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Piccolo Teatro, le imprese in scena per raccontare “Milano, il Futuro”

“Il teatro è il luogo dove una comunità liberamente riunita si rivela a se stessa”. La frase è di Paolo Grassi, fondatore del Piccolo Teatro di Milano, uno dei protagonisti della migliore cultura italiana del Novecento. Ed è proprio questa lezione sulle parole da dire, ascoltare e accogliere, sulla “verità” d’una recita, a costituire il cardine della scelta di Assolombarda di fare un punto sulle proprie attività proprio lì, al Piccolo, giovedì mattina, con un incontro su “Milano, il Futuro”. Non un convegno, naturalmente. Ma una rappresentazione, in forma teatrale, di esperienze e d’idee che coinvolgono la città che prova a guardare alla propria memoria e a ragionare sul proprio destino e a cercare di costruirne uno migliore per le giovani generazioni. Il Piccolo Teatro di Milano, fin dal momento della sua nascita, nel 1947, ha alcune delle principali famiglie della borghesia imprenditoriale tra i fondatori e sostenitori (Alberto e Piero Pirelli, tra i primi). E anche così Milano conferma la sua identità di città imprenditoriale e culturale, con sinergie e sintonie ancora attuali. Milano è “La città che sale” dipinta da Umberto Boccioni nel momento più dinamico dell’avvio del Novecento (l’originale è al Moma di New York, il bozzetto preparatorio alla Pinacoteca di Brera: “il frutto del nostro tempo industriale”, per usare le parole dell’autore). La metropoli delle trasformazioni continue. La più aperta ed europea delle città italiane.

L’impresa va in scena, dunque. Si sente di casa a teatro (e il teatro milanese, in molte delle sue dimensioni, sa essere una buona, efficiente impresa). Si racconta “nel” teatro. Usa un linguaggio teatrale. Si muove secondo un immaginario comunque originale, per il mondo dell’economia. Fa innovazione nella sua stessa rappresentazione. Luci che scandiscono presenze e movimenti. Pagine di letteratura e scienza trasformate da attori del Piccolo Teatro in recitazione. Imprenditori e personalità delle istituzioni e della cultura che offrono testimonianza del “fare” e del “progettare”. Musiche eseguite al pianoforte da Enrico Intra, a scandire i blocchi dello spettacolo. Immagini in dissolvenza tra grande arte figurativa, disegno architettonico, forme digitali delle nuove tecnologie industriali, reti e punti di connessione, sguardi acuti sulle dimensioni sociali. Rappresentazione, appunto, d’una comunità vitale, che conosce la sua storia e ne ripropone la forza delle trasformazioni. E’ proprio questo, d’altronde, il senso profondo dell’essere impresa nella comunità: consapevolezza e responsabilità dell’innovazione.

L’identità di Milano, aperta, molteplice, conflittuale e contemporaneamente inclusiva (“Milanesi si diventa”, come ha insegnato Carlo Castellaneta, scrittore milanesissimo, di madre milanese e padre pugliese) è raccontata da Cristina Messa, Rettore dell’Università Bicocca (con le sue dieci e più università e i 200mila studenti, Milano è luogo d’eccellenza in cui si incrociano formazione e ricerca, costruzione di capitale umano e di capitale sociale di qualità). E la metropoli può essere interpretata secondo un acronimo caro ad Assolombarda, STEAM, con le iniziali di science, technology, environment ma anche energy da green economy, arts e manufacturing: aspetti convergenti di cultura d’impresa, di “cultura politecnica”, in cui Milano ha una dimensione molto italiana e molto internazionale.

Lo raccontano le testimonianze di Sergio Dompé (farmaceutica d’avanguardia) su ricerca scientifica e life sciences; di Enrico Cereda (presidente Ibm) sull’innovazione hi tech, i servizi digitali e la smart city; di Pietro Modiano (presidente Sea) sulle infrastrutture materiali e immateriali che rendono Milano accogliente e capace di attrarre persone e investimenti internazionali e di stare in connessione con l’Europa e il mondo; di Carlotta De Bevilacqua (Artemide) sui saperi umanistici che danno forza di grande cultura originale al design, alla moda e alle altre dimensioni del made in Italy di cui Milano è capitale; di Marco Tronchetti Provera (Ceo di Pirelli) sulle trasformazioni del digital manifacturing, sulla sintesi contemporanea di industria, servizi, big data, in un mondo stimolante e competitivo qual è quello di Industry 4.0. (sulle trasformazioni produttive e sociali, la Fondazione Pirelli e il Piccolo Teatro avevano organizzato insieme, nel 2012, lo spettacolo “Settimo – La fabbrica e il lavoro”, per la regia di Serena Sinigaglia: un racconto sull’evoluzione del polo industriale di Settimo Torinese, con riscontri positivi di critica e di pubblico).

