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Al MoMA di New York premiato il design Pirelli

“La forma di un oggetto prodotto in serie nasce da un fatto preciso, da necessità determinate, ha una finalità; e perciò può avere delle qualità estetiche adeguate”. Così il designer e architetto Marcello Nizzoli, nell’articolo “La fabbrica e l’artista” scritto per la Rivista Pirelli nel 1954, affrontava il tema, diventato centrale nel dibattito culturale del secondo Novecento, della funzione dell’artista nella progettazione di oggetti  prodotti dall’industria. Poteva dunque un oggetto di uso quotidiano diventare in qualche modo un’opera d’arte contemporanea? Cominciava a definirsi allora ciò che oggi chiamiamo “industrial design”.

Proprio in quello stesso anno il manifesto pubblicitario per le suole Coria Pirelli di Bruno Munari entrò a far parte della collezione permanente del MoMA-Museum of Modern Art di New York. Catalogato come oggetto n° 527.1954 nel dipartimento “Architecture and Design” del MoMA, il poster era stato disegnato da Munari in occasione dell’esposizione  alla Fiera Campionaria di Milano della linea di suole “non in gomma nè in cuoio, piuttosto una miscela di tutti e due: leggera, flessibile, aderente, impermeabile. Soprattutto di lunghissima durata”. Il “labirinto” inventato dal designer, un percorso grafico pieno di insidie facilmente superato da un paio d’impronte di scarpe naturalmente protette da suola Coria, invitava a “camminare col progresso”. Il MoMA ne prese atto.

Pochi anni dopo, 1959, fu la volta di Roberto Menghi: il designer milanese, autore della linea di contenitori in materie plastiche prodotta dalla pirelliana Azienda Monza, portò alla Mostra dell’Imballaggio organizzata dal museo americano il suo canestro in polietilene per il trasporto di benzina. Color verde oliva, praticissimo e maneggevole oltre che sicuro, il “canestro di Menghi” veniva certificato dagli esperti del MoMA come oggetto icona del design industriale italiano anni Cinquanta.

La storia del Museo newyorkese è legata anche a un altro grande designer italiano: Massimo Vignelli. Nato a Milano nel 1931, Vignelli si trasferì a New York con la moglie e collaboratrice Lella Valle nel 1964. E’ dello stesso anno la celebre pubblicità dei pneumatici Pirelli per biciclette che Vignelli realizzò con il fotografo Aldo Ballo, e che oggi fa parte della collezione permanente del MoMA, nella sua versione su sfondo rosa.

Ma il concetto di design è ampio e trasversale, e non riguarda solamente gli oggetti e la pubblicità a stampa. Ecco perchè il MoMA conserva nei suoi archivi anche il film pubblicitario Pirelli “La Lepre e la Tartaruga”. Diretto nel 1966 dal regista Hugh Hudson con la casa di produzione Cammell Hudson and Brownjohn Associates per la Pirelli Ltd inglese, il mediometraggio fu a suo tempo premiato per la sua poeticità nel veicolare un messaggio pubblicitario. Ma al MoMA non sfuggì un particolare geniale, dovuto al talento riconosciuto di Robert Brownjohn nel comporre i titoli di testa dei film: veicoli in movimento, fiancate di betoniere, rimorchi di autoarticolati, benne di ruspe, cassoni di furgoni come un puzzle di lavagne mobili su cui scrivere personaggi e interpreti del film. C’era dentro il viaggio, c’era la promessa di mobilità del Cinturato Pirelli. Davanti a una mappa automobilistica d’Italia, anche la litografia dello studio preparatorio per quel piccolo capolavoro è catalogato al n° 1100.2011, sezione Architettura e Design del Museum of Modern Art di New York.

Tuttavia quelle di Munari, Menghi, Vignelli e Brownjohn non sono state le uniche realizzazioni“pirelliane” a varcare la sacra soglia del Museum of Modern Art. Quando – nel 1968l’orologio elettrico “Cifra 3” prodotto dalla Solari di Udine, consociata del Gruppo Pirelli, entrò a far parte della collezione permanente del museo, l’house organ aziendale “Fatti e Notizie” commentò che tale scelta premiava “ciò che di più significativo esiste nell’evoluzione industriale ed artistica della civiltà moderna. Esservi incluso è il maggior riconoscimento che un oggetto possa ricevere per il suo design”. Il Cifra 3, orologio a lettura diretta grazie al sistema di “palette” girevoli, era stato disegnato nel 1966 dall’architetto Gino Valle. I “Cifra” della Solari, con la loro gamma di colori, erano ormai inconfondibili, trainati anche dal successo che il sistema a lettura diretta stava riscuotendo nei tabelloni orari delle stazioni e degli aeroporti di ogni angolo del mondo. E il MoMA, ancora una volta, se ne era accorto.

