fare benissimo a teatro (“Settimo, il lavoro e la fabbrica”, per la regia di Serena Sinigaglia e con il sostegno della Fondazione Pirelli è stato uno degli spettacoli di maggior successo della stagione 2012 del Piccolo Teatro di Milano; e dieci dei maggiori teatri italiani sono stati coinvolti, nel 2015, nell’iniziativa “L’impresa va in scena” organizzata del Gruppo Cultura di Confindustria, con gran consenso di pubblico e di critica).

Vengono ancora una volta chiare in mente, queste relazioni, proprio in tempi in cui, su un palcoscenico, per raccontare iniziative e stagioni teatrali, si ritrovano insieme gente di teatro, come la Shammah per il Teatro Parenti a Milano o Luca Barbareschi per l’Eliseo a Roma e uomini d’impresa che hanno deciso di sostenere quei teatri, come la Pirelli, il cui nome ricorre, nella storia, anche tra i fondatori d’altri teatri, come il Piccolo di Milano e tra i sostenitori d’altre iniziative che comunque su un palcoscenico vivono, come La Scala, l’Orchestra Verdi, l’Orchestra da Camera Italiana. Le culture del fare e la loro manifestazione. Intraprendere e recitare. Interpretare i tempi e i loro cambiamenti. Il mondo come azione e come rappresentazione. Gran teatro, no?

Ci sono parole comuni, tra il teatro e la fabbrica. Laboratorio, per esempio. Oppure ricerca. Manifattura, quella degli scenari e dei costumi; e quella dell’industria. E quel “cum” che sta come un’anima viva e vitale dentro un’altra parola che s’addice tanto al teatro quanto alla fabbrica: comunità (vale la pena rileggerla, la lezione di Adriano Olivetti ma anche quella di altri grandi imprenditori sensibili ai temi sociali, come i Pirelli). E, a pensarci bene, quel “cum” è radice fertile di un’altra parola chiave essenziale all’economia: competitività (lo abbiamo ricordato più volte, sulle pagine di questo blog). Andrée Shammah ne declina altre ancora: condivisione; e contagio: “cum” e “tangere”. Contagioso, lo spirito del teatro verso il suo pubblico che ha valore quando è partecipe. Contagiosa, la tendenza all’innovazione e alla partecipazione, anche in fabbrica: senza, non c’è competitività.

Se si vuole continuare con il gioco delle affinità, basta riflettere sull’ultima esperienza di uno dei maggiori attori italiani, Luca Barbareschi: ha rilevato uno dei più noti e prestigiosi teatri di Roma, l’Eliseo, in via Nazionale, proprio davanti alla Banca d’Italia, a un passo dal Quirinale, ci ha investito parecchio del suo e ha trovato sostenitori e finanziatori (tra cui Pirelli), ha messo in piedi una macchina in cui si fanno teatro, musica, incontri, letteratura, formazione, mostre. E un buon ristorante. Un teatro gestito – è l’ambizione – come una buona impresa. E Barbareschi? Un “imprendattore”, per usare un divertente neologismo.

A voler sottolineare le coincidenza, si può ricordare che a Milano, là dove adesso s’allargano gli spazi del Teatro Parenti, un tempo c’era una fabbrica di bulloni. E se intendiamo dare ragione a Leonardo Sciascia (non esistono le coincidenze ma le “incidenze”) e ascoltare le suggestioni di Andrée Shammah (“ci sono spiritelli”, nei luoghi dei buoni teatri…), lo spiritello di quella fabbrica, lo spiritello dell’intraprendere, lo spiritello del “fare cose belle che piacciono al mondo” gioca anche nei luoghi in cui, da tempo, il Parenti cresce, sino all’ultimo exploit: un teatro in più sale che si allarga recuperando una fascinosa piscina degli anni Trenta, la Caimi e vive vite molteplici, le rappresentazioni e lo sport, la formazione, la musica, le letture, le attività del vivere, assistere, mangiare insieme (inaugurazione con grande festa e concerto la scorsa settimana). Mano pubblica e mano privata (anche quella di Pirelli, oltre che Anima, Intesa San Paolo, i Nissim del Gruppo Bolton, etc.), dietro il rilancio del Teatro Parenti e l’avventura della Caimi. Sinergie. Sintonie.

E’ proprio la forza di Milano, metropoli che da sempre vive le migliori ibridazioni tra pubblico e privato, istituzioni e società, impresa e cultura. Nel segno dell’innovazione economica, sociale, culturale. Come far convivere in modo originale un teatro e una piscina, appunto. E continuare a lasciare alla città le manifestazioni concrete dell’intraprendenza. A memoria futura.

E’ cultura popolare, il teatro, “il luogo ideale in cui una comunità racconta se stessa”, come ama dire Andrée Ruth Shammah, grande “donna di teatro”. E tenerlo in piedi, un teatro, farlo vivere e crescere, animarlo di attori e di pubblico, dargli peso di memoria, forza d’attualità e orizzonti di futuro è una difficile e bella impresa.

