Accedi all’Archivio online
Esplora l’Archivio online per trovare fonti e materiali. Seleziona la tipologia di supporto documentale che più ti interessa e inserisci le parole chiave della tua ricerca.
    Seleziona una delle seguenti categorie:
  • Documenti
  • Fotografie
  • Disegni e manifesti
  • Audiovisivi
  • Pubblicazioni e riviste
  • Tutti
Assistenza alla consultazione
Per richiedere la consultazione del materiale conservato nell’Archivio Storico e nelle Biblioteche della Fondazione Pirelli al fine di studi e ricerche e conoscere le modalità di utilizzo dei materiali per prestiti e mostre, compila il seguente modulo.
Riceverai una mail di conferma dell'avvenuta ricezione della richiesta e sarai ricontattato.
Percorsi Fondazione Pirelli Educational

Seleziona il grado di istruzione della scuola di appartenenza
Back
Scuola Primaria
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.

Dichiaro di avere preso visione dell’informativa relativa al trattamento dei miei dati personali, e autorizzo la Fondazione Pirelli al trattamento dei miei dati personali per l’invio, anche a mezzo e-mail, di comunicazioni relative ad iniziative/convegni organizzati dalla Fondazione Pirelli.

Back
Scuole secondarie di I grado
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.
Back
Scuole secondarie di II grado
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.
Back
Università
Percorsi Fondazione Pirelli Educational

Vuoi organizzare un percorso personalizzato con i tuoi studenti? Per informazioni e prenotazioni scrivi a universita@fondazionepirelli.org

Visita la Fondazione
Per informazioni sulle attività della Fondazione, visite guidate e l'accessibilità agli spazi
contattare il numero 0264423971 o compilare il form qui sotto anticipando nel campo note i dettagli nella richiesta.

Lo strano caso delle imprese ibride

Una indagine dell’Università di Catania mette in luce la loro complessità ma anche le loro potenzialità

 

Far profitto ma non solo. Perseguire il miglior bilancio possibile, anche dal punto di vista della responsabilità sociale e del territorio. Sono i compiti che si danno le organizzazioni ibride e cioè imprese caratterizzate da più domini funzionali e dalla coesistenza di sistemi di valori differenti. Imprese da studiare con attenzione, come hanno fatto Rosaria Ferlito e Rosario Faraci (rispettivamente assegnista di ricerca e ordinario di economia e gestione delle imprese presso l’Università di Catania) con la loro ricerca “Sostenibilità e sistemi di Corporate Governance delle società benefit: il caso Illycaffè”: una sorta di esplorazione del tema, prima nella teoria e poi nella pratica di un caso concreto di governance.

Le imprese ibride, è il punto di partenza del ragionamento, rappresentando un modello di corporate governance allargato che richiede l’assunzione di responsabilità nei confronti non solo della proprietà, ma anche verso tutti gli stakeholder. Tre sono gli aspetti da indagare (presenti ovviamente nella realtà): il bilanciamento di logiche differenti, il monitoraggio delle azioni e dei risultati e la comunicazione esterna e cioè le informazioni verso l’opinione pubblica e gli stakeholder.

Per arrivare ad un’analisi puntuale dell’argomento Ferlito e Faraci, partendo dalla teoria, hanno dapprima analizzato in generale le società benefit che nell’esercizio della propria attività economica oltre allo scopo del profitto perseguono una o più finalità di beneficio comune; poi è stato approfondito il caso studio di Illycaffè.

Il punto cruciale che emerge dall’indagine è la conferma dell’importanza fondamentale degli aspetti umani collegati alla gestione e all’organizzazione della produzione. Non solo la scelta delle persone “giuste”, ma anche la loro corretta organizzazione in gruppi di lavoro, la chiarezza delle istruzioni operative, la consapevolezza degli obiettivi da raggiungere, la convinzione di lavorare per il gruppo e non solo per se stessi.

Il lavoro di Ferlito e Faraci è importante perché si sforza di dare una sistemazione razionale ad un tema non certo facile e sempre in mutamento.

Sostenibilità e sistemi di Corporate Governance delle società benefit: il caso Illycaffè

Rosaria Ferlito, Rosario Faraci

Corporate Governance and Research & Development Studies – Open Access, (2, 2021)

Una indagine dell’Università di Catania mette in luce la loro complessità ma anche le loro potenzialità

 

Far profitto ma non solo. Perseguire il miglior bilancio possibile, anche dal punto di vista della responsabilità sociale e del territorio. Sono i compiti che si danno le organizzazioni ibride e cioè imprese caratterizzate da più domini funzionali e dalla coesistenza di sistemi di valori differenti. Imprese da studiare con attenzione, come hanno fatto Rosaria Ferlito e Rosario Faraci (rispettivamente assegnista di ricerca e ordinario di economia e gestione delle imprese presso l’Università di Catania) con la loro ricerca “Sostenibilità e sistemi di Corporate Governance delle società benefit: il caso Illycaffè”: una sorta di esplorazione del tema, prima nella teoria e poi nella pratica di un caso concreto di governance.

Le imprese ibride, è il punto di partenza del ragionamento, rappresentando un modello di corporate governance allargato che richiede l’assunzione di responsabilità nei confronti non solo della proprietà, ma anche verso tutti gli stakeholder. Tre sono gli aspetti da indagare (presenti ovviamente nella realtà): il bilanciamento di logiche differenti, il monitoraggio delle azioni e dei risultati e la comunicazione esterna e cioè le informazioni verso l’opinione pubblica e gli stakeholder.

Per arrivare ad un’analisi puntuale dell’argomento Ferlito e Faraci, partendo dalla teoria, hanno dapprima analizzato in generale le società benefit che nell’esercizio della propria attività economica oltre allo scopo del profitto perseguono una o più finalità di beneficio comune; poi è stato approfondito il caso studio di Illycaffè.

Il punto cruciale che emerge dall’indagine è la conferma dell’importanza fondamentale degli aspetti umani collegati alla gestione e all’organizzazione della produzione. Non solo la scelta delle persone “giuste”, ma anche la loro corretta organizzazione in gruppi di lavoro, la chiarezza delle istruzioni operative, la consapevolezza degli obiettivi da raggiungere, la convinzione di lavorare per il gruppo e non solo per se stessi.

Il lavoro di Ferlito e Faraci è importante perché si sforza di dare una sistemazione razionale ad un tema non certo facile e sempre in mutamento.

Sostenibilità e sistemi di Corporate Governance delle società benefit: il caso Illycaffè

Rosaria Ferlito, Rosario Faraci

Corporate Governance and Research & Development Studies – Open Access, (2, 2021)

Dilemmi di oggi: divisioni, crescita e coesione sociale

L’analisi della situazione e delle sue prospettive in un libro appena pubblicato

 

 Molto più connesso di prima ma estremamente più diviso. Una condizione critica, che fa perdere potenzialità di crescita (economica e non solo), oltre che coesione sociale. E senso positivo del futuro. Il nodo di difficoltà e problemi che i sistemi sociali ed economici occidentali stanno affrontando è tutto qui. Qualcosa da prendere molto seriamente. E che va compresa fino in fondo. Per questo serve leggere “Un mondo diviso. Come l’Occidente ha perso crescita e coesione sociale”, bella prova letteraria d’informazione a firma di Eugenio Occorsio e Stefano Scarpetta (giornalista il primo e direttore per il lavoro, l’occupazione e le politiche sociali dell’Ocse il secondo).

Il libro è un’analisi chiara di quello che è accaduto all’Occidente tra crescente divario di reddito e patrimonio, scarsissima mobilità sociale e classe media sotto pressione. Una situazione sulla quale è arrivata, potente, la pandemia di Covid-19 che ha complicato e stravolto tutto. I due autori analizzano il passato e si chiedono cosa sia cambiato dopo i due anni appena trascorsi. Soprattutto ci si chiede se le misure di contrasto dei governi di tutto il mondo siano riuscite ad arginare l’impatto sui più vulnerabili. E quali siano adesso le opportunità e le sfide per ricostruire un’economia più giusta.

Il racconto si dipana in nove passaggi. La fotografia delle diseguaglianze in aumento, l’analisi del blocco del cosiddetto “ascensore sociale”, l’approfondimento della “crescita”, l’istantanea dedicata ad una classe media in affanno, un’altra sulle opportunità e sul tema della redistribuzione e poi ancora una sulla formazione, per passare poi a focalizzare la condizione dei più giovani e quindi quella del cosiddetto gender gap. La conclusione è che, sì, il futuro prospetta degli elementi positivi ma questi potranno essere colti solo da chi “avrà gli strumenti” per coglierli.

