Il nuovo campus Bocconi e le università milanesi: formazione come spirito critico e responsabilità
Elogio della conoscenza. E di una buona formazione “che deve suscitare spirito critico e senso di responsabilità, i veri antidoti a odio e pregiudizi”. Le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’inaugurazione del nuovo campus dell’Università Bocconi (il 25 novembre scorso) vanno naturalmente oltre la cronaca della cerimonia universitaria (segnata anche dagli applausi lunghi e partecipati per la senatrice Liliana Segre: la conoscenza, tra i giovani, è la migliore risposta al razzismo e all’intolleranza). Ne colgono la sostanza, in un momento di crisi della cultura, della politica, delle istituzioni stesse della democrazia liberale: bisogna saper formare bene le élite del domani, una nuova classe dirigente aperta, responsabile, consapevole della storia e dunque lucida e appassionata nella costruzione di un futuro migliore. I cardini: cultura politecnica e umanesimo industriale, in pieno stile milanese o, meglio ancora, “umanesimo tech”, per usare l’efficace sintesi di Federico Faggin, il padre dei microprocessori, una delle intelligenze italiane più affermate nel mondo (Corriere della Sera, 20 novembre).
Milano, con le sue università tra le migliori d’Europa per formazione e ricerca, è un luogo ideale, per ragionare su questi temi. Ha duecentomila studenti, provenienti da tutta Italia e, da qualche anno, da molti paesi esteri (interessati soprattutto dalla Bocconi e dal Politecnico). E’ attrattiva per professori e ricercatori internazionali. E si pensa come metropoli dinamica e inclusiva, tutt’altro che “città Stato” chiusa e aggressivamente competitiva, ma semmai accogliente, come peraltro testimonia la sua lunga tradizione (è sempre più frequente, in molti discorsi pubblici di amministratori, imprenditori, intellettuali e artisti, il richiamo all’Editto del 1018 del vescovo Ariberto d’Intimiano: “Chi sa lavorare venga a Milano. E chi viene a Milano è un uomo libero”).
Le università sono, appunto, in crescita. Il Politecnico investe sulla sede tradizionale in piazza Leonardo da Vinci e nelle strutture della Bovisa, guardando con interesse anche agli sviluppi di Mind (Milano Innovation District, in costruzione nelle aree dell’ex Expo, dov’è già parzialmente operativo lo Human Technopole, una specializzazione in bio tech e life sciences, “una casa aperta a tutti gli scienziati” secondo Walter Ricciardi, coordinatore del Comitato Scientifico). La Cattolica definisce la sua espansione, un raddoppio, in un’ex caserma di polizia in sant’Ambrogio, “un campus di vetro” con i cantieri pronti a partire nel 2020. L’Università Bicocca scala le classifiche delle migliori università, grazie anche a una ricerca d’avanguardia, tra l’altro, tra medicina e nuovi materiali. Lo Iulm è oramai da tempo un campus aperto ed efficiente nella zona sud della metropoli, tra la Barona e i Navigli, in dinamica riqualificazione. La Statale si ristruttura e si espande, con le facoltà scientifiche verso l’area di Mind, la ristrutturazione della sede storica di via Festa del Perdono e i nuovi cantieri del Policlinico, 200 milioni di investimento, mille giorni per finire i lavori (la puntualità nell’esecuzione dei lavori pubblici, a Milano, sta diventando uno standard, come testimonia il ciclo rapido di chiusura, rifacimento della nuova pista hi tech e riapertura dell’aeroporto di Linate, esattamente nei tre mesi previsti). E la Bocconi ha appena aperto il suo nuovo campus.
Un investimento importante, 150 milioni di euro, per 85mila metri quadri per ospitare la Sda (la School of Management, un’eccellenza internazionale), uno studentato da 300 posti che potenziano tutta l’offerta Bocconi da 2mila posti letto per studenti e professori, un complesso sportivo con piscine e palestre. Un progetto d’avanguardia, firmato dallo studio giapponese Sanaa, con l’impegno diretto degli architetti Ryue Nishizawa e Kazuyo Sejima, tutto vetro e trasparenze, ma anche con un richiamo al sistema delle corti e dei portici medioevali milanesi. L’autosufficienza energetica. L’apertura del parco e degli spazi pubblici alla città. E una vera e propria multinazionalità come segno dei lavori: le maestranze che hanno partecipato alla costruzione del nuovo complesso rappresentavano 47 nazionalità diverse.
