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Una redazione per raccontare l’impresa

Gli storici dell’industria concordano nel collocare il boom economico italiano tra il 1958 e il 1963. Dunque, il Grattacielo Pirelli nasce proprio nel mezzo del Miracolo. C’è nel nostro Archivio Storico un’immagine che fotografa bene il momento: una ragazza sorridente, a bordo di una Bianchina Cabriolet, e sullo sfondo il Pirellone, simbolo della Milano che crea e produce. È l’obiettivo di Publifoto a cogliere lo spirito della città operosa e moderna nel 1960. Due anni più tardi sarà invece Ugo Mulas, trentenne fotografo emergente nella “swinging Milan”, a fare della Bianchina gommata Pirelli Sempione la protagonista dei suoi scatti. Proprio al venticinquesimo piano dell’edificio, il fotografo milanese lavorava spesso con il romano Arrigo Castellani, allora capo della Direzione Propaganda Pirelli e direttore in quel periodo della Rivista Pirelli: un’invenzione editoriale nata una decina d’anni prima, nel 1948, dall’intuizione del poeta-ingegnere Leonardo Sinisgalli e del manager della Bicocca Giuseppe Luraghi. La Rivista guardava Milano, l’Italia e il mondo dall’alto del Grattacielo: analizzava con il giornalista Nino Nutrizio le Olimpiadi di Roma e si interrogava sulla Comunità Europea con l’economista Gavino Manca, capo dell’Ufficio Studi e stretto collaboratore del presidente Alberto Pirelli proprio al trentesimo piano del Grattacielo. Per la Rivista Pirelli il fotografo olandese Arno Hammacher salì sulla cima del Pirellone nel 1959 per immortalare in bianco e nero il lavoro dell’“Uomo e il grattacielo”: così titola il suo reportage pubblicato sul magazine in quello stesso anno.

Nell’ufficio di Castellani, Mulas incontrava anche i graphic designer che allora collaboravano con l’azienda, come Riccardo Manzi, Bob Noorda e Pino Tovaglia, tra gli altri. Una stagione di irripetibile creatività per la comunicazione visiva Pirelli. E’ firmata Castellani-Tovaglia la campagna pubblicitaria “Un viaggio ma…” del 1966, capolavoro a metà tra pop art e dadaismo lodato dalla scrittrice come Camilla Cederna. Arrigo Castellani morì nel dicembre del 1968: stava per iniziare una nuova epoca per il Grattacielo. Nel 1970, decennale dell’inaugurazione, il pittore belga Folon lo ritrasse per la Rivista e Dino Buzzati ne raccontò le “piccole storie”, brevi gioielli di narrativa d’autore. Che hanno contribuito a immortalare il Grattacielo nei suoi anni “pirelliani”.

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Gli storici dell’industria concordano nel collocare il boom economico italiano tra il 1958 e il 1963. Dunque, il Grattacielo Pirelli nasce proprio nel mezzo del Miracolo. C’è nel nostro Archivio Storico un’immagine che fotografa bene il momento: una ragazza sorridente, a bordo di una Bianchina Cabriolet, e sullo sfondo il Pirellone, simbolo della Milano che crea e produce. È l’obiettivo di Publifoto a cogliere lo spirito della città operosa e moderna nel 1960. Due anni più tardi sarà invece Ugo Mulas, trentenne fotografo emergente nella “swinging Milan”, a fare della Bianchina gommata Pirelli Sempione la protagonista dei suoi scatti. Proprio al venticinquesimo piano dell’edificio, il fotografo milanese lavorava spesso con il romano Arrigo Castellani, allora capo della Direzione Propaganda Pirelli e direttore in quel periodo della Rivista Pirelli: un’invenzione editoriale nata una decina d’anni prima, nel 1948, dall’intuizione del poeta-ingegnere Leonardo Sinisgalli e del manager della Bicocca Giuseppe Luraghi. La Rivista guardava Milano, l’Italia e il mondo dall’alto del Grattacielo: analizzava con il giornalista Nino Nutrizio le Olimpiadi di Roma e si interrogava sulla Comunità Europea con l’economista Gavino Manca, capo dell’Ufficio Studi e stretto collaboratore del presidente Alberto Pirelli proprio al trentesimo piano del Grattacielo. Per la Rivista Pirelli il fotografo olandese Arno Hammacher salì sulla cima del Pirellone nel 1959 per immortalare in bianco e nero il lavoro dell’“Uomo e il grattacielo”: così titola il suo reportage pubblicato sul magazine in quello stesso anno.

Nell’ufficio di Castellani, Mulas incontrava anche i graphic designer che allora collaboravano con l’azienda, come Riccardo Manzi, Bob Noorda e Pino Tovaglia, tra gli altri. Una stagione di irripetibile creatività per la comunicazione visiva Pirelli. E’ firmata Castellani-Tovaglia la campagna pubblicitaria “Un viaggio ma…” del 1966, capolavoro a metà tra pop art e dadaismo lodato dalla scrittrice come Camilla Cederna. Arrigo Castellani morì nel dicembre del 1968: stava per iniziare una nuova epoca per il Grattacielo. Nel 1970, decennale dell’inaugurazione, il pittore belga Folon lo ritrasse per la Rivista e Dino Buzzati ne raccontò le “piccole storie”, brevi gioielli di narrativa d’autore. Che hanno contribuito a immortalare il Grattacielo nei suoi anni “pirelliani”.

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