Non si tratta di un portato degli ultimi due anni – sottolineano i due autori -, anche se la pandemia ha generato la peggiore crisi sanitaria da cent’anni a questa parte e una brutale crisi economica e sociale che si è accanita contro i più vulnerabili: i lavoratori con basse qualifiche, i precari, i migranti, le donne, i giovani. Le contraddizioni si sono fatte più stridenti di prima e le conseguenze rischiano di essere di lungo termine.

Occorsio e Scarpetta, naturalmente, si pongono anche l’interrogativo su come fare per ricostruire un tessuto sociale solidale e un sistema economico equo. La risposta che viene data sta nella capacità di immaginare un mondo migliore, anche di quello da cui siamo usciti, affrontando non solo i fattori contingenti ma anche quelli strutturali.

Il libro di Occorsio e Scarpetta ha un grande pregio: racconta e spiega problemi complessi e importanti con un linguaggio comprensibile e chiaro. Non è una cosa di poco conto.

Un mondo diviso. Come l’Occidente ha perso crescita e coesione sociale

Eugenio Occorsio, Stefano Scarpetta

Laterza, 2022

L’analisi della situazione e delle sue prospettive in un libro appena pubblicato

 

 Molto più connesso di prima ma estremamente più diviso. Una condizione critica, che fa perdere potenzialità di crescita (economica e non solo), oltre che coesione sociale. E senso positivo del futuro. Il nodo di difficoltà e problemi che i sistemi sociali ed economici occidentali stanno affrontando è tutto qui. Qualcosa da prendere molto seriamente. E che va compresa fino in fondo. Per questo serve leggere “Un mondo diviso. Come l’Occidente ha perso crescita e coesione sociale”, bella prova letteraria d’informazione a firma di Eugenio Occorsio e Stefano Scarpetta (giornalista il primo e direttore per il lavoro, l’occupazione e le politiche sociali dell’Ocse il secondo).

Il libro è un’analisi chiara di quello che è accaduto all’Occidente tra crescente divario di reddito e patrimonio, scarsissima mobilità sociale e classe media sotto pressione. Una situazione sulla quale è arrivata, potente, la pandemia di Covid-19 che ha complicato e stravolto tutto. I due autori analizzano il passato e si chiedono cosa sia cambiato dopo i due anni appena trascorsi. Soprattutto ci si chiede se le misure di contrasto dei governi di tutto il mondo siano riuscite ad arginare l’impatto sui più vulnerabili. E quali siano adesso le opportunità e le sfide per ricostruire un’economia più giusta.

Il racconto si dipana in nove passaggi. La fotografia delle diseguaglianze in aumento, l’analisi del blocco del cosiddetto “ascensore sociale”, l’approfondimento della “crescita”, l’istantanea dedicata ad una classe media in affanno, un’altra sulle opportunità e sul tema della redistribuzione e poi ancora una sulla formazione, per passare poi a focalizzare la condizione dei più giovani e quindi quella del cosiddetto gender gap. La conclusione è che, sì, il futuro prospetta degli elementi positivi ma questi potranno essere colti solo da chi “avrà gli strumenti” per coglierli.

Non si tratta di un portato degli ultimi due anni – sottolineano i due autori -, anche se la pandemia ha generato la peggiore crisi sanitaria da cent’anni a questa parte e una brutale crisi economica e sociale che si è accanita contro i più vulnerabili: i lavoratori con basse qualifiche, i precari, i migranti, le donne, i giovani. Le contraddizioni si sono fatte più stridenti di prima e le conseguenze rischiano di essere di lungo termine.

Occorsio e Scarpetta, naturalmente, si pongono anche l’interrogativo su come fare per ricostruire un tessuto sociale solidale e un sistema economico equo. La risposta che viene data sta nella capacità di immaginare un mondo migliore, anche di quello da cui siamo usciti, affrontando non solo i fattori contingenti ma anche quelli strutturali.

Il libro di Occorsio e Scarpetta ha un grande pregio: racconta e spiega problemi complessi e importanti con un linguaggio comprensibile e chiaro. Non è una cosa di poco conto.

Un mondo diviso. Come l’Occidente ha perso crescita e coesione sociale

Eugenio Occorsio, Stefano Scarpetta

Laterza, 2022

Servono più donne Stem per ricerca e scienza, ma costruendo anche una cultura politecnica 

Una civiltà più equilibrata e sicura, una migliore qualità della vita, un futuro in cui sperare con fiducia hanno bisogno della scienza. E la ricerca scientifica e lo sviluppo di nuove tecnologie a misura delle persone hanno bisogno di una maggiore presenza di donne scienziate. “Sono ancora troppo poche le ragazze che scelgono studi scientifici, bisogna fare di più”, ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi a metà della scorsa settimana, andando in visita ai laboratori dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare del Gran Sasso, uno dei luoghi più prestigiosi a livello internazionale.

Quel “fare di più” ha la concretezza di un numero: un miliardo di investimenti per potenziare l’insegnamento delle materie Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e superare gli stereotipi di genere, confermati dal fatto che oggi solo una ragazza su cinque, all’università, sceglie quelle discipline.

Il miliardo è parte di un pacchetto ampio di investimenti, da 30 miliardi, in istruzione e ricerca, con i fondi del Pnrr. 6,9 miliardi andranno alla ricerca di base. E la scelta di fondo è chiara: cercare rapidamente, proprio grazie ai finanziamenti della Ue con il Recovery Plan, di colmare il divario storico tra l’Italia e gli altri grandi paesi europei. Un divario purtroppo crescente. In Italia – secondo dati della Confindustria illustrati il 15 febbraio in Parlamento – si investono nella ricerca pubblica (università e Cnr) appena 158 euro pro capite, contro i 263 euro della media Ue e i 415 della Germania. Il dato equivale allo 0,56% del Pil 8un dato stabile negli ultimi vent’anni), contro lo 0,8% della media Ue e l’1% della Germania. Troppo poco, insomma.

Quell’investimento viene rafforzato dagli investimenti privati, cresciuti dallo 0,5% del 2000 allo 0,94% del 2020. Ma, se le imprese si muovono per cercare di essere competitive su mercati internazionali sempre più tecnologici e selettivi, da noi manca un adeguato sostegno alla ricerca di base, senza la quale anche la ricerca applicata, naturalmente, va avanti a fatica.

Serve dunque – suggerisce Confindustria – un maggiore investimento pubblico, almeno a livello della media Ue. E un solido stimolo fiscale di lungo periodo per sostenere gli investimenti privati. Con una sinergia pubblico-privato che caratterizza gli esempi migliori di collaborazione tra università e imprese (le esperienze positive dei due Politecnici di Milano e Torino sono quanto mai indicative).

Più ricerca e più scienza, dunque. E più donne impegnate, sulla scia degli esempi di Fabiola Giannotti, direttrice del CERN di Ginevra, di Lucia Votano, prima direttrice donna del Laboratorio del Gran Sasso, di Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr, della ministra dell’Università Maria Cristina Messa (medico impegnata nel lavoro di ricerca) e delle altre donne che incontrano un crescente successo in prestigiose università e centri di ricerca internazionali.

Più donne scienziate. Più donne ricercatrici, con ruoli di responsabilità di primo piano, come succede agli uomini. Più donne Stem.

A proposito delle lauree Stem vale però la pena aggiungere una considerazione. Che si può condensare in una lettera. In una A. A come arts, e cioè il complesso dei saperi umanistici da intrecciare con le conoscenze scientifiche. Passando dunque da Stem a Steam. E investendo su una caratteristica ben radicata nella cultura italiana, nelle stagioni migliori dell’Umanesimo e del Rinascimento e poi nel corso del Novecento del progresso industriale: una “cultura politecnica”, multidisciplinare, capace di fare della diversità dei saperi un punto di forza. Con un incrocio tra matematica e filosofia, ingegneria e letteratura, neuroscienze e sociologia, storia, economia e chimica, estetica e information technology. Proprio le caratteristiche dell’intelligenza e della sensibilità femminile spingono in questa direzione.

Steam, invece che soltanto Stem, era il frutto di una lunga, dettagliata elaborazione di Assolombarda, negli anni scorsi. L’evoluzione della cosiddetta “economia della conoscenza” conferma quell’elaborazione, nel segno dell’incrocio di differenti punti di vista, di diversi saperi complementari. Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale pone, contemporaneamente, questioni tecniche e problemi di senso e di indirizzo.

La scienza e la bellezza, in sintesi. E la bellezza dalla scienza. Come d’altronde ci hanno insegnato Primo Levi, nelle affascinanti pagine de “Il sistema periodico” e Leonardo Sinisgalli in “Furor mathematicus”. Levi, un chimico e uno scrittore. Sinisgalli, un ingegnere e un poeta. Entrambi da studiare, leggere, rileggere. Da parte di ragazzi e ragazze. Scienziate.

