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Monza, 2 settembre 1956.
Stirling Moss e una questione di eternità

Anche quell’anno il Gran Premio d’Italia di F1 si corse -all’Autodromo di Monza– in una nuvolosa domenica 2 di settembre. Era il 1956 e la gara risultava valida anche come Gran Premio d’Europa. Padrona del Campionato, fino a quel momento, la Ferrari che aveva ereditato tutto il know-how della Lancia dopo l’abbandono delle corse da parte di quest’ultima. Stagione comunque difficile, quella del Cinquantasei. C’era da esorcizzare lo shock dell’anno prima, con il disastroso incidente di Le Mans che aveva posto seri dubbi sulle corse automobilistiche in genere e aveva tolto dalle competizioni la Mercedes che in quel momento monopolizzava la F1. Però un mondo senza automobilismo non si poteva immaginare.

Il Campionato era quindi ripartito, pur perdendo per strada Gran Premi storici come quelli di Spagna e Svizzera. Il pilota da battere era sempre lui: Juan Manuel Fangio, che sceso dalla Mercedes come Campione del Mondo era risalito sulla Ferrari per allungare ancora un po’ la sua carriera di campione. Con lui, il giovane emergente inglese Peter Collins oltre ad altri ferraristi di rango come Eugenio Castellotti e Luigi Musso. Molta Inghilterra si affacciava alla Formula 1: da tenere d’occhio la quasi esordiente Vanwall, vettura disegnata da un certo Colin Chapman allora alle prime armi. Alla guida della Vanwall l’americano Harry Schell e il francese Maurice Trintignant, oltre alla “volpe argentata” Piero Taruffi dalla grande sapienza ingegneristica. Dalla parte della scuderia inglese anche il supporto di tutta la tecnologia offerta dai pneumatici Pirelli.

E poi c’era la Maserati: ormai una leggenda dell’automobilismo. Il marchio del Tridente si presentò a Monza con le sue 250F a sei cilindri, decise a dare battaglia alle 8 cilindri del Cavallino. Ed eventualmente a vincere, come era successo a Montecarlo a inizio stagione. Perchè anche Maserati aveva il suo campione: il ventisettenne londinese Stirling Moss. Anche lui, come Fangio, veniva dalla stagione precedente passata in Mercedes dopo gli esordi con la Cooper e già un primo fugace passaggio con la Maserati. Moss aveva terminato il campionato del ’55 al secondo posto, dietro naturalmente l’argentino. Non sapeva ancora che quel ruolo di “eterno secondo” gli sarebbe rimasto addosso per tutta la sua carriera futura. Ma quella domenica 2 settembre del 1956, a Monza, Stirling Moss vinse lasciandosi alle spalle l’amico rivale argentino.

Le cronache del tempo lodarono comunque a gran voce il comportamento dei pneumatici Pirelli Stelvio della Maserati -Moss fece anche il giro più veloce- sottolineando anche le performance non ottimali delle gomme concorrenti montate sulle Ferrari. Il Campionato alla fine però fu di Fangio, e l’inglese ancora una volta secondo. Eterno secondo.
Sir Stirling Craufurd Moss, il prossimo 17 settembre compirà 89 anni: auguri, “eterno”.

Anche quell’anno il Gran Premio d’Italia di F1 si corse -all’Autodromo di Monza– in una nuvolosa domenica 2 di settembre. Era il 1956 e la gara risultava valida anche come Gran Premio d’Europa. Padrona del Campionato, fino a quel momento, la Ferrari che aveva ereditato tutto il know-how della Lancia dopo l’abbandono delle corse da parte di quest’ultima. Stagione comunque difficile, quella del Cinquantasei. C’era da esorcizzare lo shock dell’anno prima, con il disastroso incidente di Le Mans che aveva posto seri dubbi sulle corse automobilistiche in genere e aveva tolto dalle competizioni la Mercedes che in quel momento monopolizzava la F1. Però un mondo senza automobilismo non si poteva immaginare.

Il Campionato era quindi ripartito, pur perdendo per strada Gran Premi storici come quelli di Spagna e Svizzera. Il pilota da battere era sempre lui: Juan Manuel Fangio, che sceso dalla Mercedes come Campione del Mondo era risalito sulla Ferrari per allungare ancora un po’ la sua carriera di campione. Con lui, il giovane emergente inglese Peter Collins oltre ad altri ferraristi di rango come Eugenio Castellotti e Luigi Musso. Molta Inghilterra si affacciava alla Formula 1: da tenere d’occhio la quasi esordiente Vanwall, vettura disegnata da un certo Colin Chapman allora alle prime armi. Alla guida della Vanwall l’americano Harry Schell e il francese Maurice Trintignant, oltre alla “volpe argentata” Piero Taruffi dalla grande sapienza ingegneristica. Dalla parte della scuderia inglese anche il supporto di tutta la tecnologia offerta dai pneumatici Pirelli.

E poi c’era la Maserati: ormai una leggenda dell’automobilismo. Il marchio del Tridente si presentò a Monza con le sue 250F a sei cilindri, decise a dare battaglia alle 8 cilindri del Cavallino. Ed eventualmente a vincere, come era successo a Montecarlo a inizio stagione. Perchè anche Maserati aveva il suo campione: il ventisettenne londinese Stirling Moss. Anche lui, come Fangio, veniva dalla stagione precedente passata in Mercedes dopo gli esordi con la Cooper e già un primo fugace passaggio con la Maserati. Moss aveva terminato il campionato del ’55 al secondo posto, dietro naturalmente l’argentino. Non sapeva ancora che quel ruolo di “eterno secondo” gli sarebbe rimasto addosso per tutta la sua carriera futura. Ma quella domenica 2 settembre del 1956, a Monza, Stirling Moss vinse lasciandosi alle spalle l’amico rivale argentino.

Le cronache del tempo lodarono comunque a gran voce il comportamento dei pneumatici Pirelli Stelvio della Maserati -Moss fece anche il giro più veloce- sottolineando anche le performance non ottimali delle gomme concorrenti montate sulle Ferrari. Il Campionato alla fine però fu di Fangio, e l’inglese ancora una volta secondo. Eterno secondo.
Sir Stirling Craufurd Moss, il prossimo 17 settembre compirà 89 anni: auguri, “eterno”.

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