Sostenibilità “nel Dna delle imprese” secondo la sfida della nuova presidente di Sodalitas
Sostenibilità, come caratteristica di fondo delle imprese, come modo d’essere del loro vivere, produrre, fare affari, innovare, crescere. Sostenibilità, insomma, come cultura d’impresa. Come condizione stessa della competitività. Cambia la presidenza, in Sodalitas, da Diana Bracco a Adriana Spazzoli, donna di grandi capacità imprenditoriali, al vertice della Mapei. Rimane analoga la strategia di fondo dell’organizzazione fondata nel 1995 da Assolombarda e da un gruppo di grandi imprese e di manager attenti alle questioni sociali e oggi animata anche da altri imprenditori piccoli e medi e di manager e uomini e donne d’impresa che del volontariato per l’associazione fanno un crescente punto d’orgoglio e d’impegno.
La conferma sta nella qualità dei progetti vincitori del “Sodalitas Social Award 2016 (assegnati alla fine di settembre con una cerimonia alla Borsa di Milano, durante una cerimonia intitolata “Cambiare paradigma per realizzare un futuro sostenibile”): formazione dei giovani, inserimento lavorativo delle persone disabili, diffusione delle energie rinnovabili negli enti locali, recupero dei prodotti alimentari invenduti per destinarli ai centri d’assistenza, tutela dei diritti delle persone migranti, abbattimento dei digital divide, sostegno all’economia circolare.
C’è insomma un nuovo modo di pensare l’impresa, che va ben oltre l’antico mecenatismo e il volontaristico “impegno nel sociale” per persone “di buona volontà. Si guarda all’evoluzione dell’economia, secondo le sollecitazioni della Chiesa ma anche della migliore letteratura economica ad affrontare il tema delle diseguaglianze come questione sociale ed etica, naturalmente, ma anche come resistentissimo freno allo sviluppo economico (ne abbiamo parlato più volte in questo blog). E si considera l’impresa come soggetto attivo, che deve e può fare profitto solo all’interno di un contesto competitivo che sia “ambientalmente e socialmente sostenibile”. Un “cambio di paradigma”, appunto.
“La sostenibilità deve essere nel Dna delle imprese”, sostiene la nuova presidente di Sodalitas Spazzoli. E insiste: “Sviluppo e benessere diffuso sono obiettivi oggi a rischio. Viviamo in un momento di grande cambiamento ma anche di incertezza…. La consapevolezza dei problemi da affrontare si diffonde tra famiglie e consumatori. Se sostenibilità e solidarietà non entrano nel Dna dell’impresa, prima o poi questa è destinata a uscire dal mercato”.
Temi forti, impegnativi, su cui per fortuna in dibattito continua. Sono stati, per esempio, al centro del Congresso dell’Aidaf, l’Associazione delle aziende familiari guidata da un’imprenditrice d’eccellenza, Elena Zambon (farmaceutica, terza generazione, impresa con forti radici italiane e vocazione internazionale, con due stabilimenti, in Italia, a Vicenza e a Bresso, alle porte di Milano, progettati da un grande architetto, Michele De Lucchi ed esemplari di quella “fabbrica bella”, sempre più spesso diffusa in Italia e cioè aperta, luminosa, efficiente, sicura, ben inserita nell’ambiente e capace di coniugare qualità della vita e del lavoro, inserimento ambientale, rapporto positivo con il territorio). Il tema del congresso di Taormina, dal 29 settembre al 1° ottobre, era “Le imprese familiari del futuro tra integrazione sociale, innovazione sociale e coesione della famiglia”. Tutte questioni legale alla sostenibilità, appunto. Con parecchie questioni da approfondire. Un altri esempio d’attualità? Il premio Anima, l’associazione degli imprenditori di Unindustria, a Roma, in calendario il 10 ottobre. Anche qui, socialità e imprenditorialità, con tutti i punti in comune.
La responsabilità si fa strada. Con una considerazione finale: potrebbe non essere lontano il momento in cui non ci saranno più un bilancio d’impresa accompagnato da un “bilancio sociale”, un “bilancio di responsabilità sociale” ma un bilancio unico. Sostenibilità come ragion d’essere della competitività, appunto.
