La P lunga essenziale e “pop” di Pino Tovaglia
“La sera del 4 febbraio 1968, Pino Tovaglia salì al venticinquesimo piano del Centro Pirelli. Erano le sei e venti. Tovaglia preferiva incontrare Castellani in una certa quiete”. Non è un caso che l’articolo della Rivista Pirelli del 1969 dedicato all’appena scomparso Arrigo Castellani inizi proprio con la figura del designer milanese Pino Tovaglia. Gli oltre dieci anni di frequentazione tra Tovaglia e il direttore della Pubblicità Pirelli hanno prodotto alcune delle pagine più famose e geniali nella storia della comunicazione visiva della “P Lunga”. Da una parte il giovane e rigoroso grafico pubblicitario, dall’altra Castellani con la sua appassionata “romanità”, il desiderio continuo di travalicare e stupire. Un mix, anche caratteriale, in grado di creare capolavori. Pino Tovaglia inizia a collaborare con la Pirelli nel 1957, quando proprio Castellani lo ingaggia assieme ad altri cinque “mostri sacri” come Antonio Boggeri, Franco Grignani, Erberto Carboni, Ezio Bonini e Bob Noorda per firmare una campagna pubblicitaria pneumatici a più mani: sei stili diversi, sei modi di leggere il prodotto, sei linguaggi.
Quello di Tovaglia per il Pirelli Rolle appare fin da subito chiaro: linee pulite, nessuna concessione all’inessenziale, una predilezione “optical” per il bianco e il nero. Una cifra stilistica destinata a imporsi nel decennio successivo, in pieno clima pop art, e che trova il suo punto espressivo più alto nella campagna pubblicitaria “Un viaggio, ma” del 1966 per il pneumatico Cinturato. Le figure geometriche in bianco e nero di Tovaglia che incorniciano e spesso coprono le filastrocche surreali inventate da Castellani diventano un vero e proprio fatto culturale nella Milano “swinging” dei tardi anni Sessanta. La scrittrice Camilla Cederna ne resta divertita e affascinata nel suo articolo per la Rivista Pirelli: forse Londra non è lontana, se lo stesso gioco di bianchi e neri domina il film dello stesso 1966 “La lepre e la tartaruga” realizzato dalla Pirelli Limited inglese per il Cinturato. L’essenzialità del tratto di Tovaglia trova conferma l’anno successivo, quando il designer viene chiamato a immaginare insieme a Roberto Menghi lo stand Pirelli al Salone dell’Auto di Parigi: una sequenza quasi ipnotica di righe bianche e nere a suggerire i concetto del “radiale”, interrotte da una sorta di “tallone” rosso.
Una visione del Cinturato tanto potente quanto immediata. Nel 1968 l’ultimo capitolo della collaborazione tra Tovaglia e Castellani: il direttore pubblicitario infatti scompare improvvisamente alla fine di quell’anno. Lasciando però in eredità altri due piccoli capolavori. Uno è la campagna pubblicitaria delle “bandiere”: il Cinturato Pirelli conosciuto in tutti i paesi del mondo solo stilizzando la bandiera nazionale. L’altro è la copertina della Rivista Pirelli n. 3 di quell’anno, quella per cui Tovaglia era salito al venticinquesimo piano del Grattacielo Pirelli quella sera del 4 febbraio. Il rigoroso designer voleva ancora una volta provocare il vulcanico manager, sapendo di uscire come al solito vincitore dallo scontro amichevole: “Il tempo dell’uomo. Lavoro e no” la scritta per la copertina. Naturalmente in bianco e nero.
“La sera del 4 febbraio 1968, Pino Tovaglia salì al venticinquesimo piano del Centro Pirelli. Erano le sei e venti. Tovaglia preferiva incontrare Castellani in una certa quiete”. Non è un caso che l’articolo della Rivista Pirelli del 1969 dedicato all’appena scomparso Arrigo Castellani inizi proprio con la figura del designer milanese Pino Tovaglia. Gli oltre dieci anni di frequentazione tra Tovaglia e il direttore della Pubblicità Pirelli hanno prodotto alcune delle pagine più famose e geniali nella storia della comunicazione visiva della “P Lunga”. Da una parte il giovane e rigoroso grafico pubblicitario, dall’altra Castellani con la sua appassionata “romanità”, il desiderio continuo di travalicare e stupire. Un mix, anche caratteriale, in grado di creare capolavori. Pino Tovaglia inizia a collaborare con la Pirelli nel 1957, quando proprio Castellani lo ingaggia assieme ad altri cinque “mostri sacri” come Antonio Boggeri, Franco Grignani, Erberto Carboni, Ezio Bonini e Bob Noorda per firmare una campagna pubblicitaria pneumatici a più mani: sei stili diversi, sei modi di leggere il prodotto, sei linguaggi.
Quello di Tovaglia per il Pirelli Rolle appare fin da subito chiaro: linee pulite, nessuna concessione all’inessenziale, una predilezione “optical” per il bianco e il nero. Una cifra stilistica destinata a imporsi nel decennio successivo, in pieno clima pop art, e che trova il suo punto espressivo più alto nella campagna pubblicitaria “Un viaggio, ma” del 1966 per il pneumatico Cinturato. Le figure geometriche in bianco e nero di Tovaglia che incorniciano e spesso coprono le filastrocche surreali inventate da Castellani diventano un vero e proprio fatto culturale nella Milano “swinging” dei tardi anni Sessanta. La scrittrice Camilla Cederna ne resta divertita e affascinata nel suo articolo per la Rivista Pirelli: forse Londra non è lontana, se lo stesso gioco di bianchi e neri domina il film dello stesso 1966 “La lepre e la tartaruga” realizzato dalla Pirelli Limited inglese per il Cinturato. L’essenzialità del tratto di Tovaglia trova conferma l’anno successivo, quando il designer viene chiamato a immaginare insieme a Roberto Menghi lo stand Pirelli al Salone dell’Auto di Parigi: una sequenza quasi ipnotica di righe bianche e nere a suggerire i concetto del “radiale”, interrotte da una sorta di “tallone” rosso.
Una visione del Cinturato tanto potente quanto immediata. Nel 1968 l’ultimo capitolo della collaborazione tra Tovaglia e Castellani: il direttore pubblicitario infatti scompare improvvisamente alla fine di quell’anno. Lasciando però in eredità altri due piccoli capolavori. Uno è la campagna pubblicitaria delle “bandiere”: il Cinturato Pirelli conosciuto in tutti i paesi del mondo solo stilizzando la bandiera nazionale. L’altro è la copertina della Rivista Pirelli n. 3 di quell’anno, quella per cui Tovaglia era salito al venticinquesimo piano del Grattacielo Pirelli quella sera del 4 febbraio. Il rigoroso designer voleva ancora una volta provocare il vulcanico manager, sapendo di uscire come al solito vincitore dallo scontro amichevole: “Il tempo dell’uomo. Lavoro e no” la scritta per la copertina. Naturalmente in bianco e nero.