Una civiltà più equilibrata e sicura, una migliore qualità della vita, un futuro in cui sperare con fiducia hanno bisogno della scienza. E la ricerca scientifica e lo sviluppo di nuove tecnologie a misura delle persone hanno bisogno di una maggiore presenza di donne scienziate. “Sono ancora troppo poche le ragazze che scelgono studi scientifici, bisogna fare di più”, ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi a metà della scorsa settimana, andando in visita ai laboratori dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare del Gran Sasso, uno dei luoghi più prestigiosi a livello internazionale.

Quel “fare di più” ha la concretezza di un numero: un miliardo di investimenti per potenziare l’insegnamento delle materie Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e superare gli stereotipi di genere, confermati dal fatto che oggi solo una ragazza su cinque, all’università, sceglie quelle discipline.

Il miliardo è parte di un pacchetto ampio di investimenti, da 30 miliardi, in istruzione e ricerca, con i fondi del Pnrr. 6,9 miliardi andranno alla ricerca di base. E la scelta di fondo è chiara: cercare rapidamente, proprio grazie ai finanziamenti della Ue con il Recovery Plan, di colmare il divario storico tra l’Italia e gli altri grandi paesi europei. Un divario purtroppo crescente. In Italia – secondo dati della Confindustria illustrati il 15 febbraio in Parlamento – si investono nella ricerca pubblica (università e Cnr) appena 158 euro pro capite, contro i 263 euro della media Ue e i 415 della Germania. Il dato equivale allo 0,56% del Pil 8un dato stabile negli ultimi vent’anni), contro lo 0,8% della media Ue e l’1% della Germania. Troppo poco, insomma.

Quell’investimento viene rafforzato dagli investimenti privati, cresciuti dallo 0,5% del 2000 allo 0,94% del 2020. Ma, se le imprese si muovono per cercare di essere competitive su mercati internazionali sempre più tecnologici e selettivi, da noi manca un adeguato sostegno alla ricerca di base, senza la quale anche la ricerca applicata, naturalmente, va avanti a fatica.

Serve dunque – suggerisce Confindustria – un maggiore investimento pubblico, almeno a livello della media Ue. E un solido stimolo fiscale di lungo periodo per sostenere gli investimenti privati. Con una sinergia pubblico-privato che caratterizza gli esempi migliori di collaborazione tra università e imprese (le esperienze positive dei due Politecnici di Milano e Torino sono quanto mai indicative).

Più ricerca e più scienza, dunque. E più donne impegnate, sulla scia degli esempi di Fabiola Giannotti, direttrice del CERN di Ginevra, di Lucia Votano, prima direttrice donna del Laboratorio del Gran Sasso, di Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr, della ministra dell’Università Maria Cristina Messa (medico impegnata nel lavoro di ricerca) e delle altre donne che incontrano un crescente successo in prestigiose università e centri di ricerca internazionali.

Più donne scienziate. Più donne ricercatrici, con ruoli di responsabilità di primo piano, come succede agli uomini. Più donne Stem.

A proposito delle lauree Stem vale però la pena aggiungere una considerazione. Che si può condensare in una lettera. In una A. A come arts, e cioè il complesso dei saperi umanistici da intrecciare con le conoscenze scientifiche. Passando dunque da Stem a Steam. E investendo su una caratteristica ben radicata nella cultura italiana, nelle stagioni migliori dell’Umanesimo e del Rinascimento e poi nel corso del Novecento del progresso industriale: una “cultura politecnica”, multidisciplinare, capace di fare della diversità dei saperi un punto di forza. Con un incrocio tra matematica e filosofia, ingegneria e letteratura, neuroscienze e sociologia, storia, economia e chimica, estetica e information technology. Proprio le caratteristiche dell’intelligenza e della sensibilità femminile spingono in questa direzione.

Steam, invece che soltanto Stem, era il frutto di una lunga, dettagliata elaborazione di Assolombarda, negli anni scorsi. L’evoluzione della cosiddetta “economia della conoscenza” conferma quell’elaborazione, nel segno dell’incrocio di differenti punti di vista, di diversi saperi complementari. Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale pone, contemporaneamente, questioni tecniche e problemi di senso e di indirizzo.

La scienza e la bellezza, in sintesi. E la bellezza dalla scienza. Come d’altronde ci hanno insegnato Primo Levi, nelle affascinanti pagine de “Il sistema periodico” e Leonardo Sinisgalli in “Furor mathematicus”. Levi, un chimico e uno scrittore. Sinisgalli, un ingegnere e un poeta. Entrambi da studiare, leggere, rileggere. Da parte di ragazzi e ragazze. Scienziate.

Pirelli builds the future,150 anni di storia d’impresa online

E’ online www.pirellibuildsthefuture.org, il nuovo sito curato dalla Fondazione Pirelli dedicato ai 150 anni dell’azienda:una piattaforma digitale,suddivisa in cinque sezioni, dove poter trovare contenuti e  approfondimenti dedicati a questo importante traguardo.

Nel tempo”: una timeline che, come annunciato dal titolo, porta alla scoperta della storia Pirelli dal 1872 ad oggi. La cronologia si sviluppa in ventenni, puntando in particolare sulle innovazioni tecnologiche e sulle sfide che l’azienda ha affrontato in questi “primi” 150 anni di vita. Accanto a questa cronologia, un “racconto del mondo” che ricorda gli eventi più importanti accaduti in un secolo e mezzo di storia globale.

La mostra”: il nuovo percorso espositivo allestito in Fondazione Pirelli che ripercorre le tappe della ricerca e sperimentazione aziendale, tra memoria del passato e scenari sul futuro. Dal know-how tecnico che affonda le sue radici nei test delle competizioni sportive (“Dalla pista alla strada”) alle attività e i progetti di valorizzazione del patrimonio  (“Umanesimo industriale e cultura d’impresa”), passando per i nuovi materiali in mostra negli spazi dedicati all’Archivio Storico (“Guardiamoci dentro”). In questo percorso non potevano mancare anche installazioni multimediali con un approfondimento sul tema della virtualizzazione del pnuematico e la sua evoluzione nel tempo, con uno sguardo al futuro.

Il libro: raccoglie un’anteprima del progetto editoriale “Una storia al futuro” (la cui uscita è prevista nella  primavera 2022) nato con l’obiettivo di mettere in evidenza il ruolo di avanguardia dell’azienda nello sviluppo tecnico-scientifico dei processi e dei prodotti. Il libro raccoglie i contributi di rappresentanti delle istituzioni, fra cui la Ministra dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa, dei rettori dei Politecnici di Milano e Torino, Ferruccio Resta e Guido Saracco, di grandi autori italiani e internazionali, come Ian McEwan, Geoff Mulgan e David Weinberger e di protagonisti del mondo dell’arte e della cultura, come Renzo Piano e Salvatore Accardo.

Sguardi”: il fotografo Carlo Furgeri Gilbert è entrato all’interno dei laboratori di Ricerca & Sviluppo di Pirelli per documentare la trasformazione in atto nel campo delle materie prime e dei test sui prototipi per la creazione di pneumatici sempre più sostenibili e sicuri. Il risultato è un servizio fotografico e un video.

Ma le novità non sono finite, rimani in contatto con noi per scoprire i prossimi contenuti.

E’ online www.pirellibuildsthefuture.org, il nuovo sito curato dalla Fondazione Pirelli dedicato ai 150 anni dell’azienda:una piattaforma digitale,suddivisa in cinque sezioni, dove poter trovare contenuti e  approfondimenti dedicati a questo importante traguardo.

Nel tempo”: una timeline che, come annunciato dal titolo, porta alla scoperta della storia Pirelli dal 1872 ad oggi. La cronologia si sviluppa in ventenni, puntando in particolare sulle innovazioni tecnologiche e sulle sfide che l’azienda ha affrontato in questi “primi” 150 anni di vita. Accanto a questa cronologia, un “racconto del mondo” che ricorda gli eventi più importanti accaduti in un secolo e mezzo di storia globale.

La mostra”: il nuovo percorso espositivo allestito in Fondazione Pirelli che ripercorre le tappe della ricerca e sperimentazione aziendale, tra memoria del passato e scenari sul futuro. Dal know-how tecnico che affonda le sue radici nei test delle competizioni sportive (“Dalla pista alla strada”) alle attività e i progetti di valorizzazione del patrimonio  (“Umanesimo industriale e cultura d’impresa”), passando per i nuovi materiali in mostra negli spazi dedicati all’Archivio Storico (“Guardiamoci dentro”). In questo percorso non potevano mancare anche installazioni multimediali con un approfondimento sul tema della virtualizzazione del pnuematico e la sua evoluzione nel tempo, con uno sguardo al futuro.

