Accedi all’Archivio online
Esplora l’Archivio online per trovare fonti e materiali. Seleziona la tipologia di supporto documentale che più ti interessa e inserisci le parole chiave della tua ricerca.
    Seleziona una delle seguenti categorie:
  • Documenti
  • Fotografie
  • Disegni e manifesti
  • Audiovisivi
  • Pubblicazioni e riviste
  • Tutti
Assistenza alla consultazione
Per richiedere la consultazione del materiale conservato nell’Archivio Storico e nelle Biblioteche della Fondazione Pirelli al fine di studi e ricerche e conoscere le modalità di utilizzo dei materiali per prestiti e mostre, compila il seguente modulo.
Riceverai una mail di conferma dell'avvenuta ricezione della richiesta e sarai ricontattato.
Percorsi Fondazione Pirelli Educational

Seleziona il grado di istruzione della scuola di appartenenza
Back
Scuola Primaria
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.

Dichiaro di avere preso visione dell’informativa relativa al trattamento dei miei dati personali, e autorizzo la Fondazione Pirelli al trattamento dei miei dati personali per l’invio, anche a mezzo e-mail, di comunicazioni relative ad iniziative/convegni organizzati dalla Fondazione Pirelli..

Back
Scuole secondarie di I grado
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.
Back
Scuole secondarie di II grado
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.
Back
Università
Percorsi Fondazione Pirelli Educational

Vuoi organizzare un percorso personalizzato con i tuoi studenti? Per informazioni e prenotazioni scrivi a universita@fondazionepirelli.org

Visita la Fondazione
Per informazioni sulle attività della Fondazione e l’accessiblità agli spazi
contattare il numero 0264423971 o scrivere a visite@fondazionepirelli.org

La svolta della Green Economy e le prospettive di futuro sostenibile per l’Europa e per l’euro

Un buon futuro per l’Europa e per l’euro. E una prospettiva di sviluppo sostenibile, che sappia affrontare le grandi questioni dei rischi ambientali e delle diseguaglianze sociali. La green economy è un cardine essenziale del “cambio di paradigma” necessario per il rilancio dell’economia di mercato e, più in generale, per la democrazia liberale. E proprio in quest’apertura degli Anni Venti del nuovo millennio, i temi della grande trasformazione e del Green New Deal si ritrovano al centro di dibattiti accesi e originali che coinvolgono i luoghi degli appuntamenti tradizionali delle élite del mondo, come il World Economic Forum di Davos, la Basilica dei frati francescani per il “Manifesto di Assisi” ispirato all’enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco e gli uffici della Commissione Ue a Bruxelles e della Bce a Francoforte (impegnata ad affrontare il cosiddetto “cigno verde”, l’evento sconvolgente che turba i mercati), i palazzi della grande finanza come il fondo di investimenti BlackRock a New York e le fabbriche delle piccole e medie imprese italiane nel “nuovo triangolo industriale” tra la Lombardia, il Nord Est e l’Emilia Romagna, le aule di prestigiose università tra Usa ed Europa e le piazze affollate dai movimenti ecologisti che hanno individuato come proprio simbolo Greta Thunberg.

Tutto si tiene, in un mondo difficile, carico di tensioni, disagi, rancori sociali e fratture politiche. E tutto va ripensato in una stagione di interconnessioni tra ambiente, Intelligenza Artificiale, globalizzazione. Un mondo, appunto, in radicale cambiamento. Un mondo in crisi, varrebbe la pena dire. Dando, proprio alla parola “crisi” il doppio significato di pericolo e opportunità.

Per capire meglio, ci si può affidare alle parole di un premio Nobel per l’Economia, Joseph Stiglitz, tradizionalmente scettico nei confronti dell’euro: “Il Green New Deal può salvare la moneta unica e soprattutto aiutare l’Italia, perché richiederà enormi investimenti, che renderanno necessaria una maggiore flessibilità di bilancio, consentendo finalmente gli stimoli per la crescita di cui soprattutto l’Italia ha bisogno da anni”, ha detto a “La Stampa” (23 gennaio). “Una svolta epocale”, insomma, con “una riforma della politica finora adottata da Bruxelles”. Perché? “Per realizzare i nuovi obiettivi ambientalisti, che peraltro sono sempre più necessari dal punto di vista della sopravvivenza del nostro pianeta, serviranno miliardi di euro, se non qualche trilione alla fine. E’ una scelta sensata, perché non punta solo all’obiettivo di ripulire l’ambiente e contrastare i cambiamenti climatici, ma promette di costruire una nuova economia”.