E’ cultura popolare anche la fabbrica: lavoro, persone, ricerca, legami e conflitti, cambiamenti, la buona cultura del fare e del vendere, produzione e mercato, economia attiva, sviluppo. E il suo racconto. Il racconto della fabbrica. Che si può fare benissimo a teatro (“Settimo, il lavoro e la fabbrica”, per la regia di Serena Sinigaglia e con il sostegno della Fondazione Pirelli è stato uno degli spettacoli di maggior successo della stagione 2012 del Piccolo Teatro di Milano; e dieci dei maggiori teatri italiani sono stati coinvolti, nel 2015, nell’iniziativa “L’impresa va in scena” organizzata del Gruppo Cultura di Confindustria, con gran consenso di pubblico e di critica).

Vengono ancora una volta chiare in mente, queste relazioni, proprio in tempi in cui, su un palcoscenico, per raccontare iniziative e stagioni teatrali, si ritrovano insieme gente di teatro, come la Shammah per il Teatro Parenti a Milano o Luca Barbareschi per l’Eliseo a Roma e uomini d’impresa che hanno deciso di sostenere quei teatri, come la Pirelli, il cui nome ricorre, nella storia, anche tra i fondatori d’altri teatri, come il Piccolo di Milano e tra i sostenitori d’altre iniziative che comunque su un palcoscenico vivono, come La Scala, l’Orchestra Verdi, l’Orchestra da Camera Italiana. Le culture del fare e la loro manifestazione. Intraprendere e recitare. Interpretare i tempi e i loro cambiamenti. Il mondo come azione e come rappresentazione. Gran teatro, no?

Ci sono parole comuni, tra il teatro e la fabbrica. Laboratorio, per esempio. Oppure ricerca. Manifattura, quella degli scenari e dei costumi; e quella dell’industria. E quel “cum” che sta come un’anima viva e vitale dentro un’altra parola che s’addice tanto al teatro quanto alla fabbrica: comunità (vale la pena rileggerla, la lezione di Adriano Olivetti ma anche quella di altri grandi imprenditori sensibili ai temi sociali, come i Pirelli). E, a pensarci bene, quel “cum” è radice fertile di un’altra parola chiave essenziale all’economia: competitività (lo abbiamo ricordato più volte, sulle pagine di questo blog). Andrée Shammah ne declina altre ancora: condivisione; e contagio: “cum” e “tangere”. Contagioso, lo spirito del teatro verso il suo pubblico che ha valore quando è partecipe. Contagiosa, la tendenza all’innovazione e alla partecipazione, anche in fabbrica: senza, non c’è competitività.

Se si vuole continuare con il gioco delle affinità, basta riflettere sull’ultima esperienza di uno dei maggiori attori italiani, Luca Barbareschi: ha rilevato uno dei più noti e prestigiosi teatri di Roma, l’Eliseo, in via Nazionale, proprio davanti alla Banca d’Italia, a un passo dal Quirinale, ci ha investito parecchio del suo e ha trovato sostenitori e finanziatori (tra cui Pirelli), ha messo in piedi una macchina in cui si fanno teatro, musica, incontri, letteratura, formazione, mostre. E un buon ristorante. Un teatro gestito – è l’ambizione – come una buona impresa. E Barbareschi? Un “imprendattore”, per usare un divertente neologismo.

A voler sottolineare le coincidenza, si può ricordare che a Milano, là dove adesso s’allargano gli spazi del Teatro Parenti, un tempo c’era una fabbrica di bulloni. E se intendiamo dare ragione a Leonardo Sciascia (non esistono le coincidenze ma le “incidenze”) e ascoltare le suggestioni di Andrée Shammah (“ci sono spiritelli”, nei luoghi dei buoni teatri…), lo spiritello di quella fabbrica, lo spiritello dell’intraprendere, lo spiritello del “fare cose belle che piacciono al mondo” gioca anche nei luoghi in cui, da tempo, il Parenti cresce, sino all’ultimo exploit: un teatro in più sale che si allarga recuperando una fascinosa piscina degli anni Trenta, la Caimi e vive vite molteplici, le rappresentazioni e lo sport, la formazione, la musica, le letture, le attività del vivere, assistere, mangiare insieme (inaugurazione con grande festa e concerto la scorsa settimana). Mano pubblica e mano privata (anche quella di Pirelli, oltre che Anima, Intesa San Paolo, i Nissim del Gruppo Bolton, etc.), dietro il rilancio del Teatro Parenti e l’avventura della Caimi. Sinergie. Sintonie.

E’ proprio la forza di Milano, metropoli che da sempre vive le migliori ibridazioni tra pubblico e privato, istituzioni e società, impresa e cultura. Nel segno dell’innovazione economica, sociale, culturale. Come far convivere in modo originale un teatro e una piscina, appunto. E continuare a lasciare alla città le manifestazioni concrete dell’intraprendenza. A memoria futura.

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