Ecco il punto: l’internazionalità. Una caratteristica bocconiana sempre più evidente. “Il nostro ateneo oggi conta su 14.952 studenti appartenenti a 99 nazionalità e nella School of Management sono transitati 12.144 manager di 75 paesi”, racconta il rettore Gianmario Verona. Di quei quasi 15mila studenti, gli stranieri sono circa un terzo. E sempre più frequenti in corsi in inglese, sino a quello, recentissimo in Economia dei cambiamenti climatici.
“L’integrazione – insiste il rettore Verona – è resa solida da questo tessuto di giovani che si sentono europei oltre che del proprio paese. La Bocconi, anche sotto questo profilo, è un esempio per il nostro paese”.
Un’università, dunque, qualificata nella valorizzazione di conoscenze e competenze e in una ricerca d’avanguardia. Una crescente sensibilità sugli aspetti etici e di sostenibilità dell’economia. Una cultura costruita sulle sintesi tra saperi umanistici e conoscenza scientifica e tra formazione e impresa, secondo un’originale attitudine che proprio Milano, nel tempo, ha ben testimoniato (da Leonardo Da Vinci al premio Nobel per la Chimica Giulio Natta). Un progetto di grande civiltà dello sviluppo. E una strategia utile per tutta l’Italia in una visione europea: nell’area più dinamica dell’economia e dell’innovazione, che ha Milano come baricentro e che comprende Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto si concentrano il 54% della spesa italiana in ricerca e sviluppo, il 73% dei brevetti nazionali, 600mila studenti universitari (elaborazioni Assolombarda). E proprio qui vanno giocate le carte per fare ripartire l’economia e lo sviluppo sociale, in un sistema di interconnessioni con l’Europa e con tutto il resto del paese, da stimolare e coinvolgere in una strategia unitaria di crescita.
Il presidente Mattarella, all’inaugurazione del campus Bocconi, ha colto proprio questa dimensione, sostenendo che “la costellazione di atenei di Milano è un patrimonio per la città, la regione e il territorio italiano”. E, allargando il discorso, ha aggiunto: “In questa fase di complessità emergono illusorie tendenze alla semplificazione. Nella storia sempre le novità provocano chiusure e desideri di impossibili ritorni al passato. La tentazione di semplificare ciò che è complesso è forte. Il ruolo della Bocconi ha delle ragioni anche in questo”. Con una formazione che, tornando all’inizio del nostro ragionamento, “deve suscitare spirito critico e senso di responsabilità”. Buona, civile università, appunto.
Elogio della conoscenza. E di una buona formazione “che deve suscitare spirito critico e senso di responsabilità, i veri antidoti a odio e pregiudizi”. Le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’inaugurazione del nuovo campus dell’Università Bocconi (il 25 novembre scorso) vanno naturalmente oltre la cronaca della cerimonia universitaria (segnata anche dagli applausi lunghi e partecipati per la senatrice Liliana Segre: la conoscenza, tra i giovani, è la migliore risposta al razzismo e all’intolleranza). Ne colgono la sostanza, in un momento di crisi della cultura, della politica, delle istituzioni stesse della democrazia liberale: bisogna saper formare bene le élite del domani, una nuova classe dirigente aperta, responsabile, consapevole della storia e dunque lucida e appassionata nella costruzione di un futuro migliore. I cardini: cultura politecnica e umanesimo industriale, in pieno stile milanese o, meglio ancora, “umanesimo tech”, per usare l’efficace sintesi di Federico Faggin, il padre dei microprocessori, una delle intelligenze italiane più affermate nel mondo (Corriere della Sera, 20 novembre).
Milano, con le sue università tra le migliori d’Europa per formazione e ricerca, è un luogo ideale, per ragionare su questi temi. Ha duecentomila studenti, provenienti da tutta Italia e, da qualche anno, da molti paesi esteri (interessati soprattutto dalla Bocconi e dal Politecnico). E’ attrattiva per professori e ricercatori internazionali. E si pensa come metropoli dinamica e inclusiva, tutt’altro che “città Stato” chiusa e aggressivamente competitiva, ma semmai accogliente, come peraltro testimonia la sua lunga tradizione (è sempre più frequente, in molti discorsi pubblici di amministratori, imprenditori, intellettuali e artisti, il richiamo all’Editto del 1018 del vescovo Ariberto d’Intimiano: “Chi sa lavorare venga a Milano. E chi viene a Milano è un uomo libero”).