In questa stagione, le scelte schematiche e ideologiche sull’austerità, tanto care ai circoli politici e alle opinioni pubbliche del Nord Europa, scontano finalmente una caduta di credibilità, non essendo state utili per affrontare le crisi ambientali e sociali. Ci sono adesso le condizioni per un cambio di politiche europee, rilanciando gli investimenti per la crescita economica sostenibile e lo sviluppo, che Stiglitz giudica anche come “il rimedio migliore contro l’emergere del populismo e del sovranismo”. Investimenti pubblici, europei e nazionali, e investimenti privati, per l’ambiente e la salvaguardia del territorio. Ma anche per la formazione. E per le riforme necessarie a usare le opportunità offerte dall’economia digitale e dell’Intelligenza artificiale per una straordinaria svolta sui temi del rapporto tra giovani e lavoro. Non spesa pubblica corrente, improduttiva, ma un grande programma che veda insieme governi e imprese. Appunto le imprese che mostrano una straordinaria sensibilità per le questioni dello sviluppo sostenibile e per un capitalismo ricco di valori attenti agli stakeholders (consumatori, dipendenti, fornitori, cittadini delle comunità) e non più solo agli shareholders, agli azionisti e agli investitori finanziari.

Sono proprio questi i temi risuonati a Davos, anche quando declinati nell’immaginario del “piantare mille miliardi di alberi” tanto caro a Klaus Schwab, il promotore del World Economic Forum e tanto facile per la propaganda da essere subito copiato da Donald Trump. Ci sarà pure, infatti, un tentativo da green washing di imprese e circoli politici opportunisti. Ma l’ispirazione ambientalista è sempre più radicata e sincera, soprattutto nelle nuove generazioni e in molti ambienti di consumatori colti e responsabili. E sollecita approfondimenti e scelte coerenti e lungimiranti.

Sono appunto i valori del “Manifesto di Assisi”, firmato da Symbola e dai Frati Francescani e da una lunga serie di personalità delle imprese, dell’economia, della cultura e delle organizzazioni sociali e presentato con un grande dibattito pubblico appunto nella Basilica francescana venerdì 24 (ne abbiamo parlato a lungo nel blog della scorsa settimana): “Un’economia sostenibile e a misura d’uomo”, attenta pure alle questioni sociali e consapevole che “la nostra green economy rende più competitive le nostre imprese e produce posti di lavoro affondando le radici, spesso secolari, in un modo di produrre legato alla qualità, alla bellezza, all’efficienza, alla storia delle città, alle esperienze positive di città e territori. Fa della coesione sociale un fattore produttivo e coniuga empatia e tecnologia”.

“Il capitalismo alla prova del villaggio globale”, sintetizza Gianmario Verona, economista, rettore dell’Università Bocconi (“La Stampa”, 26 gennaio”, ricordando che “i leader delle banche d’investimento, per primo Larry Fink di BlackRock, spingono sul fare investimenti legati ad ambiente, impatto sociale e bontà della governance (la sigla ESG)” e “dato il loro ruolo influente nel sistema economico e la ricorrenza delle dichiarazioni su questi temi, rappresentano forse l’inventivo più immediato per fare cambiamenti strutturali al modo di concepire la finanza e il capitalismo oggi”.

Aggiunge Verona: “La rivoluzione digitale fa la sua parte, mettendo in connessione e rendendo consapevoli i cittadini, stimolando le università a uscire dalle torri d’avorio e portando alla luce nuovi leader, indipendentemente che questi rispondano al nome di Greta Thunberg”. Idee e scelte politiche ed economiche. Progetti da economia circolare e civile. Un mondo in movimento positivo, appunto. In cui l’Europa ritrova una sua solida centralità.

Un buon futuro per l’Europa e per l’euro. E una prospettiva di sviluppo sostenibile, che sappia affrontare le grandi questioni dei rischi ambientali e delle diseguaglianze sociali. La green economy è un cardine essenziale del “cambio di paradigma” necessario per il rilancio dell’economia di mercato e, più in generale, per la democrazia liberale. E proprio in quest’apertura degli Anni Venti del nuovo millennio, i temi della grande trasformazione e del Green New Deal si ritrovano al centro di dibattiti accesi e originali che coinvolgono i luoghi degli appuntamenti tradizionali delle élite del mondo, come il World Economic Forum di Davos, la Basilica dei frati francescani per il “Manifesto di Assisi” ispirato all’enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco e gli uffici della Commissione Ue a Bruxelles e della Bce a Francoforte (impegnata ad affrontare il cosiddetto “cigno verde”, l’evento sconvolgente che turba i mercati), i palazzi della grande finanza come il fondo di investimenti BlackRock a New York e le fabbriche delle piccole e medie imprese italiane nel “nuovo triangolo industriale” tra la Lombardia, il Nord Est e l’Emilia Romagna, le aule di prestigiose università tra Usa ed Europa e le piazze affollate dai movimenti ecologisti che hanno individuato come proprio simbolo Greta Thunberg.

Tutto si tiene, in un mondo difficile, carico di tensioni, disagi, rancori sociali e fratture politiche. E tutto va ripensato in una stagione di interconnessioni tra ambiente, Intelligenza Artificiale, globalizzazione. Un mondo, appunto, in radicale cambiamento. Un mondo in crisi, varrebbe la pena dire. Dando, proprio alla parola “crisi” il doppio significato di pericolo e opportunità.