Nelle testimonianze dei cinque imprenditori e manager, sulla scena del Piccolo Teatro, c’è la sintesi particolarmente milanese di cultura del progetto e cultura del prodotto. Il “fare, e fare bene “. E il raccontarlo. A trarne le fila, gli interventi del sindaco di Milano Beppe Sala, uomo delle istituzioni che sanno declinare memoria e futuro, orgoglio d’appartenenza e ambizione di attrattività; del presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca, alla scadenza d’un mandato quadriennale caratterizzato da cinquanta progetti (in gran parte già portati a termine e altri destinati ad andare avanti nel tempo) dedicati a “far volare Milano per far volare l’Italia”; del cardinale Francesco Scola, appena reduce da un’emozionante visita di Papa Francesco a Milano e autore d’un libro uscito proprio in questi giorni, “Postcristianesimo? Il malessere e le speranze dell’Occidente”, attento a cercare di intravvedere “il bene comune nella società plurale” e a ragionare sull’accoglienza e sui valori delle culture diverse, sul “saper vedere l’altro oltre il Narciso che è in noi”.

Sono sfide complesse ma ineludibili, proprio per una metropoli, come Milano, da sempre aperta, impegnata a coniugare in modo originale e non senza contraddizioni e contrasti la competitività e la solidarietà. A fare cultura, come strumento di crescita non solo economica ma anche sociale. E, senza vanto, a darne conto. Risuonano appunto le parole di Grassi sul teatro come “luogo dove una comunità liberamente riunita si rivela a se stessa”.

“Il teatro è il luogo dove una comunità liberamente riunita si rivela a se stessa”. La frase è di Paolo Grassi, fondatore del Piccolo Teatro di Milano, uno dei protagonisti della migliore cultura italiana del Novecento. Ed è proprio questa lezione sulle parole da dire, ascoltare e accogliere, sulla “verità” d’una recita, a costituire il cardine della scelta di Assolombarda di fare un punto sulle proprie attività proprio lì, al Piccolo, giovedì mattina, con un incontro su “Milano, il Futuro”. Non un convegno, naturalmente. Ma una rappresentazione, in forma teatrale, di esperienze e d’idee che coinvolgono la città che prova a guardare alla propria memoria e a ragionare sul proprio destino e a cercare di costruirne uno migliore per le giovani generazioni. Il Piccolo Teatro di Milano, fin dal momento della sua nascita, nel 1947, ha alcune delle principali famiglie della borghesia imprenditoriale tra i fondatori e sostenitori (Alberto e Piero Pirelli, tra i primi). E anche così Milano conferma la sua identità di città imprenditoriale e culturale, con sinergie e sintonie ancora attuali. Milano è “La città che sale” dipinta da Umberto Boccioni nel momento più dinamico dell’avvio del Novecento (l’originale è al Moma di New York, il bozzetto preparatorio alla Pinacoteca di Brera: “il frutto del nostro tempo industriale”, per usare le parole dell’autore). La metropoli delle trasformazioni continue. La più aperta ed europea delle città italiane.