Il libro: raccoglie un’anteprima del progetto editoriale “Una storia al futuro” (la cui uscita è prevista nella  primavera 2022) nato con l’obiettivo di mettere in evidenza il ruolo di avanguardia dell’azienda nello sviluppo tecnico-scientifico dei processi e dei prodotti. Il libro raccoglie i contributi di rappresentanti delle istituzioni, fra cui la Ministra dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa, dei rettori dei Politecnici di Milano e Torino, Ferruccio Resta e Guido Saracco, di grandi autori italiani e internazionali, come Ian McEwan, Geoff Mulgan e David Weinberger e di protagonisti del mondo dell’arte e della cultura, come Renzo Piano e Salvatore Accardo.

Sguardi”: il fotografo Carlo Furgeri Gilbert è entrato all’interno dei laboratori di Ricerca & Sviluppo di Pirelli per documentare la trasformazione in atto nel campo delle materie prime e dei test sui prototipi per la creazione di pneumatici sempre più sostenibili e sicuri. Il risultato è un servizio fotografico e un video.

Ma le novità non sono finite, rimani in contatto con noi per scoprire i prossimi contenuti.

“Back to Bicocca”, lo spettacolo interattivo di Fondazione Pirelli per MuseoCity 2022

Fondazione Pirelli rinnova la sua partecipazione per il sesto anno consecutivo a MuseoCity, la manifestazione promossa dal Comune di Milano che dal 4 al 6 marzo 2022 coinvolgerà istituzioni e musei della città e anche alcune realtà fuori dai confini milanesi.

Fondazione Pirelli organizza per venerdì 4 marzo alle ore 18 e 30Back to Bicocca. Pirelli e i luoghi dell’industria”, uno spettacolo interattivo online per tutte le età, realizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale Dramatrà. Nel corso dell’evento, attraverso prove e giochi, i partecipanti potranno conoscere la lunga storia del quartiere Bicocca a Milano e scoprire edifici antichi e moderni che nel corso del tempo hanno cambiato profondamente la loro funzione, simboli della trasformazione che l’area ha conosciuto nel corso di due secoli. Pirelli è presente in questa zona sin dal 1907 e ancora oggi ha qui il suo Headquarters, con il Centro mondiale di Ricerca e Sviluppo e la Fondazione Pirelli, che ospita l’Archivio Storico del Gruppo.

Un viaggio tra passato e presente per scoprire la città di Milano, attraverso il racconto di una ragazza alla ricerca della storia della sua famiglia, che si intreccia con quella di Pirelli. La protagonista si troverà davanti a una sfida da risolvere attraverso l’aiuto dei partecipanti, che dovranno cimentarsi in prove di abilità e di ingegno.

Per iscriversi è necessario compilare il form a questo link. La prenotazione all’evento è obbligatoria. Le iscrizioni si chiuderanno martedì 1 marzo 2022. L’incontro, della durata di circa 75 minuti, si terrà in diretta sulla piattaforma Microsoft Teams.

Tutte le informazioni dettagliate per la partecipazione agli eventi online saranno comunicate nella e-mail di conferma della prenotazione.

Fondazione Pirelli rinnova la sua partecipazione per il sesto anno consecutivo a MuseoCity, la manifestazione promossa dal Comune di Milano che dal 4 al 6 marzo 2022 coinvolgerà istituzioni e musei della città e anche alcune realtà fuori dai confini milanesi.

Fondazione Pirelli organizza per venerdì 4 marzo alle ore 18 e 30Back to Bicocca. Pirelli e i luoghi dell’industria”, uno spettacolo interattivo online per tutte le età, realizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale Dramatrà. Nel corso dell’evento, attraverso prove e giochi, i partecipanti potranno conoscere la lunga storia del quartiere Bicocca a Milano e scoprire edifici antichi e moderni che nel corso del tempo hanno cambiato profondamente la loro funzione, simboli della trasformazione che l’area ha conosciuto nel corso di due secoli. Pirelli è presente in questa zona sin dal 1907 e ancora oggi ha qui il suo Headquarters, con il Centro mondiale di Ricerca e Sviluppo e la Fondazione Pirelli, che ospita l’Archivio Storico del Gruppo.

Un viaggio tra passato e presente per scoprire la città di Milano, attraverso il racconto di una ragazza alla ricerca della storia della sua famiglia, che si intreccia con quella di Pirelli. La protagonista si troverà davanti a una sfida da risolvere attraverso l’aiuto dei partecipanti, che dovranno cimentarsi in prove di abilità e di ingegno.

Per iscriversi è necessario compilare il form a questo link. La prenotazione all’evento è obbligatoria. Le iscrizioni si chiuderanno martedì 1 marzo 2022. L’incontro, della durata di circa 75 minuti, si terrà in diretta sulla piattaforma Microsoft Teams.

Tutte le informazioni dettagliate per la partecipazione agli eventi online saranno comunicate nella e-mail di conferma della prenotazione.

Online il thesaurus tematico, un nuovo strumento per navigare l’archivio digitale

Da oggi è disponibile un nuovo strumento per la consultazione dell’Archivio Storico online. Il patrimonio digitalizzato può essere ora ricercato non solo attraverso le diverse tipologie di risorse, materiali cartacei, fotografie, disegni, manifesti, riviste, ma anche attraverso il loro contenuto. Per farlo, è stato realizzato un insieme strutturato di oltre 800 voci collegate tra loro gerarchicamente, legato alla storia della Pirelli: sono stati individuati alcuni temi generali, legati all’attività produttiva, alla comunicazione, allo sport, e ciascuno di questi è poi stato strutturato al suo interno in sotto-temi più specifici. Le macro categorie tematiche sono relative quindi a pneumatici, prodotti diversificati e cavi. Ogni settore produttivo è poi distinto nei vari rami; quello pneumatici per auto, autocarro, macchine agricole, bicicletta, moto, quello dei prodotti diversificati negli articoli tecnici, per uso industriale, per il consumo, lo sport, la casa. Al settore pneumatici è strettamente legato il tema dei veicoli che li hanno montati lungo il corso della storia: dalle case auto più prestigiose, come Alfa Romeo, BMW, Ferrari, Lamborghini, Porsche e altre ancora, alle moto come le Bianchi, Gilera, Guzzi, Indian, Yamaha per citarne alcune, alle  biciclette (Bianchi, Maino, Prinetti Stucchi e altre). Infine autocarri, macchine agricole, aerei e dirigibili. E ancora, il motorsport, con le manifestazioni che hanno visto protagonisti i pneumatici Pirelli: corse storiche disputate in Italia e nel mondo, come la Targa Florio, il Gran Premio di Monza, la Mille Miglia, il rally di Montecarlo.

Ci sono poi le sedi e gli stabilimenti della Pirelli: lo stabilimento Bicocca e le fabbriche nei vari paesi del mondo, ma anche il Grattacielo Pirelli e la pista prove di Vizzola Ticino.

E un capitolo ricchissimo riguarda la storia della comunicazione e del design, oltre che del prodotto: le innumerevoli fiere ed esposizioni alle quali la Pirelli ha partecipato con i suoi articoli nel settore pneumatici, in quello della nautica, dell’abbigliamento, degli imballaggi, dei giocattoli e molti ancora.

I contenuti possono essere esplorati nella pagina dedicata alla “navigazione tematica”, selezionando le voci in una struttura “ad albero” e ottenendo come risultato tutte le risorse digitali relative al tema selezionato presenti trasversalmente nell’archivio. Nello stesso tempo, le voci del thesaurus vanno ad aggiungersi agli altri fltri (per data, luogo, persona o ente) presenti all’interno di ciascuna sezione documentaria (documenti, fotografie, disegni e manifesti, audiovisivi).

L’archivio online si arricchisce così di un ulteriore importante strumento che, attraverso i documenti dell’impresa, consente anche di scoprire 150 anni di storia dell’Italia e del mondo.

Da oggi è disponibile un nuovo strumento per la consultazione dell’Archivio Storico online. Il patrimonio digitalizzato può essere ora ricercato non solo attraverso le diverse tipologie di risorse, materiali cartacei, fotografie, disegni, manifesti, riviste, ma anche attraverso il loro contenuto. Per farlo, è stato realizzato un insieme strutturato di oltre 800 voci collegate tra loro gerarchicamente, legato alla storia della Pirelli: sono stati individuati alcuni temi generali, legati all’attività produttiva, alla comunicazione, allo sport, e ciascuno di questi è poi stato strutturato al suo interno in sotto-temi più specifici. Le macro categorie tematiche sono relative quindi a pneumatici, prodotti diversificati e cavi. Ogni settore produttivo è poi distinto nei vari rami; quello pneumatici per auto, autocarro, macchine agricole, bicicletta, moto, quello dei prodotti diversificati negli articoli tecnici, per uso industriale, per il consumo, lo sport, la casa. Al settore pneumatici è strettamente legato il tema dei veicoli che li hanno montati lungo il corso della storia: dalle case auto più prestigiose, come Alfa Romeo, BMW, Ferrari, Lamborghini, Porsche e altre ancora, alle moto come le Bianchi, Gilera, Guzzi, Indian, Yamaha per citarne alcune, alle  biciclette (Bianchi, Maino, Prinetti Stucchi e altre). Infine autocarri, macchine agricole, aerei e dirigibili. E ancora, il motorsport, con le manifestazioni che hanno visto protagonisti i pneumatici Pirelli: corse storiche disputate in Italia e nel mondo, come la Targa Florio, il Gran Premio di Monza, la Mille Miglia, il rally di Montecarlo.