Sostenibilità, come caratteristica di fondo delle imprese, come modo d’essere del loro vivere, produrre, fare affari, innovare, crescere. Sostenibilità, insomma, come cultura d’impresa. Come condizione stessa della competitività. Cambia la presidenza, in Sodalitas, da Diana Bracco a Adriana Spazzoli, donna di grandi capacità imprenditoriali, al vertice della Mapei. Rimane analoga la strategia di fondo dell’organizzazione fondata nel 1995 da Assolombarda e da un gruppo di grandi imprese e di manager attenti alle questioni sociali e oggi animata anche da altri imprenditori piccoli e medi e di manager e uomini e donne d’impresa che del volontariato per l’associazione fanno un crescente punto d’orgoglio e d’impegno.
La conferma sta nella qualità dei progetti vincitori del “Sodalitas Social Award 2016 (assegnati alla fine di settembre con una cerimonia alla Borsa di Milano, durante una cerimonia intitolata “Cambiare paradigma per realizzare un futuro sostenibile”): formazione dei giovani, inserimento lavorativo delle persone disabili, diffusione delle energie rinnovabili negli enti locali, recupero dei prodotti alimentari invenduti per destinarli ai centri d’assistenza, tutela dei diritti delle persone migranti, abbattimento dei digital divide, sostegno all’economia circolare.
C’è insomma un nuovo modo di pensare l’impresa, che va ben oltre l’antico mecenatismo e il volontaristico “impegno nel sociale” per persone “di buona volontà. Si guarda all’evoluzione dell’economia, secondo le sollecitazioni della Chiesa ma anche della migliore letteratura economica ad affrontare il tema delle diseguaglianze come questione sociale ed etica, naturalmente, ma anche come resistentissimo freno allo sviluppo economico (ne abbiamo parlato più volte in questo blog). E si considera l’impresa come soggetto attivo, che deve e può fare profitto solo all’interno di un contesto competitivo che sia “ambientalmente e socialmente sostenibile”. Un “cambio di paradigma”, appunto.
“La sostenibilità deve essere nel Dna delle imprese”, sostiene la nuova presidente di Sodalitas Spazzoli. E insiste: “Sviluppo e benessere diffuso sono obiettivi oggi a rischio. Viviamo in un momento di grande cambiamento ma anche di incertezza…. La consapevolezza dei problemi da affrontare si diffonde tra famiglie e consumatori. Se sostenibilità e solidarietà non entrano nel Dna dell’impresa, prima o poi questa è destinata a uscire dal mercato”.
Temi forti, impegnativi, su cui per fortuna in dibattito continua. Sono stati, per esempio, al centro del Congresso dell’Aidaf, l’Associazione delle aziende familiari guidata da un’imprenditrice d’eccellenza, Elena Zambon (farmaceutica, terza generazione, impresa con forti radici italiane e vocazione internazionale, con due stabilimenti, in Italia, a Vicenza e a Bresso, alle porte di Milano, progettati da un grande architetto, Michele De Lucchi ed esemplari di quella “fabbrica bella”, sempre più spesso diffusa in Italia e cioè aperta, luminosa, efficiente, sicura, ben inserita nell’ambiente e capace di coniugare qualità della vita e del lavoro, inserimento ambientale, rapporto positivo con il territorio). Il tema del congresso di Taormina, dal 29 settembre al 1° ottobre, era “Le imprese familiari del futuro tra integrazione sociale, innovazione sociale e coesione della famiglia”. Tutte questioni legale alla sostenibilità, appunto. Con parecchie questioni da approfondire. Un altri esempio d’attualità? Il premio Anima, l’associazione degli imprenditori di Unindustria, a Roma, in calendario il 10 ottobre. Anche qui, socialità e imprenditorialità, con tutti i punti in comune.
La responsabilità si fa strada. Con una considerazione finale: potrebbe non essere lontano il momento in cui non ci saranno più un bilancio d’impresa accompagnato da un “bilancio sociale”, un “bilancio di responsabilità sociale” ma un bilancio unico. Sostenibilità come ragion d’essere della competitività, appunto.