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Il ritorno della musica in fabbrica

La musica torna in fabbrica. Più di quattrocento persone hanno assistito al concerto de I Fiati di Torino voluto dalla Fondazione Pirelli nell’ambito della rassegna MiTo. Una platea che ha ridato vita, per una sera, allo stabilimento industriale di via Torino (Settimo Torinese), ormai in dismissione.

Tutt’altro che un requiem. Le note di Mozart, Rossini, Beethoven, Bach, Berio, Gabrieli, Saglietti e Stravinskij sono state un saluto. Un saluto ad una fabbrica che dopo 56 anni di produzione va in pensione, sostituita da uno nuovo stabilimento, tecnologicamente avanzato, già in costruzione a cinque chilometri di distanza.

Ma la fabbrica non è fatta solo di ferro e macchine, che possono essere sostituite o spostate. “La fabbrica è fatta da persone al lavoro. I gesti delle mani, svelte e capaci. E i movimenti delle macchine. La fabbrica è un ritmo. Voci e rumori. Che diventano un suono. La fabbrica ha una sua musica. L’industria ha una sua cultura. E la cultura può, anzi deve ritrovarsi negli spazi dell’industria” racconta Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli e direttore Corporate Culture dell’azienda. E lavoratori ed ex lavoratori ieri erano presenti numerosi, insieme al sindaco di Settimo Torinese, Aldo Corgiat e ai vertici della Pirelli.

Egidio Pellegrin, Quintilio Di Antonio, Severino Scorzon, ex dipendenti Pirelli ormai in pensione, dietro i cancelli di via Torino hanno trascorso quarant’anni della loro vita. Ne parlano con malinconia e si emozionano quando quello spazio di lavoro e fatica e sudore si trasforma per una sera nella suggestiva cornice di un concerto per ottoni: “gli strumenti che più semplicemente ricordano la materia metallica, parente simbolica di quella con cui sono fatte le macchine. Ed è un gioco di armonie, per suggerire quel che il lavoro può essere, deve tendere a essere, anche quando quell’armonia è difficile.” Un buon esempio di cultura d’impresa contemporanea.

C’è una tradizione europea, che lega la musica ai luoghi del lavoro. Nella Vienna a cavallo tra Ottocento e Novecento, con i concerti per lavoratori: opere classiche per un pubblico nuovo e diverso dalla tradizionale utenza borghese e composizioni all’epoca contemporanee. E nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta, con l’impegno di musicisti come Luigi Nono, Claudio Abbado e Maurizio Pollini, sensibilità ed esperienze differenti per “illuminare la fabbrica”.

Alle 19.00 i musicisti hanno preso posto sul palco. Alle loro spalle, a fare da quinte, bancali di pneumatici che per la loro natura hanno aiutato l’acustica.
Le note del Flauto Magico di Mozart e di una “fuga di Bach”, per un momento, sono sembrate provenire dalla fabbrica stessa.

La musica torna in fabbrica. Più di quattrocento persone hanno assistito al concerto de I Fiati di Torino voluto dalla Fondazione Pirelli nell’ambito della rassegna MiTo. Una platea che ha ridato vita, per una sera, allo stabilimento industriale di via Torino (Settimo Torinese), ormai in dismissione.

Tutt’altro che un requiem. Le note di Mozart, Rossini, Beethoven, Bach, Berio, Gabrieli, Saglietti e Stravinskij sono state un saluto. Un saluto ad una fabbrica che dopo 56 anni di produzione va in pensione, sostituita da uno nuovo stabilimento, tecnologicamente avanzato, già in costruzione a cinque chilometri di distanza.

Ma la fabbrica non è fatta solo di ferro e macchine, che possono essere sostituite o spostate. “La fabbrica è fatta da persone al lavoro. I gesti delle mani, svelte e capaci. E i movimenti delle macchine. La fabbrica è un ritmo. Voci e rumori. Che diventano un suono. La fabbrica ha una sua musica. L’industria ha una sua cultura. E la cultura può, anzi deve ritrovarsi negli spazi dell’industria” racconta Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli e direttore Corporate Culture dell’azienda. E lavoratori ed ex lavoratori ieri erano presenti numerosi, insieme al sindaco di Settimo Torinese, Aldo Corgiat e ai vertici della Pirelli.

Egidio Pellegrin, Quintilio Di Antonio, Severino Scorzon, ex dipendenti Pirelli ormai in pensione, dietro i cancelli di via Torino hanno trascorso quarant’anni della loro vita. Ne parlano con malinconia e si emozionano quando quello spazio di lavoro e fatica e sudore si trasforma per una sera nella suggestiva cornice di un concerto per ottoni: “gli strumenti che più semplicemente ricordano la materia metallica, parente simbolica di quella con cui sono fatte le macchine. Ed è un gioco di armonie, per suggerire quel che il lavoro può essere, deve tendere a essere, anche quando quell’armonia è difficile.” Un buon esempio di cultura d’impresa contemporanea.

C’è una tradizione europea, che lega la musica ai luoghi del lavoro. Nella Vienna a cavallo tra Ottocento e Novecento, con i concerti per lavoratori: opere classiche per un pubblico nuovo e diverso dalla tradizionale utenza borghese e composizioni all’epoca contemporanee. E nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta, con l’impegno di musicisti come Luigi Nono, Claudio Abbado e Maurizio Pollini, sensibilità ed esperienze differenti per “illuminare la fabbrica”.

Alle 19.00 i musicisti hanno preso posto sul palco. Alle loro spalle, a fare da quinte, bancali di pneumatici che per la loro natura hanno aiutato l’acustica.
Le note del Flauto Magico di Mozart e di una “fuga di Bach”, per un momento, sono sembrate provenire dalla fabbrica stessa.

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