Ci sono poi le sedi e gli stabilimenti della Pirelli: lo stabilimento Bicocca e le fabbriche nei vari paesi del mondo, ma anche il Grattacielo Pirelli e la pista prove di Vizzola Ticino.

E un capitolo ricchissimo riguarda la storia della comunicazione e del design, oltre che del prodotto: le innumerevoli fiere ed esposizioni alle quali la Pirelli ha partecipato con i suoi articoli nel settore pneumatici, in quello della nautica, dell’abbigliamento, degli imballaggi, dei giocattoli e molti ancora.

I contenuti possono essere esplorati nella pagina dedicata alla “navigazione tematica”, selezionando le voci in una struttura “ad albero” e ottenendo come risultato tutte le risorse digitali relative al tema selezionato presenti trasversalmente nell’archivio. Nello stesso tempo, le voci del thesaurus vanno ad aggiungersi agli altri fltri (per data, luogo, persona o ente) presenti all’interno di ciascuna sezione documentaria (documenti, fotografie, disegni e manifesti, audiovisivi).

L’archivio online si arricchisce così di un ulteriore importante strumento che, attraverso i documenti dell’impresa, consente anche di scoprire 150 anni di storia dell’Italia e del mondo.

Multimedia

Images

Risorse umane e cambiamento, ecco come fare

Condensati in un libro appena pubblicato contributi e analisi utili per capire meglio cosa sta accadendo e come fare per affrontare meglio le nuove situazioni

Da due anni il lavoro è cambiato. Da due anni, a ben vedere, tutto il sistema della produzione (e sociale in generale) è cambiato. Si tratta di uno degli effetti del ciclone Covid-19. Che ha mutato alle radici lo stesso intendere la convivenza umana. Una trasformazione che ha toccato – e non poteva non farlo – anche le relazioni umane all’interno delle fabbriche e degli uffici. Attorno a questo tema ragionano gli studi raccolti da Paola Frison e Luigi Spadarotto in “Il futuro delle risorse umane. Come innovarne la gestione generando innovazione” un libro appena pubblicato che cerca di rispondere ad un quesito: come hanno inciso la pandemia e le relative trasformazioni di carattere economico e sociale, sulle scelte organizzative collegate all’ambito della gestione delle risorse umane. Non si tratta di una domanda limitata allo stretto mondo della produzione, ma a qualcosa che tocca gran parte della vita di tutti noi.

I curatori del saggio hanno quindi chiesto ad alcuni tra i più importanti consulenti e studiosi della materia, di approfondire, partendo dalla propria visuale del tema, i legami tra gestione del personale, innovazione e cambiamento sociale. Ne è nata una serie di saggi che fa i conti non solo con la complessità dell’argomento ma anche con il “clima surriscaldato” determinato dalla pandemia.

Nel libro, quindi sono presi in considerazione, tra gli altri, non solo temi generali per inquadrare tutto (come il concetto di innovazione e quello di gestione delle risorse umane), ma anche argomenti specifici come i cambiamenti necessari nella gestione del personale di fronte all’innovazione e al cambiamento del contesto nel quale si agisce, il ruolo che può avere il capo del personale di fronte alla necessità di innovazione aziendale, i nuovi meccanismi di selezione dei collaboratori e gli strumenti a disposizione, i collegamenti tra “diversità culturale” e innovazione.

Lo sforzo che i collaboratori di Frison e Spadarotto sono riusciti a soddisfare, è quello di tenere sempre conto del particolare momento storico che stiamo attraversando e delle sue conseguenze socio-psicologiche, logistiche e contrattuali. “Il futuro delle risorse umane” è, quindi, un buon strumento per affrontare meglio il cambiamento nelle aziende e nelle fabbriche.

Il futuro delle risorse umane. Come innovarne la gestione generando innovazione 

Paola Frison, Luigi Spadarotto (a cura di)

Guerini Next, 2022

Condensati in un libro appena pubblicato contributi e analisi utili per capire meglio cosa sta accadendo e come fare per affrontare meglio le nuove situazioni

Da due anni il lavoro è cambiato. Da due anni, a ben vedere, tutto il sistema della produzione (e sociale in generale) è cambiato. Si tratta di uno degli effetti del ciclone Covid-19. Che ha mutato alle radici lo stesso intendere la convivenza umana. Una trasformazione che ha toccato – e non poteva non farlo – anche le relazioni umane all’interno delle fabbriche e degli uffici. Attorno a questo tema ragionano gli studi raccolti da Paola Frison e Luigi Spadarotto in “Il futuro delle risorse umane. Come innovarne la gestione generando innovazione” un libro appena pubblicato che cerca di rispondere ad un quesito: come hanno inciso la pandemia e le relative trasformazioni di carattere economico e sociale, sulle scelte organizzative collegate all’ambito della gestione delle risorse umane. Non si tratta di una domanda limitata allo stretto mondo della produzione, ma a qualcosa che tocca gran parte della vita di tutti noi.

I curatori del saggio hanno quindi chiesto ad alcuni tra i più importanti consulenti e studiosi della materia, di approfondire, partendo dalla propria visuale del tema, i legami tra gestione del personale, innovazione e cambiamento sociale. Ne è nata una serie di saggi che fa i conti non solo con la complessità dell’argomento ma anche con il “clima surriscaldato” determinato dalla pandemia.

Nel libro, quindi sono presi in considerazione, tra gli altri, non solo temi generali per inquadrare tutto (come il concetto di innovazione e quello di gestione delle risorse umane), ma anche argomenti specifici come i cambiamenti necessari nella gestione del personale di fronte all’innovazione e al cambiamento del contesto nel quale si agisce, il ruolo che può avere il capo del personale di fronte alla necessità di innovazione aziendale, i nuovi meccanismi di selezione dei collaboratori e gli strumenti a disposizione, i collegamenti tra “diversità culturale” e innovazione.

Lo sforzo che i collaboratori di Frison e Spadarotto sono riusciti a soddisfare, è quello di tenere sempre conto del particolare momento storico che stiamo attraversando e delle sue conseguenze socio-psicologiche, logistiche e contrattuali. “Il futuro delle risorse umane” è, quindi, un buon strumento per affrontare meglio il cambiamento nelle aziende e nelle fabbriche.

Il futuro delle risorse umane. Come innovarne la gestione generando innovazione 

Paola Frison, Luigi Spadarotto (a cura di)

Guerini Next, 2022

Lavorare “agilmente”

Una raccolta della letteratura sullo Smart Working  fornisce interpretazioni e analisi sull’ultima frontiera del lavoro in azienda

 

Lavorare da casa, ma non solo. Piuttosto, lavorare con tempi, modalità e in luoghi consoni al momento, alla mansione, alla persona. E’ lo Smart Working che tanta parte nell’ambito delle organizzazioni della produzione ha avuto da qualche anno. E non solo a causa della pandemia di Covid-19.

Concetto solo in apparenza “facile” quello dello Smart Working. E per questo importante da studiare con attenzione. A fare ordine nella ormai vasta raccolta di studi e ricerche sul tema, ci hanno pensato Maria Laura Frigotto, Simone Gabbriellini, Luca Solari e Alice Tomaselli con il loro “Lo Smart Working nel panorama italiano: un’analisi della letteratura”, una rassegna notevole della letteratura sul tema, limitata alla produzione degli studiosi dell’accademia italiana (un limite importante, che pure non impedisce di considerare con attenzione la ricerca).

Oltre alla raccolta, il merito del lavoro di Frigotto e degli altri ricercatori è quello di precisare che lo Smart Working non inizia certo con Covid-19. Nello scenario della Quarta Rivoluzione industriale, viene infatti subito spiegato, la modalità di organizzazione ed esecuzione del lavoro acquisisce sempre più rilevanza. E si precisa quindi come anche in Italia, sia nelle aziende private sia nella Pubblica Amministrazione, si stia diffondendo una forma di organizzazione ed esecuzione del lavoro che prevede maggiore autonomia nella scelta di tempi, luoghi e modalità: lo Smart Working (SW), appunto, regolato, a livello nazionale, da una legge ad hoc fin dal 2017 (l. 81/2017) nei termini di lavoro agile.

