Impresa familiare e territorio: legame a filo doppio
L’impresa, soprattutto se familiare, guarda anche al territorio. Anzi, di più: uno dei connotati, dei tratti caratteristici dell’impresa familiare e della sua cultura, pare consista proprio nell’attenzione ai legami locali, “personali”, storici con l’area nella quale è nata. Non si tratta di una questione di dimensioni occupazionali, quanto di origine e approccio gestionale.
Ciò che ne nasce è un assetto particolare della produzione che risponde in maniera particolare alle sollecitazioni esterne: le crisi, i mercati, i costi di produzione, la concorrenza.
Ne è prova quanto evidenziato da Leandro D’Aurizio (Banca d’Italia) e Livio Romano (Istituto Universitario Europeo), in un acuto studio appena pubblicato da Banca d’Italia – “Le imprese familiari nella Grande Recessione” -, che analizza il comportamento delle imprese familiari cosiddetti multi-stabilimento nel periodo definito della “Grande recessione” cioè dal 2007 al 2009.
In particolare, il lavoro – usando i dati dell’indagine sulle imprese condotta dalla Banca d’Italia (Invind) -, studia l’adattamento, avvenuto a seguito della crisi economica, dei livelli di occupazione delle imprese familiari italiane.
Il risultato è chiaro: “Durante la crisi – spiegano i due economisti -, le imprese familiari multi-stabilimento hanno privilegiato l’occupazione nella sede principale rispetto alle sedi periferiche. In particolare, l’aggiustamento all’interno delle imprese (within firm) ha comportato per le aziende familiari un lieve aumento dei lavoratori nella sede principale, contro una diminuzione per le imprese non familiari”.
Perché questo? Probabilmente – spiegano i due -, per la concreta applicazione del “concetto di riconoscibilità sociale” basata sul legame di natura affettiva e psicologica esistente tra l’imprenditore e la comunità alla quale appartiene.
Un’importanza talmente grande da essere colta statisticamente e da rappresentare il segno tangibile di una cultura d’impresa ancora molto radicata in Italia, al di là della recessione e delle difficoltà contingenti.
Le imprese familiari nella Grande Recessione (Family firms and the Great Recession: out of sight, out of mind?)
Leandro D’Aurizio e Livio Romano
Tema di discussione n. 905, aprile 2013
L’impresa, soprattutto se familiare, guarda anche al territorio. Anzi, di più: uno dei connotati, dei tratti caratteristici dell’impresa familiare e della sua cultura, pare consista proprio nell’attenzione ai legami locali, “personali”, storici con l’area nella quale è nata. Non si tratta di una questione di dimensioni occupazionali, quanto di origine e approccio gestionale.
Ciò che ne nasce è un assetto particolare della produzione che risponde in maniera particolare alle sollecitazioni esterne: le crisi, i mercati, i costi di produzione, la concorrenza.
Ne è prova quanto evidenziato da Leandro D’Aurizio (Banca d’Italia) e Livio Romano (Istituto Universitario Europeo), in un acuto studio appena pubblicato da Banca d’Italia – “Le imprese familiari nella Grande Recessione” -, che analizza il comportamento delle imprese familiari cosiddetti multi-stabilimento nel periodo definito della “Grande recessione” cioè dal 2007 al 2009.
In particolare, il lavoro – usando i dati dell’indagine sulle imprese condotta dalla Banca d’Italia (Invind) -, studia l’adattamento, avvenuto a seguito della crisi economica, dei livelli di occupazione delle imprese familiari italiane.
Il risultato è chiaro: “Durante la crisi – spiegano i due economisti -, le imprese familiari multi-stabilimento hanno privilegiato l’occupazione nella sede principale rispetto alle sedi periferiche. In particolare, l’aggiustamento all’interno delle imprese (within firm) ha comportato per le aziende familiari un lieve aumento dei lavoratori nella sede principale, contro una diminuzione per le imprese non familiari”.
Perché questo? Probabilmente – spiegano i due -, per la concreta applicazione del “concetto di riconoscibilità sociale” basata sul legame di natura affettiva e psicologica esistente tra l’imprenditore e la comunità alla quale appartiene.
Un’importanza talmente grande da essere colta statisticamente e da rappresentare il segno tangibile di una cultura d’impresa ancora molto radicata in Italia, al di là della recessione e delle difficoltà contingenti.
Le imprese familiari nella Grande Recessione (Family firms and the Great Recession: out of sight, out of mind?)
Leandro D’Aurizio e Livio Romano
Tema di discussione n. 905, aprile 2013