L’impresa va in scena, dunque. Si sente di casa a teatro (e il teatro milanese, in molte delle sue dimensioni, sa essere una buona, efficiente impresa). Si racconta “nel” teatro. Usa un linguaggio teatrale. Si muove secondo un immaginario comunque originale, per il mondo dell’economia. Fa innovazione nella sua stessa rappresentazione. Luci che scandiscono presenze e movimenti. Pagine di letteratura e scienza trasformate da attori del Piccolo Teatro in recitazione. Imprenditori e personalità delle istituzioni e della cultura che offrono testimonianza del “fare” e del “progettare”. Musiche eseguite al pianoforte da Enrico Intra, a scandire i blocchi dello spettacolo. Immagini in dissolvenza tra grande arte figurativa, disegno architettonico, forme digitali delle nuove tecnologie industriali, reti e punti di connessione, sguardi acuti sulle dimensioni sociali. Rappresentazione, appunto, d’una comunità vitale, che conosce la sua storia e ne ripropone la forza delle trasformazioni. E’ proprio questo, d’altronde, il senso profondo dell’essere impresa nella comunità: consapevolezza e responsabilità dell’innovazione.

L’identità di Milano, aperta, molteplice, conflittuale e contemporaneamente inclusiva (“Milanesi si diventa”, come ha insegnato Carlo Castellaneta, scrittore milanesissimo, di madre milanese e padre pugliese) è raccontata da Cristina Messa, Rettore dell’Università Bicocca (con le sue dieci e più università e i 200mila studenti, Milano è luogo d’eccellenza in cui si incrociano formazione e ricerca, costruzione di capitale umano e di capitale sociale di qualità). E la metropoli può essere interpretata secondo un acronimo caro ad Assolombarda, STEAM, con le iniziali di science, technology, environment ma anche energy da green economy, arts e manufacturing: aspetti convergenti di cultura d’impresa, di “cultura politecnica”, in cui Milano ha una dimensione molto italiana e molto internazionale.

Lo raccontano le testimonianze di Sergio Dompé (farmaceutica d’avanguardia) su ricerca scientifica e life sciences; di Enrico Cereda (presidente Ibm) sull’innovazione hi tech, i servizi digitali e la smart city; di Pietro Modiano (presidente Sea) sulle infrastrutture materiali e immateriali che rendono Milano accogliente e capace di attrarre persone e investimenti internazionali e di stare in connessione con l’Europa e il mondo; di Carlotta De Bevilacqua (Artemide) sui saperi umanistici che danno forza di grande cultura originale al design, alla moda e alle altre dimensioni del made in Italy di cui Milano è capitale; di Marco Tronchetti Provera (Ceo di Pirelli) sulle trasformazioni del digital manifacturing, sulla sintesi contemporanea di industria, servizi, big data, in un mondo stimolante e competitivo qual è quello di Industry 4.0. (sulle trasformazioni produttive e sociali, la Fondazione Pirelli e il Piccolo Teatro avevano organizzato insieme, nel 2012, lo spettacolo “Settimo – La fabbrica e il lavoro”, per la regia di Serena Sinigaglia: un racconto sull’evoluzione del polo industriale di Settimo Torinese, con riscontri positivi di critica e di pubblico).

Nelle testimonianze dei cinque imprenditori e manager, sulla scena del Piccolo Teatro, c’è la sintesi particolarmente milanese di cultura del progetto e cultura del prodotto. Il “fare, e fare bene “. E il raccontarlo. A trarne le fila, gli interventi del sindaco di Milano Beppe Sala, uomo delle istituzioni che sanno declinare memoria e futuro, orgoglio d’appartenenza e ambizione di attrattività; del presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca, alla scadenza d’un mandato quadriennale caratterizzato da cinquanta progetti (in gran parte già portati a termine e altri destinati ad andare avanti nel tempo) dedicati a “far volare Milano per far volare l’Italia”; del cardinale Francesco Scola, appena reduce da un’emozionante visita di Papa Francesco a Milano e autore d’un libro uscito proprio in questi giorni, “Postcristianesimo? Il malessere e le speranze dell’Occidente”, attento a cercare di intravvedere “il bene comune nella società plurale” e a ragionare sull’accoglienza e sui valori delle culture diverse, sul “saper vedere l’altro oltre il Narciso che è in noi”.

Sono sfide complesse ma ineludibili, proprio per una metropoli, come Milano, da sempre aperta, impegnata a coniugare in modo originale e non senza contraddizioni e contrasti la competitività e la solidarietà. A fare cultura, come strumento di crescita non solo economica ma anche sociale. E, senza vanto, a darne conto. Risuonano appunto le parole di Grassi sul teatro come “luogo dove una comunità liberamente riunita si rivela a se stessa”.

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