Proprio partendo dalla rassegna della letteratura, gli autori sintetizzano quindi le caratteristiche essenziali dello SW inteso come una modalità di lavoro alla quale viene riconosciuta la capacità di coniugare gli obiettivi dei lavoratori con quelli delle imprese, contribuendo quindi alla loro competitività e sostenendo le istanze dei nuovi modelli organizzativi emergenti. Lo SW, emerge dallo studio, implica anche più formazione e acquisizione di nuove competenze per i lavoratori, così come per gli specialisti HR e i manager chiamati ad abbandonare la cultura della presenza e del controllo in nome di fiducia e condivisione. Grande attenzione, poi, viene data agli aspetti giuridici del dibattito: dalla comparazione tra SW e telelavoro, alla metamorfosi dei poteri datoriali, ai concetti di subordinazione e autonomia, al ruolo della contrattazione collettiva, al diritto alla disconnessione e all’applicazione dello SW nel particolare contesto della pubblica amministrazione.

L’indagine di Frigotto e dei suoi colleghi è utile non sono da leggere ma da avere come buon vademecum nel momento in cui si  intenda apprendere di più e meglio sulla vera natura del lavoro agile.

Lo Smart Working nel panorama italiano: un’analisi della letteratura

Maria Laura Frigotto, Simone Gabbriellini, Luca Solari, Alice Tomaselli

STUDI ORGANIZZATIVI, 2021,2

Una raccolta della letteratura sullo Smart Working  fornisce interpretazioni e analisi sull’ultima frontiera del lavoro in azienda

 

Lavorare da casa, ma non solo. Piuttosto, lavorare con tempi, modalità e in luoghi consoni al momento, alla mansione, alla persona. E’ lo Smart Working che tanta parte nell’ambito delle organizzazioni della produzione ha avuto da qualche anno. E non solo a causa della pandemia di Covid-19.

Concetto solo in apparenza “facile” quello dello Smart Working. E per questo importante da studiare con attenzione. A fare ordine nella ormai vasta raccolta di studi e ricerche sul tema, ci hanno pensato Maria Laura Frigotto, Simone Gabbriellini, Luca Solari e Alice Tomaselli con il loro “Lo Smart Working nel panorama italiano: un’analisi della letteratura”, una rassegna notevole della letteratura sul tema, limitata alla produzione degli studiosi dell’accademia italiana (un limite importante, che pure non impedisce di considerare con attenzione la ricerca).

Oltre alla raccolta, il merito del lavoro di Frigotto e degli altri ricercatori è quello di precisare che lo Smart Working non inizia certo con Covid-19. Nello scenario della Quarta Rivoluzione industriale, viene infatti subito spiegato, la modalità di organizzazione ed esecuzione del lavoro acquisisce sempre più rilevanza. E si precisa quindi come anche in Italia, sia nelle aziende private sia nella Pubblica Amministrazione, si stia diffondendo una forma di organizzazione ed esecuzione del lavoro che prevede maggiore autonomia nella scelta di tempi, luoghi e modalità: lo Smart Working (SW), appunto, regolato, a livello nazionale, da una legge ad hoc fin dal 2017 (l. 81/2017) nei termini di lavoro agile.

Proprio partendo dalla rassegna della letteratura, gli autori sintetizzano quindi le caratteristiche essenziali dello SW inteso come una modalità di lavoro alla quale viene riconosciuta la capacità di coniugare gli obiettivi dei lavoratori con quelli delle imprese, contribuendo quindi alla loro competitività e sostenendo le istanze dei nuovi modelli organizzativi emergenti. Lo SW, emerge dallo studio, implica anche più formazione e acquisizione di nuove competenze per i lavoratori, così come per gli specialisti HR e i manager chiamati ad abbandonare la cultura della presenza e del controllo in nome di fiducia e condivisione. Grande attenzione, poi, viene data agli aspetti giuridici del dibattito: dalla comparazione tra SW e telelavoro, alla metamorfosi dei poteri datoriali, ai concetti di subordinazione e autonomia, al ruolo della contrattazione collettiva, al diritto alla disconnessione e all’applicazione dello SW nel particolare contesto della pubblica amministrazione.

L’indagine di Frigotto e dei suoi colleghi è utile non sono da leggere ma da avere come buon vademecum nel momento in cui si  intenda apprendere di più e meglio sulla vera natura del lavoro agile.

Lo Smart Working nel panorama italiano: un’analisi della letteratura

Maria Laura Frigotto, Simone Gabbriellini, Luca Solari, Alice Tomaselli

STUDI ORGANIZZATIVI, 2021,2

La Milano “piccola e garbata” si ritrova nella vitalità di NoLo

Milano in due aggettivi? “Piccola e garbata”, dice Lucia Mascino, in una pausa delle prove di “Smarrimento” al Teatro Franco Parenti, per la regia di Lucia Calamaro, mentre in Tv cresce il suo successo da protagonista della serie dei “Delitti del BarLume” con Filippo Timi.

“Piccola e garbata” sono due aggettivi inusuali, per la metropoli che cresce, investe, innova, si popola di gru da ambiziosi quartieri costosi e imprese high tech, centri di ricerca e banche d’affari, boutique lussuose e ristorantini fusion, vivendo dunque frenetica, tra ricchezze crescenti e nuovi disagi sociali, attrazioni e inquietanti episodi di violenza urbana. Eppure la Mascini insiste, in una puntuta intervista su “la Repubblica” (11 febbraio): “All’inizio mi colpiva il benessere, sembravano tutti puliti, freschi di doccia e shampoo. Pettinati, profumati, forse anche troppo. Poi, mi sono ricreduta…”. Insomma, “non amo la Milano che si esibisce all’ora dell’aperitivo, ma se la conosci la puoi evitare”.

Lucia Mascino è artista brava, colta e sensibile. Sa andare oltre le apparenze, coglie i contrasti, approfondisce le contraddizioni. E legge bene, oltre le fragilità modaiole e le nevrotiche frenesie d’affari che alimentano taglienti diseguaglianze, la bellezza e la gentilezza come tratti profondi e ancora attuali di quella città che affascinava Stendhal e, dopo di lui, generazioni di letterati attenti, personalità creative, banchieri umanisti e imprenditori colti.

La lezione è chiara. Dietro le mille luci dei grattacieli c’è, nonostante tutto, una metropoli accogliente e inclusiva, responsabile e civile. Da conoscere, capire, valorizzare e comunque da salvare dai rischi di diventare una città troppo cara, “enclave da ricchi”, bolla di eccessivo benessere che taglia fuori giovani e creativi.

Leggere alcune pagine milanesi aiuta a capire meglio.

“Ascolto il tuo cuore, città”, annunciava con amorosa curiosità Alberto Savinio, nel difficile inizio degli anni Quaranta. E andava alla scoperta di una Milano “dotta e meditativa”, “romantica”, “tutta pietra in apparenza e dura” ma anche “morbida di giardini interni”. Ascoltare oggi questo cuore,  da flâneur appassionati, muovendosi nelle strade e nelle piazze di alcuni quartieri un tempo periferici e popolari e adesso in rinnovamento, significa provare a mettersi in sintonia con le voci, le tensioni, gli umori variabili di un’umanità che si muove in un flusso continuo di trasformazioni sociali e culturali. Un cuore popolare e colorato, multietnico per recenti presenze eppur ancora animato da ricordi antichi, sofferente per ruvidi divari sociali ma comunque mosso da quel genere speciale di speranza che sa immaginare e costruire cambiamenti positivi. Milano, d’altronde, è così. Caleidoscopio.

Un esempio tra tanti? NoLo, “North of Loreto”, geniale rinominazione recente d’un gruppo di divertenti creativi per un quartiere che sino a pochi anni fa si identificava citando Gorla, Precotto, Turro e soprattutto le lunghe strade dritte in direzione nord est, via Padova, viale Monza, tutte le altre vie che si muovono oltre piazzale Loreto. Un quartiere tradizionalmente segnato da una forte presenza sociale che sapeva di fabbrica, di tecnica e di lavoro operaio. E adesso, invece, ricco di localini e centri culturali d’avanguardia, piazzette salvate dal degrado e ritrovi dove gli abitanti tradizionali si incrociano con giovani creativi dell’arte e della pubblicità. Tutto molto pop. Tanto da meritare, per esempio, una “Guida” della serie che “la Repubblica” manda in libreria e in edicola per raccontare i luoghi che vale la pena scoprire a fondo.
NoLo ha sapore di Milano. Perché Milano ha sempre avuto sapore di mondo, oltre che pudore di intimità. E’ una città aperta, creativa, severa e accogliente. E la sua stessa forma lo testimonia: rotonda, priva di spigoli, cresciuta per cerchi concentrici che, dalla cerchia dei Navigli alle Mura Spagnole e poi alle circonvallazioni, hanno fatto diventare milanesi borghi e paesi che, per centro, si sono riconosciuti nel Duomo ma da lì hanno allungato lo sguardo verso il resto del mondo.
Milano in movimento. Le porte delle sue mura, d’altronde, non sono mai state barriere per escludere, ma caselli del dazio e dunque luoghi di scambi e commerci, varchi di comunicazioni. E la città, nel bel mezzo della pianura, è cresciuta come spazio denso di flussi di persone, idee, merci. Commistioni di manifatture e culture.
Il suo carattere è chiaro da tempo e ben riassunto nello storico editto del vescovo Ariberto d’Intimiano, nel 1018: “Chi sa lavorare venga a Milano. E chi viene a Milano è un uomo libero”. Il lavoro come opportunità di crescita personale e sociale, come titolo di cittadinanza, come garanzia evidente di libertà. Mille anni dopo, quell’editto risuona ancora nelle conversazioni sul carattere dinamico di Milano, tra memoria, quotidianità e futuro.
Il lavoro, appunto.