Le università sono, appunto, in crescita. Il Politecnico investe sulla sede tradizionale in piazza Leonardo da Vinci e nelle strutture della Bovisa, guardando con interesse anche agli sviluppi di Mind (Milano Innovation District, in costruzione nelle aree dell’ex Expo, dov’è già parzialmente operativo lo Human Technopole, una specializzazione in bio tech e life sciences, “una casa aperta a tutti gli scienziati” secondo Walter Ricciardi, coordinatore del Comitato Scientifico). La Cattolica definisce la sua espansione, un raddoppio, in un’ex caserma di polizia in sant’Ambrogio, “un campus di vetro” con i cantieri pronti a partire nel 2020. L’Università Bicocca scala le classifiche delle migliori università, grazie anche a una ricerca d’avanguardia, tra l’altro, tra medicina e nuovi materiali. Lo Iulm è oramai da tempo un campus aperto ed efficiente nella zona sud della metropoli, tra la Barona e i Navigli, in dinamica riqualificazione. La Statale si ristruttura e si espande, con le facoltà scientifiche verso l’area di Mind, la ristrutturazione della sede storica di via Festa del Perdono e i nuovi cantieri del Policlinico, 200 milioni di investimento, mille giorni per finire i lavori (la puntualità nell’esecuzione dei lavori pubblici, a Milano, sta diventando uno standard, come testimonia il ciclo rapido di chiusura, rifacimento della nuova pista hi tech e riapertura dell’aeroporto di Linate, esattamente nei tre mesi previsti). E la Bocconi ha appena aperto il suo nuovo campus.
Un investimento importante, 150 milioni di euro, per 85mila metri quadri per ospitare la Sda (la School of Management, un’eccellenza internazionale), uno studentato da 300 posti che potenziano tutta l’offerta Bocconi da 2mila posti letto per studenti e professori, un complesso sportivo con piscine e palestre. Un progetto d’avanguardia, firmato dallo studio giapponese Sanaa, con l’impegno diretto degli architetti Ryue Nishizawa e Kazuyo Sejima, tutto vetro e trasparenze, ma anche con un richiamo al sistema delle corti e dei portici medioevali milanesi. L’autosufficienza energetica. L’apertura del parco e degli spazi pubblici alla città. E una vera e propria multinazionalità come segno dei lavori: le maestranze che hanno partecipato alla costruzione del nuovo complesso rappresentavano 47 nazionalità diverse.
Ecco il punto: l’internazionalità. Una caratteristica bocconiana sempre più evidente. “Il nostro ateneo oggi conta su 14.952 studenti appartenenti a 99 nazionalità e nella School of Management sono transitati 12.144 manager di 75 paesi”, racconta il rettore Gianmario Verona. Di quei quasi 15mila studenti, gli stranieri sono circa un terzo. E sempre più frequenti in corsi in inglese, sino a quello, recentissimo in Economia dei cambiamenti climatici.
“L’integrazione – insiste il rettore Verona – è resa solida da questo tessuto di giovani che si sentono europei oltre che del proprio paese. La Bocconi, anche sotto questo profilo, è un esempio per il nostro paese”.
Un’università, dunque, qualificata nella valorizzazione di conoscenze e competenze e in una ricerca d’avanguardia. Una crescente sensibilità sugli aspetti etici e di sostenibilità dell’economia. Una cultura costruita sulle sintesi tra saperi umanistici e conoscenza scientifica e tra formazione e impresa, secondo un’originale attitudine che proprio Milano, nel tempo, ha ben testimoniato (da Leonardo Da Vinci al premio Nobel per la Chimica Giulio Natta). Un progetto di grande civiltà dello sviluppo. E una strategia utile per tutta l’Italia in una visione europea: nell’area più dinamica dell’economia e dell’innovazione, che ha Milano come baricentro e che comprende Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto si concentrano il 54% della spesa italiana in ricerca e sviluppo, il 73% dei brevetti nazionali, 600mila studenti universitari (elaborazioni Assolombarda). E proprio qui vanno giocate le carte per fare ripartire l’economia e lo sviluppo sociale, in un sistema di interconnessioni con l’Europa e con tutto il resto del paese, da stimolare e coinvolgere in una strategia unitaria di crescita.
Il presidente Mattarella, all’inaugurazione del campus Bocconi, ha colto proprio questa dimensione, sostenendo che “la costellazione di atenei di Milano è un patrimonio per la città, la regione e il territorio italiano”. E, allargando il discorso, ha aggiunto: “In questa fase di complessità emergono illusorie tendenze alla semplificazione. Nella storia sempre le novità provocano chiusure e desideri di impossibili ritorni al passato. La tentazione di semplificare ciò che è complesso è forte. Il ruolo della Bocconi ha delle ragioni anche in questo”. Con una formazione che, tornando all’inizio del nostro ragionamento, “deve suscitare spirito critico e senso di responsabilità”. Buona, civile università, appunto.