Per capire meglio, ci si può affidare alle parole di un premio Nobel per l’Economia, Joseph Stiglitz, tradizionalmente scettico nei confronti dell’euro: “Il Green New Deal può salvare la moneta unica e soprattutto aiutare l’Italia, perché richiederà enormi investimenti, che renderanno necessaria una maggiore flessibilità di bilancio, consentendo finalmente gli stimoli per la crescita di cui soprattutto l’Italia ha bisogno da anni”, ha detto a “La Stampa” (23 gennaio). “Una svolta epocale”, insomma, con “una riforma della politica finora adottata da Bruxelles”. Perché? “Per realizzare i nuovi obiettivi ambientalisti, che peraltro sono sempre più necessari dal punto di vista della sopravvivenza del nostro pianeta, serviranno miliardi di euro, se non qualche trilione alla fine. E’ una scelta sensata, perché non punta solo all’obiettivo di ripulire l’ambiente e contrastare i cambiamenti climatici, ma promette di costruire una nuova economia”.

In questa stagione, le scelte schematiche e ideologiche sull’austerità, tanto care ai circoli politici e alle opinioni pubbliche del Nord Europa, scontano finalmente una caduta di credibilità, non essendo state utili per affrontare le crisi ambientali e sociali. Ci sono adesso le condizioni per un cambio di politiche europee, rilanciando gli investimenti per la crescita economica sostenibile e lo sviluppo, che Stiglitz giudica anche come “il rimedio migliore contro l’emergere del populismo e del sovranismo”. Investimenti pubblici, europei e nazionali, e investimenti privati, per l’ambiente e la salvaguardia del territorio. Ma anche per la formazione. E per le riforme necessarie a usare le opportunità offerte dall’economia digitale e dell’Intelligenza artificiale per una straordinaria svolta sui temi del rapporto tra giovani e lavoro. Non spesa pubblica corrente, improduttiva, ma un grande programma che veda insieme governi e imprese. Appunto le imprese che mostrano una straordinaria sensibilità per le questioni dello sviluppo sostenibile e per un capitalismo ricco di valori attenti agli stakeholders (consumatori, dipendenti, fornitori, cittadini delle comunità) e non più solo agli shareholders, agli azionisti e agli investitori finanziari.

Sono proprio questi i temi risuonati a Davos, anche quando declinati nell’immaginario del “piantare mille miliardi di alberi” tanto caro a Klaus Schwab, il promotore del World Economic Forum e tanto facile per la propaganda da essere subito copiato da Donald Trump. Ci sarà pure, infatti, un tentativo da green washing di imprese e circoli politici opportunisti. Ma l’ispirazione ambientalista è sempre più radicata e sincera, soprattutto nelle nuove generazioni e in molti ambienti di consumatori colti e responsabili. E sollecita approfondimenti e scelte coerenti e lungimiranti.

Sono appunto i valori del “Manifesto di Assisi”, firmato da Symbola e dai Frati Francescani e da una lunga serie di personalità delle imprese, dell’economia, della cultura e delle organizzazioni sociali e presentato con un grande dibattito pubblico appunto nella Basilica francescana venerdì 24 (ne abbiamo parlato a lungo nel blog della scorsa settimana): “Un’economia sostenibile e a misura d’uomo”, attenta pure alle questioni sociali e consapevole che “la nostra green economy rende più competitive le nostre imprese e produce posti di lavoro affondando le radici, spesso secolari, in un modo di produrre legato alla qualità, alla bellezza, all’efficienza, alla storia delle città, alle esperienze positive di città e territori. Fa della coesione sociale un fattore produttivo e coniuga empatia e tecnologia”.

“Il capitalismo alla prova del villaggio globale”, sintetizza Gianmario Verona, economista, rettore dell’Università Bocconi (“La Stampa”, 26 gennaio”, ricordando che “i leader delle banche d’investimento, per primo Larry Fink di BlackRock, spingono sul fare investimenti legati ad ambiente, impatto sociale e bontà della governance (la sigla ESG)” e “dato il loro ruolo influente nel sistema economico e la ricorrenza delle dichiarazioni su questi temi, rappresentano forse l’inventivo più immediato per fare cambiamenti strutturali al modo di concepire la finanza e il capitalismo oggi”.

Aggiunge Verona: “La rivoluzione digitale fa la sua parte, mettendo in connessione e rendendo consapevoli i cittadini, stimolando le università a uscire dalle torri d’avorio e portando alla luce nuovi leader, indipendentemente che questi rispondano al nome di Greta Thunberg”. Idee e scelte politiche ed economiche. Progetti da economia circolare e civile. Un mondo in movimento positivo, appunto. In cui l’Europa ritrova una sua solida centralità.

CIAO, COME POSSO AIUTARTI?