NoLo, quando ancora non si chiamava così, era parte tipica della Milano industriale che si allargava verso la Brianza manifatturiera e i confini con la provincia di Bergamo, un capannone dopo l’altro, ed era cresciuta in buona parte verso nord, intrecciata allo scorrere del Naviglio della Martesana, acqua lenta e biciclette lungo la ripa. La Pirelli in Bicocca, la Breda e la Falck andando verso Sesto San Giovanni. E, tutt’attorno, l’intreccio di stabilimenti metalmeccanici e chimici, officine, magazzini, e poi ancora altre fabbriche e depositi, ciminiere e binari di ferrovia, un paesaggio di muri e macchinari, così caro ai dipinti di Mario Sironi e alle parole di Leonardo Sinisgalli, ingegnere poeta, lucano d’origine e milanese per generosa adozione: “Io entro in una fabbrica a capo scoperto come si entra in una basilica, e guardo i movimenti degli uomini e dei congegni come si guarda un rito… Sotto questi capannoni, uomini e macchine s’affannano intorno a un lavoro che ha sempre del miracolo: una Metamorfosi”.

Ecco il termine esatto, pensando anche a NoLo: metamorfosi.

Le grandi fabbriche oggi non ci sono più. In Bicocca, seguendo i progetti di Vittorio Gregotti, c’è un’università con 35mila studenti e una serie di successi di ricerca scientifica di valore internazionale, una vera e propria “fabbrica della conoscenza”. E, accanto, s’alzano palazzi di uffici, banche, società editoriali, head quarter di imprese multinazionali (Pirelli, Prysmian, Deusche Bank, etc.) e l’HangarBicocca, uno dei più grandi centri europei di arte contemporanea, con i “Sette Palazzi celesti” di Anselm Kiefer e un ricco catalogo di mostre eccellenti. Sesto non è più “la Stalingrado d’Italia” ma una zona residenziale e di attività terziarie. L’industria resta, è vero, tra Monza e la Brianza. In città, conta meno d’un tempo.
Anche NoLo, però, nella metropoli in mutamento, sta cambiando pelle.
Qui, si riparano ricordi. Ma, insieme, si costruisce cambiamento.
Accanto ai pensionati che ancora raccontano le sirene degli stabilimenti industriali che scandivano il tempo, la nebbia, le osterie e le trattorie, sono arrivati nuovi abitanti, da mezzo mondo. E, di recente, un’altra ondata di residenti, intellettuali, creativi, giovani bravi a sperimentare un diverso futuro.
Le metropoli, d’altronde, sono così. Movimento. Trasformazione.
Milano, da sempre, ci prova. E l’anima per ricordare e le ali per andare verso il futuro, al di là dei grattacieli di Porta Nuova e CityLife e delle strade eleganti di moda e movida, stanno proprio nei quartieri che si rinnovano, rifiutano la marginalità dell’essere “periferia” e preferiscono rianimare piazze e inventare nuove identità e, dunque, nuovi nomi. Come, appunto, racconta NoLo, con sapiente ironia. La condizione umana non cessa di essere ruvida, faticosa, contrastata tra dolori e speranza. Ma non si abbandona alla resa. Qui, l’educazione sentimentale continua ad avere l’orizzonte di una speranza.
Un esempio recente? BienNoLo, una rassegna d’arte contemporanea, una “biennale di quartiere” per avvicinare l’immaginario artistico più innovativo a una platea vasta e popolare. Un gioco sapiente e divertente di istallazioni, pareti consunte dal tempo fatte rivivere dalle immagini di colorati murales, dipinti in vecchi cortili. Ibridazioni. Rigenerazioni. Fantasia. Energia.
Anche così si gioca seriamente a rivivere. D’altronde, la storia insegna che pure nei momenti peggiori di crisi Milano è sempre ripartita da qui: dalla cultura.

Milano in due aggettivi? “Piccola e garbata”, dice Lucia Mascino, in una pausa delle prove di “Smarrimento” al Teatro Franco Parenti, per la regia di Lucia Calamaro, mentre in Tv cresce il suo successo da protagonista della serie dei “Delitti del BarLume” con Filippo Timi.

“Piccola e garbata” sono due aggettivi inusuali, per la metropoli che cresce, investe, innova, si popola di gru da ambiziosi quartieri costosi e imprese high tech, centri di ricerca e banche d’affari, boutique lussuose e ristorantini fusion, vivendo dunque frenetica, tra ricchezze crescenti e nuovi disagi sociali, attrazioni e inquietanti episodi di violenza urbana. Eppure la Mascini insiste, in una puntuta intervista su “la Repubblica” (11 febbraio): “All’inizio mi colpiva il benessere, sembravano tutti puliti, freschi di doccia e shampoo. Pettinati, profumati, forse anche troppo. Poi, mi sono ricreduta…”. Insomma, “non amo la Milano che si esibisce all’ora dell’aperitivo, ma se la conosci la puoi evitare”.

Lucia Mascino è artista brava, colta e sensibile. Sa andare oltre le apparenze, coglie i contrasti, approfondisce le contraddizioni. E legge bene, oltre le fragilità modaiole e le nevrotiche frenesie d’affari che alimentano taglienti diseguaglianze, la bellezza e la gentilezza come tratti profondi e ancora attuali di quella città che affascinava Stendhal e, dopo di lui, generazioni di letterati attenti, personalità creative, banchieri umanisti e imprenditori colti.

La lezione è chiara. Dietro le mille luci dei grattacieli c’è, nonostante tutto, una metropoli accogliente e inclusiva, responsabile e civile. Da conoscere, capire, valorizzare e comunque da salvare dai rischi di diventare una città troppo cara, “enclave da ricchi”, bolla di eccessivo benessere che taglia fuori giovani e creativi.

Leggere alcune pagine milanesi aiuta a capire meglio.

“Ascolto il tuo cuore, città”, annunciava con amorosa curiosità Alberto Savinio, nel difficile inizio degli anni Quaranta. E andava alla scoperta di una Milano “dotta e meditativa”, “romantica”, “tutta pietra in apparenza e dura” ma anche “morbida di giardini interni”. Ascoltare oggi questo cuore,  da flâneur appassionati, muovendosi nelle strade e nelle piazze di alcuni quartieri un tempo periferici e popolari e adesso in rinnovamento, significa provare a mettersi in sintonia con le voci, le tensioni, gli umori variabili di un’umanità che si muove in un flusso continuo di trasformazioni sociali e culturali. Un cuore popolare e colorato, multietnico per recenti presenze eppur ancora animato da ricordi antichi, sofferente per ruvidi divari sociali ma comunque mosso da quel genere speciale di speranza che sa immaginare e costruire cambiamenti positivi. Milano, d’altronde, è così. Caleidoscopio.

Un esempio tra tanti? NoLo, “North of Loreto”, geniale rinominazione recente d’un gruppo di divertenti creativi per un quartiere che sino a pochi anni fa si identificava citando Gorla, Precotto, Turro e soprattutto le lunghe strade dritte in direzione nord est, via Padova, viale Monza, tutte le altre vie che si muovono oltre piazzale Loreto. Un quartiere tradizionalmente segnato da una forte presenza sociale che sapeva di fabbrica, di tecnica e di lavoro operaio. E adesso, invece, ricco di localini e centri culturali d’avanguardia, piazzette salvate dal degrado e ritrovi dove gli abitanti tradizionali si incrociano con giovani creativi dell’arte e della pubblicità. Tutto molto pop. Tanto da meritare, per esempio, una “Guida” della serie che “la Repubblica” manda in libreria e in edicola per raccontare i luoghi che vale la pena scoprire a fondo.
NoLo ha sapore di Milano. Perché Milano ha sempre avuto sapore di mondo, oltre che pudore di intimità. E’ una città aperta, creativa, severa e accogliente. E la sua stessa forma lo testimonia: rotonda, priva di spigoli, cresciuta per cerchi concentrici che, dalla cerchia dei Navigli alle Mura Spagnole e poi alle circonvallazioni, hanno fatto diventare milanesi borghi e paesi che, per centro, si sono riconosciuti nel Duomo ma da lì hanno allungato lo sguardo verso il resto del mondo.
Milano in movimento. Le porte delle sue mura, d’altronde, non sono mai state barriere per escludere, ma caselli del dazio e dunque luoghi di scambi e commerci, varchi di comunicazioni. E la città, nel bel mezzo della pianura, è cresciuta come spazio denso di flussi di persone, idee, merci. Commistioni di manifatture e culture.
Il suo carattere è chiaro da tempo e ben riassunto nello storico editto del vescovo Ariberto d’Intimiano, nel 1018: “Chi sa lavorare venga a Milano. E chi viene a Milano è un uomo libero”. Il lavoro come opportunità di crescita personale e sociale, come titolo di cittadinanza, come garanzia evidente di libertà. Mille anni dopo, quell’editto risuona ancora nelle conversazioni sul carattere dinamico di Milano, tra memoria, quotidianità e futuro.
Il lavoro, appunto.