“La forma di un oggetto prodotto in serie nasce da un fatto preciso, da necessità determinate, ha una finalità; e perciò può avere delle qualità estetiche adeguate”. Così il designer e architetto Marcello Nizzoli, nell’articolo “La fabbrica e l’artista” scritto per la Rivista Pirelli nel 1954, affrontava il tema, diventato centrale nel dibattito culturale del secondo Novecento, della funzione dell’artista nella progettazione di oggetti  prodotti dall’industria. Poteva dunque un oggetto di uso quotidiano diventare in qualche modo un’opera d’arte contemporanea? Cominciava a definirsi allora ciò che oggi chiamiamo “industrial design”.

Proprio in quello stesso anno il manifesto pubblicitario per le suole Coria Pirelli di Bruno Munari entrò a far parte della collezione permanente del MoMA-Museum of Modern Art di New York. Catalogato come oggetto n° 527.1954 nel dipartimento “Architecture and Design” del MoMA, il poster era stato disegnato da Munari in occasione dell’esposizione  alla Fiera Campionaria di Milano della linea di suole “non in gomma nè in cuoio, piuttosto una miscela di tutti e due: leggera, flessibile, aderente, impermeabile. Soprattutto di lunghissima durata”. Il “labirinto” inventato dal designer, un percorso grafico pieno di insidie facilmente superato da un paio d’impronte di scarpe naturalmente protette da suola Coria, invitava a “camminare col progresso”. Il MoMA ne prese atto.

Pochi anni dopo, 1959, fu la volta di Roberto Menghi: il designer milanese, autore della linea di contenitori in materie plastiche prodotta dalla pirelliana Azienda Monza, portò alla Mostra dell’Imballaggio organizzata dal museo americano il suo canestro in polietilene per il trasporto di benzina. Color verde oliva, praticissimo e maneggevole oltre che sicuro, il “canestro di Menghi” veniva certificato dagli esperti del MoMA come oggetto icona del design industriale italiano anni Cinquanta.

La storia del Museo newyorkese è legata anche a un altro grande designer italiano: Massimo Vignelli. Nato a Milano nel 1931, Vignelli si trasferì a New York con la moglie e collaboratrice Lella Valle nel 1964. E’ dello stesso anno la celebre pubblicità dei pneumatici Pirelli per biciclette che Vignelli realizzò con il fotografo Aldo Ballo, e che oggi fa parte della collezione permanente del MoMA, nella sua versione su sfondo rosa.

Ma il concetto di design è ampio e trasversale, e non riguarda solamente gli oggetti e la pubblicità a stampa. Ecco perchè il MoMA conserva nei suoi archivi anche il film pubblicitario Pirelli “La Lepre e la Tartaruga”. Diretto nel 1966 dal regista Hugh Hudson con la casa di produzione Cammell Hudson and Brownjohn Associates per la Pirelli Ltd inglese, il mediometraggio fu a suo tempo premiato per la sua poeticità nel veicolare un messaggio pubblicitario. Ma al MoMA non sfuggì un particolare geniale, dovuto al talento riconosciuto di Robert Brownjohn nel comporre i titoli di testa dei film: veicoli in movimento, fiancate di betoniere, rimorchi di autoarticolati, benne di ruspe, cassoni di furgoni come un puzzle di lavagne mobili su cui scrivere personaggi e interpreti del film. C’era dentro il viaggio, c’era la promessa di mobilità del Cinturato Pirelli. Davanti a una mappa automobilistica d’Italia, anche la litografia dello studio preparatorio per quel piccolo capolavoro è catalogato al n° 1100.2011, sezione Architettura e Design del Museum of Modern Art di New York.

Tuttavia quelle di Munari, Menghi, Vignelli e Brownjohn non sono state le uniche realizzazioni“pirelliane” a varcare la sacra soglia del Museum of Modern Art. Quando – nel 1968l’orologio elettrico “Cifra 3” prodotto dalla Solari di Udine, consociata del Gruppo Pirelli, entrò a far parte della collezione permanente del museo, l’house organ aziendale “Fatti e Notizie” commentò che tale scelta premiava “ciò che di più significativo esiste nell’evoluzione industriale ed artistica della civiltà moderna. Esservi incluso è il maggior riconoscimento che un oggetto possa ricevere per il suo design”. Il Cifra 3, orologio a lettura diretta grazie al sistema di “palette” girevoli, era stato disegnato nel 1966 dall’architetto Gino Valle. I “Cifra” della Solari, con la loro gamma di colori, erano ormai inconfondibili, trainati anche dal successo che il sistema a lettura diretta stava riscuotendo nei tabelloni orari delle stazioni e degli aeroporti di ogni angolo del mondo. E il MoMA, ancora una volta, se ne era accorto.

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