NoLo, quando ancora non si chiamava così, era parte tipica della Milano industriale che si allargava verso la Brianza manifatturiera e i confini con la provincia di Bergamo, un capannone dopo l’altro, ed era cresciuta in buona parte verso nord, intrecciata allo scorrere del Naviglio della Martesana, acqua lenta e biciclette lungo la ripa. La Pirelli in Bicocca, la Breda e la Falck andando verso Sesto San Giovanni. E, tutt’attorno, l’intreccio di stabilimenti metalmeccanici e chimici, officine, magazzini, e poi ancora altre fabbriche e depositi, ciminiere e binari di ferrovia, un paesaggio di muri e macchinari, così caro ai dipinti di Mario Sironi e alle parole di Leonardo Sinisgalli, ingegnere poeta, lucano d’origine e milanese per generosa adozione: “Io entro in una fabbrica a capo scoperto come si entra in una basilica, e guardo i movimenti degli uomini e dei congegni come si guarda un rito… Sotto questi capannoni, uomini e macchine s’affannano intorno a un lavoro che ha sempre del miracolo: una Metamorfosi”.

Ecco il termine esatto, pensando anche a NoLo: metamorfosi.

Le grandi fabbriche oggi non ci sono più. In Bicocca, seguendo i progetti di Vittorio Gregotti, c’è un’università con 35mila studenti e una serie di successi di ricerca scientifica di valore internazionale, una vera e propria “fabbrica della conoscenza”. E, accanto, s’alzano palazzi di uffici, banche, società editoriali, head quarter di imprese multinazionali (Pirelli, Prysmian, Deusche Bank, etc.) e l’HangarBicocca, uno dei più grandi centri europei di arte contemporanea, con i “Sette Palazzi celesti” di Anselm Kiefer e un ricco catalogo di mostre eccellenti. Sesto non è più “la Stalingrado d’Italia” ma una zona residenziale e di attività terziarie. L’industria resta, è vero, tra Monza e la Brianza. In città, conta meno d’un tempo.
Anche NoLo, però, nella metropoli in mutamento, sta cambiando pelle.
Qui, si riparano ricordi. Ma, insieme, si costruisce cambiamento.
Accanto ai pensionati che ancora raccontano le sirene degli stabilimenti industriali che scandivano il tempo, la nebbia, le osterie e le trattorie, sono arrivati nuovi abitanti, da mezzo mondo. E, di recente, un’altra ondata di residenti, intellettuali, creativi, giovani bravi a sperimentare un diverso futuro.
Le metropoli, d’altronde, sono così. Movimento. Trasformazione.
Milano, da sempre, ci prova. E l’anima per ricordare e le ali per andare verso il futuro, al di là dei grattacieli di Porta Nuova e CityLife e delle strade eleganti di moda e movida, stanno proprio nei quartieri che si rinnovano, rifiutano la marginalità dell’essere “periferia” e preferiscono rianimare piazze e inventare nuove identità e, dunque, nuovi nomi. Come, appunto, racconta NoLo, con sapiente ironia. La condizione umana non cessa di essere ruvida, faticosa, contrastata tra dolori e speranza. Ma non si abbandona alla resa. Qui, l’educazione sentimentale continua ad avere l’orizzonte di una speranza.
Un esempio recente? BienNoLo, una rassegna d’arte contemporanea, una “biennale di quartiere” per avvicinare l’immaginario artistico più innovativo a una platea vasta e popolare. Un gioco sapiente e divertente di istallazioni, pareti consunte dal tempo fatte rivivere dalle immagini di colorati murales, dipinti in vecchi cortili. Ibridazioni. Rigenerazioni. Fantasia. Energia.
Anche così si gioca seriamente a rivivere. D’altronde, la storia insegna che pure nei momenti peggiori di crisi Milano è sempre ripartita da qui: dalla cultura.

Un restyling di “carattere” per il sito di Fondazione

Il nostro sito si rinnova per celebrare i 150 anni dell’azienda

La divulgazione della cultura d’impresa della Pirelli passa attraverso l’utilizzo di strumenti digitali sempre aggiornati, primo tra tutti il nostro sito che ora si è arricchito di contenuti e dotato anche di nuovi tool per favorire una più immediata fruizione.

Hub digitali a supporto dei progetti editoriali, da ilcantodellafabbrica.org alla rivistapirelli.org, passando per le celebrazioni del Grattacielo Pirelli con il sito 60grattacielopirelli.org, fino ad arrivare alla nuova piattaforma dedicata ai 150 anni dell’azienda pirellibuildsthefuture.org. Nuove rubriche come “Storie del mondo Pirelli”, prodotti podcast inediti, e la nuova sezione dedicata all’intensa attività di formazione della nostra Fondazione, costantemente documentata.

Chi di voi è approdato negli ultimi giorni sul sito di fondazionepirelli.org si sarà sicuramente accorto che nuovamente “qualcosa è cambiato”, ma cosa? Scopriamolo insieme.

Un nuovo “stile”, con una nuova font per la titolazione degli articoli e delle sezioni del sito. Un nuovo menù “focus on” per l’accesso diretto a tutte le piattaforme digitali proposte. Una sezione dedicata interamente ai podcast. La sezione dedicata all’Archivio storico è stata arricchita di una nuova modalità di accesso ai documenti: la navigazione tematica. Inoltre una nuova pagina consentirà l’accesso ai tour virtuali proposti dalla Fondazione: verrà inaugurato a breve il nuovo tour virtuale dedicato alla Bicocca degli Arcimboldi, una straordinaria architettura di epoca rinascimentale nel cuore del nostro Headquarters. Tra le ultime novità, anche l’aggiornamento del nostro chatbot e il restyling del sito della rivistapirelli.org.

Ora vi lasciamo alla navigazione… Alle prossime novità

Il nostro sito si rinnova per celebrare i 150 anni dell’azienda

La divulgazione della cultura d’impresa della Pirelli passa attraverso l’utilizzo di strumenti digitali sempre aggiornati, primo tra tutti il nostro sito che ora si è arricchito di contenuti e dotato anche di nuovi tool per favorire una più immediata fruizione.

Hub digitali a supporto dei progetti editoriali, da ilcantodellafabbrica.org alla rivistapirelli.org, passando per le celebrazioni del Grattacielo Pirelli con il sito 60grattacielopirelli.org, fino ad arrivare alla nuova piattaforma dedicata ai 150 anni dell’azienda pirellibuildsthefuture.org. Nuove rubriche come “Storie del mondo Pirelli”, prodotti podcast inediti, e la nuova sezione dedicata all’intensa attività di formazione della nostra Fondazione, costantemente documentata.

Chi di voi è approdato negli ultimi giorni sul sito di fondazionepirelli.org si sarà sicuramente accorto che nuovamente “qualcosa è cambiato”, ma cosa? Scopriamolo insieme.

Un nuovo “stile”, con una nuova font per la titolazione degli articoli e delle sezioni del sito. Un nuovo menù “focus on” per l’accesso diretto a tutte le piattaforme digitali proposte. Una sezione dedicata interamente ai podcast. La sezione dedicata all’Archivio storico è stata arricchita di una nuova modalità di accesso ai documenti: la navigazione tematica. Inoltre una nuova pagina consentirà l’accesso ai tour virtuali proposti dalla Fondazione: verrà inaugurato a breve il nuovo tour virtuale dedicato alla Bicocca degli Arcimboldi, una straordinaria architettura di epoca rinascimentale nel cuore del nostro Headquarters. Tra le ultime novità, anche l’aggiornamento del nostro chatbot e il restyling del sito della rivistapirelli.org.

Ora vi lasciamo alla navigazione… Alle prossime novità

CIAO, COME POSSO AIUTARTI?